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Dino

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CHI È CAUSA DEL SUO MAL

Editoriale di Marco Travaglio

09 dicembre 2025

O tempora, o mores! Signora mia, ma ha sentito cosa dice di noi bravi europei quel cattivone di Trump? E quel Musk, mamma mia che impressione! Dove andremo a finire! E giù insulti, improperi, anatemi, macumbe, bandierine europee sui social e nuove marcette col Manifesto di Ventotene usato come ventaglio. Ecco: se le classi dirigenti e intellettuali europee pensano di affrontare la sfida lanciata dagli Usa non sabato, ma 30 anni fa, con la strategia della lagna, consolandosi con le scomuniche all’amico che finalmente si scopre nemico per evitare l’autocritica, hanno già perso. Se invece vogliono ottenere qualche risultato, cioè fare eccezionalmente gli interessi dei cittadini europei, dovrebbero partire dalla brutale realtà: i danni che gli Usa potranno farci in futuro non sono niente al confronto di quelli che ci hanno già fatto col nostro consenso. Il paradosso è che il presidente Usa ci ca**ia per aver sempre obbedito agli Usa. Bisognerebbe prenderlo in parola e piantarla, anziché seguitare a farlo con lui.

Gli diciamo no quando dovremmo dirgli sì perché ci conviene: sul piano di pace per l’Ucraina, continuando a finanziare e ad armare un regime terrorista che ci ha fatto saltare i gasdotti Nord Stream con la complicità di Usa e Polonia e fa di tutto per trascinarci nella terza guerra mondiale. E gli diciamo sì quando dovremmo dirgli no perché non ci conviene: abbiamo sostituto il gas russo col Gnl americano che costa il quintuplo; abbiamo subìto i dazi Usa al 15% anziché rivolgerci a mercati in espansione che non vedono l’ora di fare affari con noi, tipo Cina, India e gli altri Brics; promettiamo il 5% del Pil alla Nato e compriamo armi Usa per regalarle a Kiev e aiutarla a perdere altri uomini e territori, distruggendo la nostra economia; e – contro lo stesso volere degli Usa – mettiamo a repentaglio l’euro con piani illegali di rapina degli asset russi, che dovremo poi restituire e pagare pure i danni. Nel nuovo (si fa per dire) mondo dominato dalla legge del più forte, la regola di ogni negoziato dovrebbe essere quella di Pertini: “A brigante, brigante e mezzo”. Trump ci bullizza? Noi dovremmo essere altrettanto bulli: riprendere a comprare gas russo, aprirci ai mercati Brics, disdettare l’accordo sul 5% di Pil alla Nato, lavorare a un vero esercito europeo (che costerebbe meno delle già eccessive spese militari attuali: altro che riarmo) e chiudere tutte le basi Usa in Italia e nel resto d’Europa. Il vecchio Carlo Donat-Cattin, diccì anomalo, diceva: “Prima di trattare con Agnelli bisogna dargli un calcio nei c*gli**i”. I nostri sgovernanti, prima di trattare con Trump, i c*gli**i se li martellano da soli e poi, giunti a debita distanza, corrono a dare la colpa a lui.

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Dino

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FURBI DI GUERRA

Editoriale di Marco Travaglio

10 dicembre 2025

Forse, col titolo del libro Scemi di guerra, ho contribuito a diffondere un tragico equivoco: che, cioè, gli sgovernanti europei terrorizzati dalla pace e arrapati dalla guerra permanente con la Russia siano stupidi. Lo sarebbero se il loro scopo fosse fare gli interessi dell’Europa, visto che ogni giorno fanno gl’interessi di tutti – degli Usa, della Russia, di Zelensky e della sua cricca – fuorché quelli dei loro popoli. Ma il loro scopo è fare i loro interessi, che sono opposti ai nostri. Quindi sono furbissimi. Gli scemi sono quelli che continuano a votarli e ad appoggiarli, pensando che il pericolo per l’Europa venga da fuori (dagli Usa, dalla Russia, dalla Cina) e non da dentro, anzi dall’alto.

Se “siamo in guerra” – come ci dicono, aggiungendo l’aggettivo “ibrida” (che si porta su tutto e indora la pillola) – noi paghiamo il riarmo, gli “aiuti” a Kiev, l’energia più cara, la crisi economica e industriale, i salari più bassi, i tagli ai servizi e allo Stato sociale, ma lorsignori ci guadagnano. Governare in stato di guerra, cioè di eccezione, è una pacchia. Netanyahu insegna: finché c’è guerra c’è speranza. In guerra i governi non si discutono, non si contestano, non si processano, non possono cadere. Vale tutto: governi tecnici di larghe intese (Italia), governi di minoranza per non far governare la maggioranza (Francia), elezioni rinviate (Ucraina), voto annullato se vince quello sbagliato, con arresto e messa al bando del favorito (Romania), partiti di opposizione aboliti (Ucraina e Moldova), vittoria negata a chi prende più voti (Georgia), Parlamenti aggirati (Von der Leyen sul riarmo). Le opposizioni devono smettere di opporsi, se no è disfattismo. Chi critica è un agente ibrido dell’Impero del Male: va isolato e imbavagliato con appositi “scudi democratici”, incriminato per intelligenza col nemico, indotto a tacere o a cantare nel coro. I giornalisti devono osservare la censura di guerra e passare solo le veline giuste (“Taci, il nemico ti ascolta”), altrimenti sono accusati di prendere soldi e ordini dal nemico (“omnia sozza sozzis”, per dirla con Massimo Fini) e banditi dai media, dai festival, persino dai teatri privati. In compenso gli sgovernanti e i loro trombettieri possono fare tutto ciò che vogliono: se prendono tangenti o truccano appalti, è colpa dei russi che rubano di più oppure pilotano i magistrati; se perdono consensi, è colpa di Putin e della sua guerra ibrida; se perdono la guerra, tutti dicono che la vincono; se qualcuno gli chiede conto di qualche balla, è un nemico della Patria; se le loro condotte sono contro le leggi o le Costituzioni, non si cambiano le condotte, ma le leggi e le Costituzioni; e se poi la guerra, a furia di inventarsi nemici inesistenti, scoppia davvero, al fronte ci mandano gli altri. Chi sta meglio di loro?

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L’INFILTRATO

Editoriale di Marco Travaglio

11 dicembre 2025

Eniente: dopo Otto e mezzo mi ero convinto che Trump non conta più niente e sta per ritirarsi dai negoziati, mentre le sorti della guerra sono tutte in mano alla nostra bella Ue, che per essere proprio perfetta deve sposare l’Agenda Draghi (ove mai la trovasse), quindi scegliere finalmente “fra la pace e il condizionatore acceso”. Avevo già pronti gli spilloni e la bambolina col broncio e il ciuffo giallo del Puzzone per la macumba, così che, sparito lui dalla scena, la nostra Ue tornasse a rifulgere più bella e più superba che pria, d’amore e d’accordo con gli americani, che fino a Trump han fatto il nostro bene. Poi mi sono imbattuto, in fondo a pagina 8 di Rep, in un’intervista agghiacciante. Che mai dovrebbe uscire su un giornale perbene se funzionasse lo “scudo democratico” contro la guerra ibrida putiniana, ma pure trumpiana (che è la stessa cosa). Parla Cesare Maria Ragaglini, già consigliere diplomatico di D’Alema, Amato e B., sherpa di Prodi al G8, ambasciatore all’Onu e a Mosca. Incipit: “Nella storia non ricordo né guerre giuste né paci giuste. Sull’Ucraina serve un sano realismo, se vogliamo fermare questa carneficina”. Apperò. “Prima di Trump gli Usa non hanno mai amato l’Ue. Solo che prima c’era la Gran Bretagna che pensava a mettere i paletti a una maggior integrazione Ue”. Non quei fottuti sovranisti di Orbán&C: la mirabile Gran Bretagna. “L’Europa è stata in una posizione di totale sudditanza nei confronti degli Usa senza far valere i propri interessi geopolitici ed economici. Non ha mai assunto un’iniziativa diplomatica. Questa guerra, tornando indietro al 2014, si poteva evitare”. Oddìo.

E gli eroici Volenterosi? “Del tutto velleitari. Perché mai la Russia dovrebbe accettare delle truppe Nato in Ucraina quando l’ha invasa proprio per evitare che Kiev entrasse nella Nato?”. E gli europei? “Prigionieri del mito della vittoria ucraina, quando tutti sapevano che non sarebbe successo. Nel novembre ‘22 lo disse pure il capo degli stati maggiori Usa”, generale Milley. E ora? “Non si tratta di darla vinta a Putin, ma di leggere la situazione con realismo. Gli europei sono fuori gioco per l’oggettiva incapacità di proporre soluzioni concrete. Perciò Trump ci ritiene inefficaci nel fermare il conflitto”. E sul tavolo c’è un solo piano: quello concordato da Trump con Putin: “Se vogliamo arrivare alla pace dobbiamo tutti mettere da parte questioni non attinenti alla realtà … Alla fine quello che conta è un compromesso per finire questa guerra”. Ma gli euroatlantisti di Rep si sono accorti della falla nella sicurezza? Che aspetta chi di dovere ad arrestare il putribondo figuro e a organizzare una marcia riparatoria con bandiere azzurro-stellate e gialloblu? Guai se queste minacce di pace restassero impunite.

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