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Dino

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PEGGIO PER NOI

Editoriale di Marco Travaglio

19 giugno 2025

Se Trump interverrà nella guerra privata di Netanyahu contro l’Iran senza ragioni né sbocchi, sarà peggio per lui e per gli americani, ma soprattutto per noi europei.

Peggio per lui perché l’ansia di apparire protagonista dappertutto e purchessia, anche in un conflitto che non voleva e tentava di evitare con un negoziato intelligente e promettente troppo presto abbandonato, lo trasformerà nell’attendente di Bibi, che lo trascinerà in una lunga avventura di cui nessuno conosce l’esito finale, ma tutti sanno che sarà disastroso.

Peggio per gli americani perché ripiomberanno nell’incubo delle guerre neocon per esportare democrazia, che hanno esportato morte, instabilità e terrorismo e importato migliaia di bare di soldati morti per nulla. E a ripiombarveli sarà Trump, quello del Maga e dell’America First, che appena un mese fa pronunciava a Riad il suo miglior discorso di sempre dinanzi ai satrapi del Golfo: “Gli interventisti occidentali vi hanno impartito lezioni su come vivere o come governare i vostri affari. Ma le scintillanti meraviglie di Riad e Abu Dhabi non sono state create dai cosiddetti ‘costruttori di nazioni’, dai ‘neoconservatori’ o dalle Ong ‘progressiste’, che hanno speso miliardi di dollari per non sviluppare Kabul, Baghdad e tante altre città… I cosiddetti ‘costruttori di nazioni’ hanno distrutto molte più nazioni di quante ne abbiano costruite e gli interventisti hanno ingerito in società complesse che neppure comprendevano… Troppi presidenti americani sono stati affetti dall’idea che sia nostro compito giudicare l’anima dei leader stranieri e dispensare giustizia per i loro peccati… Giudicare è compito di Dio: il mio compito è difendere l’America e promuovere gli interessi fondamentali di stabilità, prosperità e pace”. Per questo era stato rieletto: non certo per ricominciare a impicciarsi nei fatti altrui come un Clinton, un Bush jr., un Obama, un Biden o una Harris qualsiasi.

Ma, se Trump smentirà Donald, sarà soprattutto peggio per noi europei. Quando l’Iran diventerà un nuovo Vietnam / Jugoslavia / Afghanistan / Iraq / Siria / Libia / Ucraina, gli Usa fuggiranno come sempre oltre Oceano, lasciandoci le consuete e scontate ondate di profughi e di terrorismo. Il che rende ancor più tragicomica la postura dei vertici Ue e dei governi europei, che non muovono un dito per sanzionare Israele e straparlano di “autodifesa” dell’aggressore dall’aggredito. E sotto sotto pensano ciò che il più demente di tutti (ma è una bella gara), il tedesco Merz, dice in chiaro: “Netanyahu sta facendo il lavoro sporco per tutti noi”. Sono troppo impegnati a montare di vedetta a Est contro l’immaginaria invasione russa, per vedere la vera invasione in arrivo da Sud.

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TRUFFE DA SBARCO

Editoriale di Marco Travaglio

20 giugno 2025

Ci vuole del talento anche per dire bugie. Che, perché ci creda qualcuno, richiedono un qualche elemento vagamente realistico, un minimo di logica, un barlume di plausibilità. Sennò non ci casca nessuno, come sta avvenendo per la guerra di Netanyahu all’Iran, che passerà alla storia come la più impopolare e assurda degli ultimi 30 anni. È partita da un classico della propaganda bellicista: non c’è un minuto da perdere, l’Iran è a un passo dall’atomica. Naturalmente non è vero, come spiega il capo dell’Aiea Grossi dopo l’indecente travisamento del suo rapporto sull’uranio arricchito al 60% (per la Bomba serve il 90). E come conferma da mesi l’intelligence Usa: nessuna atomica prima di sei anni. Ma è dal 1995 che Netanyahu accusa l’Iran di essere lì lì e ora il suo ministro degli Esteri Katz giura che ha già sei testate. Peccato che Teheran sia sotto controllo costante dell’Aiea perché aderisce al Trattato di non proliferazione, mentre Israele non ci pensa neppure e resta una potenza nucleare “illegale” come India, Pakistan e Corea del Nord. Allora tutti ripetono che “l’Iran non può avere l’atomica”. E perché mai? Chi stabilisce chi può e chi non può? I primi a dire che l’Iran non può avere l’atomica sono quattro Paesi che ce l’hanno: Usa, Israele, Francia e Regno Unito. Israele ha il diritto di sentirsi minacciato dalle inesistenti atomiche iraniane, mentre l’Iran non ha diritto di sentirsi minacciato dalle vere atomiche israeliane. La balla successiva è che, ove mai l’Iran avesse l’atomica, la userebbe subito per attaccare Israele. Ma è tutto da dimostrare: Israele ce l’ha da quasi 50 anni e non l’ha mai usata, come tutte le altre potenze nucleari del mondo, tranne una: gli Usa.

Quindi perché Israele bombarda l’Iran? Balla di riserva: perché ayatollah e pasdaràn sono brutti, sporchi e cattivi. Verissimo, anche se hanno molti meno morti sulla coscienza di Netanyahu, Usa e Nato singolarmente presi. Ma dove sta scritto che un regime che non piace a Israele o agli Usa va abbattuto a suon di bombe? E, visti i precedenti di regime change, quante possibilità ci sono che, caduto questo governo, ne arrivi uno migliore? Alcuni squilibrati che imbrattano la stampa evocano e intervistano negli Usa Reza Pahlavi, figlio e omonimo dello Scià corrotto e sanguinario che fu cacciato nel 1979 con la famiglia dalla rivoluzione khomeinista. Cioè fingono di credere che, dopo 46 anni di teocrazia, i 90 milioni di iraniani non vedano l’ora di avere un monarca assoluto e un governo laico, filoccidentale e filoisraeliano perché glielo chiede il popolarissimo Netanyahu a suon di bombe. Naturalmente i monarchici in Iran sono quattro gatti e pure divisi, come le altre flebili opposizioni. Ma imparare almeno a mentire?

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I BUONI E I CATTIVI

Editoriale di Marco Travaglio

21 giugno 2025

Giovedì, mentre attendevamo col cuore in gola l’attacco americano all’Iran, usciva la notizia che Steve Bannon aveva pranzato con Trump alla Casa Bianca. E abbiamo esultato, subito prima di vergognarcene. Perché Bannon è un noto farabutto, fascista, razzista, coinvolto in loschi traffici, condannato per oltraggio al Congresso e scaricato perfino da Trump. Ma è anche il più occhiuto cerbero dell’ortodossia Maga isolazionista, convinto che Israele può fare ciò che vuole, ma gli Usa no: “Distruggeremmo l’Iran, non possiamo creare un altro Iraq”. La nostra speranza era che Trump desse retta a lui e non ai rigurgiti neocon che infestano il deep state e l’avevano spinto a rinnegare se stesso. Pochi minuti dopo la Casa Bianca informava che l’attacco è sospeso per 14 giorni e si punta di nuovo sui negoziati. Al momento e al netto della volubilità di Trump, che ha la fermezza di un budino, hanno vinto i Bannon e ha perso chi voleva trascinare gli Usa e l’Ue in un altro pezzo di guerra mondiale. Un’ottima notizia per tutti.

Come dice Lucio Caracciolo: “Se alla Casa Bianca ci fossero Biden e Harris, avrebbero già ordinato l’attacco all’Iran al fianco di Israele”. Perciò la vittoria di Trump ci era parsa un po’ meno peggiore di quella della Harris. Perché noi saremmo ben felici di tifare per i “buoni”, i progressisti americani ed europei. Ma purtroppo sono molto più guerrafondai dei cattivi (e senza mai un ripensamento). Vogliono tutti il folle riarmo al 5% del Pil e dirottano i fondi del Pnrr sulle armi. Starmer e Macron armano l’aggressore Israele per difenderlo dall’Iran aggredito. Merz ringrazia l’amico Bibi che “fa il lavoro sporco per tutti noi”, salvandoci dall’imminente attacco iraniano all’Europa (probabile almeno quanto quello russo). Poi tutti e tre invitano l’Iran a negoziare a Ginevra, ma sul presupposto che Teheran non può avere l’atomica, diversamente dai primi due. Macron minacciava di riconoscere la Palestina per lo sterminio a Gaza, ma se n’è già scordato. Cambia idea più velocemente di Trump: ieri pro escalation, oggi anti, domani chissà. Von der Leyen e Kallas fino a due settimane fa valutavano la revoca dell’accordo di associazione Ue-Israele: ora difendono il “diritto all’autodifesa” di Tel Aviv che attacca tutti su sette fronti. Però la Kallas è “frustrata”: fosse per lei, sanzionerebbe Israele, ma “non c’è unanimità fra i 27 e, se lo proponessi, mostrerei le nostre divisioni”. Che anima delicata: neppure sulle sanzioni alla Russia e le armi all’Ucraina c’è unanimità, però lei le propone eccome e le ottiene pure, ricattando i riottosi tipo Ungheria e Slovacchia. Quindi, a doversi vergognare, non siamo noi che tifiamo per i “cattivi”. Sono i “buoni” che ci hanno ridotti alla disperazione.

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AGORAFOBIA

Editoriale di Marco Travaglio

22 giugno 2025

Il successo delle due manifestazioni a Roma contro il riarmo, così come della protesta operaia a Bologna, è dimostrato non solo dalla partecipazione della gente. Ma anche e soprattutto dall’agorafobia del sistema mediatico e del governo, che fanno di tutto per svuotare le piazze. Il dl Sicurezza ha svelato tutta la sua follia alla prima prova su strada, anzi su tangenziale: quella occupata pacificamente per 1,5 km l’altroieri dai metalmeccanici per il nuovo contratto. La zelante Questura ha comunicato che “i dimostranti verranno denunciati, anche alla luce del nuovo dl Sicurezza in materia di blocchi stradali”: quello che punisce chi manifesta su strade o ferrovie con la galera fino a un mese se è da solo e fino a 2 anni se gli organizzatori sono più persone. Come i 10 mila operai di Bologna, che ora vanno identificati e indagati uno a uno, poi avvisati della fine-indagini per poter chiedere di essere interrogati e citare testimoni, poi convocati per l’udienza preliminare (in un palasport o in uno stadio, capaci di contenere 10 mila imputati e i loro difensori), e così per i processi di primo, secondo e terzo grado, che si concluderanno – in caso di condanna – con qualche giorno o mese di carcere a testa, ovviamente finto: fino a 2 anni c’è la condizionale e comunque le pene fino a 4 anni si espiano ai domiciliari o ai servizi sociali. E, almeno per chi non ha fatto nulla di male, è meglio così: sennò basterebbe un solo processo a mandare in tilt le carceri già affollate, aggiungendo 10 mila detenuti agli attuali 62.500. Senza contare tutti gli altri sit-in su strada o ferrovia con migliaia di persone, che potrebbero raddoppiare o decuplicare la popolazione carceraria. Immaginate poi quanti poliziotti, cancellieri, impiegati, pm e giudici dovranno occuparsi di questi processi inutili, rubando tempo, uomini e fondi a una Giustizia già ridotta a macchina trita-acqua che non riesce più a perseguire le condotte pericolose.

Però non tutto il male viene per nuocere: se il governo è così ossessionato da chi protesta e dissente, vuol dire che ne ha paura. Quindi protestare e dissentire è tutt’altro che inutile, come ogni giorno confermano i signorini grandi firme: asserviti alle lobby delle armi e delle grandi opere (le hanno come editori e ne sono stipendiati), passano il tempo a magnificare il riarmo e il cemento e a dissuadere chi lo contesta: “Non è riformista”, è “estremista”, “massimalista”, “contiano”, “antisemita” senza neppure il diritto di dirsi pacifista o ambientalista. Se protesti è perché “stai con Putin, Hamas e gli ayatollah”, “vuoi metterti in mostra”, “dividere le opposizioni” e “fare un regalo alla Meloni”. Che, com’è noto, è terrorizzata da una sola cosa: dal trio Pd-Iv-Azione, che sul riarmo è un po’ più guerrafondaio di lei.

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TIRIAMOCI FUORI

Editoriale di Marco Travaglio

23 giugno 2025

Con l’attacco ai siti nucleari di uno Stato sovrano, l’Iran, in base ad accuse false, Donald Trump rinnega la dottrina isolazionista “Maga”, la missione del suo primo mandato (quattro anni senza nuove guerre e con una vecchia in meno: quella in Afghanistan), la promessa elettorale di sostituire la diplomazia alle armi e il discorso di 40 giorni fa a Riad contro il mortifero cancro “neocon” che ha distrutto e insanguinato Paesi in giro per il mondo senza neppure sforzarsi di conoscerli. E, se va avanti così, si candida a eguagliare i predecessori guerrafondai degli ultimi 30 anni, democratici e repubblicani. Ma questi sono fatti suoi e dei suoi elettori, ancora una volta vittime del partito della guerra e della lobby israeliana che sopravvivono nel deep state a ogni presidente, anche al più eccentrico. Poi ci sono i fatti nostri: di noi europei, che abbiamo tutto da perdere da un’America “gendarme del mondo”, visto che il conto delle sue scorribande lo paghiamo regolarmente noi.

Per ora non sappiamo se l’atto di terrorismo americano dell’altra notte resterà isolato, “una botta e via” per soddisfare le smanie di protagonismo di Trump e salvare la faccia a Netanyahu nell’ennesima guerra senza sbocchi, o se prelude a un nuovo Afghanistan o Iraq. Non sappiamo cosa abbiano davvero distrutto i bombardieri Usa (pochino, secondo le prime indiscrezioni: un bel guaio per Israele, perché Washington sostiene di aver azzerato l’intero programma nucleare iraniano, delegittimando qualunque nuovo raid di Tel Aviv). E non sappiamo se, dietro i proclami infuocati, l’esile filo di comunicazione fra Usa e Iran si sia rotto o se i colloqui proseguano sottobanco: magari mediati da Putin, che ha buoni rapporti con Khamenei, ma anche con Trump e Bibi ed è tornato prepotentemente in gioco. Sappiamo però due cose. 1) Questa palese violazione del diritto internazionale autorizza ex post Mosca a fare ciò che ha fatto in Ucraina e, in prospettiva, la Cina a papparsi Taiwan. 2) Senza attendere la fu Ue, l’Italia dovrebbe subito condannare gli atti di terrorismo americani e israeliani che ci mettono, in quanto alleati, nel mirino del terrorismo islamista. Trovare le parole non è difficile. Basta copiare una qualsiasi dichiarazione degli ultimi tre anni contro Putin, sostituendo il suo nome con quelli di Netanyahu e di Trump.

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FORZA AGGRESSORE

Editoriale di Marco Travaglio

24 giugno 2025

Fanno tenerezza le frasi roboanti dei leader Nato e Ue del 24.2.2022 sull’aggressione della Russia contro l’Ucraina, confrontate ai loro pigolii e balbettii di oggi sull’aggressione di Israele&Usa contro l’Iran. E il fatto che l’intervento russo fosse stato provocato per 15 anni e che le armi atomiche da piazzare sotto le finestre di Putin la Nato le avesse davvero, mentre l’Iran non le ha per minacciare Israele (che le ha da quasi mezzo secolo), aggiunge un tocco di surrealismo ai famosi “valori” dell’Occidente. Ecco il segretario Nato Jens Stoltenberg il 24.2.22: “Condanno fermamente l’attacco sconsiderato della Russia all’Ucraina. È una grave violazione del diritto internazionale e una seria minaccia alla sicurezza euro-atlantica. Invito la Russia a cessare immediatamente la sua azione militare e a rispettare la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina. Siamo col popolo ucraino in questo momento terribile”. Ed ecco il segretario Nato Mark Rutte ieri: “Non sono d’accordo con chi ritiene l’attacco degli Usa in Iran in contrasto col diritto internazionale. La mia principale paura è che Teheran possa avere l’atomica”. Poi c’è il mitico cancelliere Merz: “Non c’è alcuna ragione di criticare gli attacchi americani all’Iran”, sempre nell’ambito del “lavoro sporco per tutti noi”. Intanto la Von der Leyen chiede non agli aggressori Israele e Usa, ma all’Iran aggredito, di “fermarsi” e “impegnarsi in una soluzione diplomatica credibile” perché “il tavolo dei negoziati è l’unico luogo in cui porre fine a questa crisi”: il tavolo dove gli iraniani erano regolarmente seduti, in Oman e a Ginevra, quando prima Netanyahu e poi Trump l’hanno fatto saltare a suon di bombe. Tutti gli altri acconsentono tacendo, ma ripetendo che “l’Iran non deve avere l’atomica”, a partire da Macron e Starmer che ce l’hanno. Nessuno condanna la violazione del diritto internazionale e/o propone sanzioni (l’unico sanzionato è l’Iran, dal 1979), né tantomeno invii di armi e aiuti a Teheran. Il mantra “aggressore e aggredito”, ripetuto allo sfinimento per Russia e Ucraina, è evaporato. I nostri “valori” sono quelli del Marchese del Grillo: io so’ io e voi non siete un c***o; noi e i nostri amici possiamo, tutti gli altri no.

Una menzione speciale per i finti anti-trumpiani che fino all’altroieri, quando Trump invocava e organizzava negoziati su Ucraina e Medio Oriente, lo lapidavano come traditore dell’Occidente: ora che bombarda i negoziati, sono tutti più trumpiani di lui. Ci ordina di buttare il 5% del Pil in armi? Sì, buana. Poi tutti a menare Conte e le piazze “pacifinte” che “vogliono farci uscire dalla Nato”. Poi si scopre che basta dire no per ottenere flessibilità, come la Spagna di Sánchez, che vuol fermarsi al 2,1% e resta nella Nato. Vergogniamoci per loro.

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EDITORIALE A TEMPO

Editoriale di Marco Travaglio

25 giugno 2025

Questo editoriale si autodistruggerà un secondo dopo che l’avrete letto: tanto quanto durano le incrollabili e tetragone convinzioni di Trump e dei minileader Ue.

Dopo 10 giorni di conflitto Israele-Iran, Trump annuncia che è finita “la guerra dei 12 giorni” (2 sono omaggio), ma si scorda di precisare che per ora l’ha vinta l’Iran e l’ha persa Netanyahu: doveva rovesciare il regime, che è sempre al suo posto; doveva radere al suolo l’uranio iraniano, che ha solo cambiato posto.

Per la prima volta nella storia, un presidente Usa fa lingua in bocca col nemico appena bombardato: “Grazie per averci avvisati della rappresaglia che è stata debole”. Un po’ come l’attacco: lui ha bombardato una montagna vuota, l’Iran una base vuota. Bilancio: zero morti. Intanto l’Idf, per non perdere il ritmo, ha ucciso 974 iraniani e ne ha feriti 3500.

La “tregua di 12 ore” viene violata dopo 2 da Israele che accusa l’Iran per due razzi mai atterrati. E Trump: “Non sono contento di Israele”, cioè del suo alleato. “Israele e Iran non sanno più che c***o stanno facendo”. Tipo lui.

Trump aveva sempre escluso il regime change, l’altroieri l’aveva auspicato, ieri l’ha maledetto: “Sarebbe il caos”. Però Anne Applebaum-bum-bum assicura: “Oggi pomeriggio ho parlato per ore con gli iraniani e mi hanno detto che questa non è la loro guerra, ma è la guerra del regime”. E dev’essere stata una chat piuttosto lunghina, visto che gli iraniani sono 90 milioni.

Intanto Nato ed Europa, che quando Trump avviava i negoziati su Ucraina e Medio Oriente lo lapidavano come traditore dell’Occidente, ora che ha fatto una guerrettina da una botta e via lo riaccolgono a braccia aperte: bentornato a casa tra i guerrafondai.

Prima lo guardavano in cagnesco, ora gli portano l’acqua con le orecchie. Vogliono comprare ancora meno gas russo a buon prezzo e più gas Usa che costa il quadruplo. Quanto al 5% di Pil in armi, lo ringraziano per il salasso con un sms di Rutte, candidato ad honorem al Leccone d’Oro 2025: “Caro Donald, congratulazioni e grazie per la tua azione decisiva e straordinaria in Iran, nessun altro avrebbe osato farla. Ora siamo tutti più sicuri. E stai volando verso un altro grande successo all’Aja. Riuscirai in qualcosa che nessun presidente Usa era riuscito a ottenere in decenni. L’Europa pagherà in grande misura, com’è giusto, e sarà una tua vittoria. Non è stato facile, ma li abbiamo convinti tutti a firmare per il 5%”. Tutti tranne la Spagna di Sánchez, unico sovranista d’Europa, che si fermerà al 2,1%. Perché la Nato è come la Casa delle Libertà: ognuno fa come c***o gli pare.

Ora si attende con ansia il prossimo pirla che si siederà a un tavolo con questi squilibrati.

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LINOLEUM

Editoriale di Marco Travaglio

26 giugno 2025

Non riuscendo a spiegare agli italiani la follia di dissanguarli del 5% del Pil per comprare armi e tagliare welfare entro il 2035, cioè spendere in dieci anni 400 miliardi in più in cannoni & affini per poi buttarne oltre 100 all’anno, e rosicando per le lezioni di sovranismo che le dà il socialista Sánchez, la Meloni straparla di “deterrenza” e si rifugia nel latinorum col classico argumentum ad mentulam canis, o ad penem caninum: “Lo dicevano i romani: si vis pacem, para bellum”. Una scemenza inventata dai greci che non funzionò nell’antichità né tantomeno nell’età moderna e contemporanea (mai viste tante guerre), poi divenne tragicomica nell’èra atomica e oggi è solo comica, visto che tutti dicono di temere tutti, ma nessuno fa più paura a nessuno. Siccome però, dopo tante chiacchiere, il governo in bolletta dovrà dire dove prenderà quella montagna di soldi e far votare le Camere, suggeriamo a Giorgia Sturmtruppen un repertorio di frasi di sicuro successo. L’autore è uno stratega ben più lucido di lei: Totò.

Se le chiedono perché tagliare scuola e sanità per comprare bombe, la risposta dev’essere: “Abbondandis in adbondandum” (Totò, Peppino e la malafemmina). Ai dubbi sulla formidabile deterrenza dei nostri soldatini di piombo dinanzi alle potenze atomiche, la replica è d’obbligo: “Prosit, cave canem, in hoc signo vinces, est, est, est” (Signori si nasce). Se le domandano perché mai Putin dovrebbe invadere l’Europa, niente esitazioni: “Linoleum in colosseum, mortis tua e tu patri e tu nonni in carriolam meam, ora pro nobis in profundis, autobus, ess o ess” (I due marescialli). Se Zelensky vuol sapere a chi raccomandarsi ora che l’amico Trump l’ha scaricato, lei gli opporrà un bel “Morsa tua vita mea” (Totò cerca casa) e gli suggerirà le orazioni più appropriate: “Assia Noris, ora pro nobis. Doris Duranti, ora pro nobis. Maria Denis, ora pro nobis. Sophia Loren, ora pro nobis. Anna Maria Pierangeli, ora pro nobis. Tony Curtis, ora pro nobis. Curd Jürgens, ora pro nobis. Brigitte Bardot, Bardot…” (Il monaco di Monza). Poi ci sono le risposte multiuso, che si portano su tutto: “Gattibus frettolosis fecit gattini guerces” (Totò a colori), “Audax fortuna Juventus” (Chi si ferma è perduto), “A estremum malis estremis rimedium” (Il ratto delle sabine), “Excusatio non petita, accusatio manifesta: chi ha attaccato i manifesti di Petito?” (Le sei mogli di Barbablù), “De gustibus non ad libitum sputazzellam” (Totò, Vittorio e la dottoressa), “Lupus in fabula: c’è un lupo nella fabbrica” (Il medico dei pazzi), “Vox servi Dei in dubio audire oportet: gli utenti dell’Autovox non entrano dalla porta” (I tartassati). Ma potrebbe bastare anche Riccardo Mannelli: “Si vis pacem, para culum”.

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