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MA MI FACCIA IL PIACERE
Editoriale di Marco Travaglio
04 agosto 2025
Smorzacalenda. “Sul voto di sfiducia a von der Leyen l’Italia ha fatto una figuraccia. Non è possibile che tu hai due coalizioni dove da un lato c’è Salvini, che è chiaramente pro Putin, e dall’altro c’è il M5S che è chiaramente pro Putin: insieme starebbero benissimo e infatti hanno votato uguale” (Carlo Calenda, Azione, 10.7). “Ursula von der Leyen deve andare via e anche al più presto perché è un’incapace. Se io avessi dei parlamentari europei farei votare loro la sfiducia a von der Leyen” (Calenda, Corriere della sera, 29.7). E niente: pure Calenda è chiaramente pro Putin, infatti voterebbe uguale.
Ora d’aria. “Il Movimento per un Italia Migliore, di cui ho scelto di essere presidente onorario, può contare su un bacino di 700mila aderenti” (Roberto Formigoni, Giornale, 29.7). Strano: i detenuti in Italia sono solo 61 mila.
Numero chiuso. “Ho presentato una proposta di legge per il numero chiuso nelle carceri: nessuno può essere incarcerato se non c’è un posto letto conforme agli standard minimi di abitabilità… In caso contrario si accede automaticamente alle misure alternative” (Riccardo Magi, +Europa, manifesto, 29.7). Giusto: anziché in carcere, i ladri entreranno liberamente nelle nostre case.
Cip e Ciop. “Gli argomenti di Aldo Cazzullo sono tutti, dal primo all’ultimo, oltremodo condivisibili e convincenti” (Paolo Mieli, Corriere della sera, 1.8). “Paolo Mieli ha, ovviamente, ragione” (Aldo Cazzullo, Corriere della sera, 2.8). Ma che teneri.
Promemoria. “Usa, l’attacco di Biden a Trump: ‘Sta cancellando la storia di questo Paese’” (Repubblica, 1.8). Fortuna che c’è lui a ricordarcela.
Tengo famiglia. “Vedo bene i Berlusconi in politica. Non solo Pier Silvio, ma anche Marina, Barbara, Luigi, di cui mi dicono un gran bene…” (Ignazio La Russa, FdI, presidente del Senato, 30.7). E non sai le zie e i nipoti.
La mosca cocchiera. “Il mio primo provvedimento da presidente delle Marche sarà riconoscere la Palestina” (Matteo Ricci, eurodeputato Pd, 2.8). Scene di giubilo a Gaza, terrore in casa Netanyahu.
Riflessi pronti. “Mattarella: a Gaza volontà di uccidere” (Repubblica, 31.7). Ma non mi dire: e l’hai scoperto al morto ammazzato numero 60.000 o avevi dei sospetti anche prima?
Ha stato Putin. “Un altro raid russo a Zaporizhzhia. La centrale minacciata da un incendio” (Messaggero, 3.8). Quindi i russi, che controllano la centrale da tre anni, si bombardano da soli. Furbi, loro.
Non ha stato nessuno. “Incendio alla centrale di Zaporizhzia. Rogo dopo un raid” (Stampa, 3.8). Caso tipico di autocombustione.
Che c**o. “Tajani: ‘Forza Italia avrà un nuovo manifesto’” (Libero, 31.7). Lo attacchi tu?
Ora e sempre Resistenza. “Il plauso del Pd sulle armi. Guerini e Pinotti promuovono Meloni per l’accesso al Safe” (Foglio, 31.7). E questa è l’opposizione. Da non confondere con la maggioranza.
Chi si somiglia. “Cosa ci fa un giovane dell’Afd a combattere con gli ucraini?” (Foglio, 29.7). Cerca i camerati del battaglione Azov.
Troppo democratici. “Gli ucraini sanno come si difende la democrazia meglio di noi” (Foglio, 2.8). Infatti noi non abbiamo ancora messo fuorilegge i partiti di opposizione: sbrighiamoci.
I pistola. “Ad ascoltare le persone vicine a Matteo Ricci, alla fine mancherebbe la ‘pistola fumante’ nella tesi del pm. Nel corso del confronto (cioè interrogatorio, ndr) con i magistrati, secondo fonti vicinissime a Ricci, non ci sarebbero stati colpi di scena su chat o documenti ancora coperti che avrebbero potuto peggiorare la situazione dell’europarlamentare” (Domani, 31.7). Ah, beh, allora sono soddisfazioni.
A lume di vaso. “L’ultima tesi su Garlasco: ‘Chiara uccisa da un vaso’” (Libero, 2.8). Tra le nuove piste, quella del vaso killer è senz’altro la più credibile.
Pina Fantozzi alla riscossa. “Conte mangia il Pd? Riformisti allarmati. L’opposizione interna prepara il ticket: sono già pronte Silvia Salis e Picierno” (Giornale, 28.7). Brrr che paura.
Piano con le parole. “A Giorgia servono due legislature per chiudere un ciclo storico, altri 2500 di questi giorni” (Mario Sechi, Libero, 17.7). Ora però basta minacce.
Il medium. “Popper reagirebbe all’odio dei Pro-Pal” (Michele Magno, Riformista, 25.7). Dev’essergli apparso in sogno.
Il titolo della settimana/1. “Io rimango al mio posto, il cinema ha fiducia in me” (Lucia Borgonzoni, Lega, sottosegretario alla Cultura, Corriere della sera, 24.7). Ma esattamente quale cinema?
Il titolo della settimana/2. “Bentornato, compagno Stalin. Così Putin riabilita il dittatore” (Domani, 24.7). Ma non era il nuovo Hitler?
Il titolo della settimana/3. “Parla Zaia: ‘Milano? I processi si fanno nelle Aule, non nell’opinione pubblica’” (Foglio, 25.7). Quindi perché Zaia parla?
Il titolo della settimana/4. “La bomba palestinese è il boom demografico. Popolazione decuplicata dalla nascita di Israele” (Libero, 23.7). Ecco che sta facendo Netanyahu: semplice controllo delle nascite.
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IL FUMO E L'ARRESTO
Editoriale di Marco Travaglio
05 agosto 2025
Come se Nordio non riuscisse a fare abbastanza scempiaggini da solo, c’è il commissario Ue alla Giustizia e allo Stato di diritto che gliene suggerisce altre. Si chiama Michael McGrath, è irlandese e fa il commercialista: quindi capisce di giustizia come noi di astrofisica. Ha appena aperto una procedura d’infrazione all’Italia per violazione della direttiva del 2016 sulla presunzione d’innocenza. Una direttiva talmente ridicola da aver prodotto la legge Costa che vieta ai giornalisti di citare tra virgolette le ordinanze di custodia cautelare. Cioè di riportare le parole del giudice per spiegare ai cittadini perché uno è stato arrestato: un diritto fondamentale dello Stato di diritto. Infatti si è poi scoperto che l’Ue non ci aveva mai chiesto una simile fesseria. Ora, sempre grazie alle menti malate di Bruxelles, rischiamo sanzioni perché gli imputati detenuti vengono spesso tradotti dal carcere al tribunale in manette (e ci mancherebbe: è il minimo per evitare che scappino) e “il ricorso a misure di coercizione fisica” li fa apparire colpevoli. Ma a chi? A magistrati, avvocati, agenti e personale ausiliario no di certo: gli addetti ai lavori sanno benissimo che chi viene portato in tribunale deve ancora essere processato, quindi per la legge è presunto innocente. I condannati definitivi le manette non le portano più: sopra i 4 anni di pena stanno in galera a mani libere; sotto, stanno ai domiciliari o ai servizi sociali a piede libero.
Gli unici che possono prendere un detenuto ammanettato per un colpevole sono i passanti. Ma contro l’ignoranza non c’è nulla da fare, salvo imporre la laurea in Legge a 60 milioni di italiani. Che comunque, se vedono uno scippatore strappare la borsa a una vecchietta o uno spacciatore rifornire i clienti, sono liberissimi di considerarli colpevoli senz’attendere la Cassazione. E, se qualcuno gli fa notare col ditino alzato che violano la direttiva sulla presunzione d’innocenza, fanno benissimo a ridergli in faccia. Ma Nordio ha subito colto al volo l’alibi per partorire una rarissima ciofeca che non era venuta in mente a lui: una legge che consente al detenuto imputato di ricorrere contro le manette in tribunale e denunciare il suo giudice per danni. Un’alternativa sarebbe assumere migliaia di nuovi agenti per averne due per ogni detenuto e sollevarlo dalle ascelle, tipo carabinieri con Pinocchio, ma anche lì la gente sospetterebbe che il tizio non sia uno stinco di santo. Oppure adottare morbide manette di peluche fucsia da sexy shop. O magari mandare i detenuti in tribunale da soli, senza accompagnatori: “Mi raccomando, fate i bravi, andate e tornate, ma guai se scappate!”. La presunzione di innocenza sarebbe garantita al cento per cento, perché non si troverebbe più nessuno da condannare.
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COSA RESTERÀ
Editoriale di Marco Travaglio
06 agosto 2025
L’unica certezza dell’ultima puntata del caso Almasri è che nessuno finirà a processo: non la Meloni, archiviata; non Nordio, Piantedosi e Mantovano, perché il Parlamento negherà l’autorizzazione a procedere. Dell’indagine non resterà nulla, a parte due cose: 1) la vergogna di un governo che scarcera un aguzzino senz’avere il coraggio di dire di essere ricattato dai libici; 2) le menzogne della destra per coprire tutto, miste a un’ignoranza crassa – alimentata dai media – sui doveri della magistratura. Dopo la denuncia di Li Gotti, i pm dovevano aprire il fascicolo. E, accertata la natura ministeriale dei reati, passarlo al Tribunale dei ministri. Che doveva indagare, valutando chi fece cosa e le funzioni dei singoli indagati. La Meloni gioca sul verbo “condividere” per deridere i giudici che archiviano lei e non i tre. Ma i giudici non dicono che non sapesse o dissentisse dai tre: parlano di “condivisione” nel senso di partecipazione attiva e funzionale alle scelte incriminate. Cioè la liberazione di Almasri dopo l’arresto su mandato di cattura della Cpi (favoreggiamento e omissione di atti d’ufficio); e il suo rimpatrio su un aereo dei Servizi (peculato). Gli ordini di arresto internazionali e i voli di Stato non sono funzioni del premier, che per Costituzione “dirige la politica generale del governo”. Ogni ministro risponde delle proprie funzioni: se il premier o gli altri ministri sono d’accordo o meno con lui, è un fatto politico, non penale (sennò ogni reato ministeriale manderebbe alla sbarra l’intero governo).
Nel 2011, indagato per Ruby, B. si coprì di vergogna e di ridicolo per far dichiarare ministeriale la sua concussione al capogabinetto della Questura di Milano, cioè la telefonata per far rilasciare la marocchina spacciandola per nipote del presidente egiziano. Camera e Senato, con la mozione “Ruby nipote di Mubarak”, sollevarono conflitto di attribuzione alla Consulta, che rispose picche: dare ordini alle Questure è compito del ministro dell’Interno, non del premier. Un altro precedente lo cita a sproposito la Meloni: Salvini indagato per gli sbarchi negati a varie navi Ong nel governo Conte 1. Sulla Diciotti, Conte solidarizzò con lui fino ad autodenunciarsi con Di Maio e Toninelli: ma furono tutti e tre archiviati perché non era compito loro, ma del ministro dell’Interno, fornire alle navi il Pos per lo sbarco. Su Open Arms invece Salvini, subito dopo la crisi del Papeete, disobbedì a Conte, che non attese l’indagine per dissociarsi: lo fece in tempo reale con due lettere in cui gli ordinava di fare sbarcare almeno i fragili e i minori. Se Meloni avesse fatto lo stesso con Nordio, per tener dentro Almasri o almeno porre il segreto di Stato, avrebbe evitato l’ennesima figuraccia a se stessa e all’Italia.
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CHI PUÒ E CHI NON PUÒ
Editoriale di Marco Travaglio
07 agosto 2025
Da quando B. e i suoi derivati hanno stabilito che la destra e i suoi amici possono, anzi devono delinquere impunemente, s’è creato uno squilibrio nel dibattito pubblico che ormai supera i confini della schizofrenia. Il generale Almasri, ricercato dalla Cpi per “crimini contro l’umanità”, viene liberato e rispedito in Libia perché ricominci a torturare e stuprare. Ma, siccome l’ha deciso la destra con una sfilza di reati ministeriali, i colpevoli della sporca faccenda sono i pm che hanno aperto un fascicolo obbligatorio e il Tribunale dei ministri che ha obbligatoriamente indagato e chiesto al Parlamento l’autorizzazione obbligatoria: “Vogliono far cadere il governo”, “Vendetta per la separazione delle carriere”, “Piano anti-Meloni delle toghe” (Libero), “Le toghe vogliono governare” (Verità), “Esondare non è un atto dovuto”, “La magistratura pretende di sostituirsi ai governi” (Foglio). Eppure si sa benissimo che la destra negherà, come sempre, l’autorizzazione a procedere e nessuna toga sostituirà i governanti indagati e sospettati (peraltro quasi tutti magistrati: Nordio, Mantovano e Bartolozzi). Ma lo squilibrio non nasce dall’attacco automatico a qualunque giudice dia noia o torto alla destra: nasce dall’esaltazione delle indagini sul centrosinistra, anzi sulla parte del centrosinistra che non piace alla destra (Sala e Renzi la destra li difende come roba loro). I giornali governativi seguono con passione l’inchiesta su Ricci, chiedendo ogni giorno a Pd e M5S come possano candidarlo. Sacrosanto, se intanto non screditassero l’indagine su Occhiuto anziché chiedere alle destre come possano ricandidarlo. Così alcuni partiti devono (giustamente) fare sempre i conti con la questione morale e altri possono farsi i loro porci comodi.
Quando si trattò di dire sì o no al processo contro Salvini sul caso Diciotti, i 5Stelle si spaccarono fra i pro e i contro, si dilaniarono per settimane, fecero votare su Rousseau gli iscritti che si divisero anch’essi a metà. Nulla del genere accadrà quando si voterà su Nordio, Piantedosi e Mantovano: siccome sono di destra, è ovvio che i partiti alleati li salveranno dal processo. E nessuno chiederà conto di nulla. C’è chi può e chi non può. Ieri, per dire, i giornali che nelle pagine pari sp*****avano il Tribunale dei ministri, in quelle dispari sparavano titoloni su una vicenda privata (la condanna a 23 mesi per droga del figlio adottivo colombiano della giudice Apostolico, che disapplicò il decreto Cutro come tutti i tribunali d’Italia) e sui giornalisti di Report denunciati da Sangiuliano e dunque indagati per aver diffuso un audio del caso Boccia. Avere un figlio scapestrato o dare una notizia vera in tv è molto più grave che liberare un torturatore- stupratore. Vuoi mettere.
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PAGHIAMO NOI
Editoriale di Marco Travaglio
08 agosto 2025
Il premier conservatore svedese Ulf Kristersson è sotto accusa per aver ammesso di consultare l’intelligenza artificiale prima di decidere “per avere un secondo parere su cosa fanno gli altri in situazioni simili”. Ma non si capisce in che cosa consista l’accusa: vista la demenza naturale dei governanti europei, un po’ di intelligenza – sia pur artificiale – non potrebbe farci che bene. Se, per dire, Giorgia Meloni avesse chiesto a ChatGpt che si fa di un mandato d’arresto della Corte penale internazionale, avrebbe scoperto che l’Italia è obbligata a eseguirlo, avendo aderito al Trattato di Roma. E Almasri l’avrebbe tenuto dentro. Invece ha dato retta a Carletto Nordio, con le conseguenze a tutti note (fra l’altro, pare che ChatGpt sia astemia).
Ora che Putin e Trump forse si vedranno per mettere fine all’inutile strage in Ucraina, sarebbe cosa buona e giusta se le cancellerie europee chiedessero lumi all’IA sul da farsi. Le ultime notizie da Kiev, viste tutte insieme, sono illuminanti. L’esercito gialloblu sta cedendo alle avanzate russe su quasi tutti i 1200 km di fronte. I reclutatori accalappiano i passanti per usarli come carne da cannone e vengono presi a bastonate. Il democratico Zelensky, dopo aver messo fuorilegge gli 11 partiti di opposizione, scatena le ire della piazza e precipita nei sondaggi di 7 punti in un mese mettendo al guinzaglio le autorità anticorruzione prima che gli arrestino i pochi amministratori a piede libero per la rapina quotidiana sugli appalti militari (cioè sui nostri soldi). I narcos dei cartelli messicani vanno e vengono dall’Ucraina per addestrarsi a uccidere con gli ultimi modelli di droni made in Kiev (sempre con i nostri soldi). Così gli Usa finanziano sia la guerra ai narcos sia l’Ucraina che allena i narcos a combattere gli Usa. Non male. Ma c’è un altro paradosso così paradossale da sembrare uno scherzo. Dal 2026 l’Ue non importerà più gas russo, per comprarlo dagli Usa a prezzo quadruplo e minaccia di sanzionare Ungheria e Slovacchia, che sarebbero “filorusse” perché continuano a rifornirsi da Mosca tramite il gasdotto Turk Stream. Intanto Kiev, otto mesi dopo aver chiuso il contratto con Gazprom e bloccato i flussi di gas russo in Europa attraverso i suoi gasdotti, a luglio ha aumentato gli acquisti di gas russo proprio da Ungheria (+13%) e Slovacchia (+140%), fino al 70% del suo import, grazie a un mega-prestito dell’Ue. Cioè: noi ci sveniamo per non finanziare la guerra di Putin a Zelensky, che però continua a finanziarla con i nostri soldi. Se l’Europa avesse un cervello o se lo facesse prestare dall’IA, comprerebbe il gas russo dall’Ucraina, che lo compra dall’Ungheria e dalla Slovacchia, che lo comprano dalla Russia. Ma, se avesse un cervello, non sarebbe l’Europa.
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L’ULTIMO CRIMINE
Editoriale di Marco Travaglio
09 agosto 2025
È vero quel che dice Riccardo Pacifici, ex leader degli ebrei romani: Israele è più odiato che nel 1982 dopo Sabra e Chatila, dove i falangisti maroniti libanesi trucidarono oltre un migliaio di palestinesi sotto lo sguardo complice delle sue truppe. Lo vediamo anche noi nelle lettere che riceviamo e nei commenti sui social. Ciò che Pacifici non vede, o non vuole vedere, è che la causa di quell’odio non sono la propaganda di Hamas e le parole più o meno appropriate usate da politici e intellettuali, anche ebrei, per condannare i crimini di Netanyahu&C.: sono i crimini del governo Netanyahu&C. e la totale impunità che li accompagna da 22 mesi. L’effetto, sui cittadini dei Paesi alleati e complici di quel governo terrorista, è un misto di orrore, impotenza e frustrazione. Che impedisce a molti di distinguere fra gli ebrei e gli israeliani, fra gli israeliani e il loro governo, fra Netanyahu e i predecessori.
Se scrivi un’ovvietà storica – cioè che i palestinesi pagano ancora il tragico errore dei loro leader e dei governi arabi che rifiutarono la risoluzione Onu 181 del 1947 sui due popoli in due Stati, scatenando quattro guerre in 25 anni per cancellare Israele anziché fondare la Palestina – ti rispondono persone inferocite che preferiscono ignorare la storia e negano spensieratamente il diritto degli ebrei ad avere uno Stato perché Netanyahu lo nega ai palestinesi. Se ricordi che per 30 anni Israele fu governato da politici illuminati della sinistra socialista, e poi da un ex terrorista di destra che però restituì all’Egitto i territori occupati nel 1967 in cambio della pace, ti replicano come se dal 1948 avesse sempre governato Netanyahu. Non vogliono sentirsi dire che Begin firmò la pace a Camp David e Rabin a Oslo, che persino il falco Sharon accettò l’idea dei due Stati e ritirò esercito e coloni da Gaza, che Barak e Olmert offrirono invano all’Anp il 96% e oltre il 100% dei territori occupati. Se sbatti ogni giorno in prima pagina gli stermini di Netanyahu perché siano sanzionati, ti becchi dell’“antisemita”; e contemporaneamente del “sionista” da chi non vuol vedere che anche nell’ora più buia Israele è pieno di politici, giornali, intellettuali, militari, magistrati e cittadini che contestano il governo, come accade solo nelle democrazie. Proprio questo è il problema di Netanyahu: non può annettere i territori occupati, sennò darebbe la cittadinanza e il voto a 5,3 milioni di palestinesi di Gaza e Cisgiordania, che coi 2,1 milioni di palestinesi d’Israele supererebbero i 7,1 milioni di ebrei. Ma oggi, in questo inferno di sangue, fame e odio, è quasi impossibile ragionare: Netanyahu e la sua cricca, oltreché dei morti ammazzati, degli affamati, degli assetati e dei deportati, dovranno rispondere anche di questo crimine.
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CHI VINCE, CHI PERDE
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10 agosto 2025
Nessuno può sapere se il ferragosto di Trump e Putin in Alaska congelerà la guerra. Per ora le certezze sono solo due. 1) Il summit consacrerà una verità nota a tutti, ma negata come putinismo: la guerra non è fra Ucraina e Russia, ma fra Usa e Russia. E Trump, rinnegando le follie della filiera nera Clinton-Bush jr-Obama-Biden, lo riconosce col summit bilaterale, in cui Zelensky e magari qualche euro-pigmeo faranno forse capolino da remoto, cioè da comparse più che da protagonisti. 2) Se il vertice avrà successo, la soluzione sarà quella nota a tutti da due anni, cioè dal flop della controffensiva ucraina del 2023, ma respinta come “pace ingiusta”: oltre alla Crimea, Mosca si terrà gran parte dei territori conquistati e, se rinuncerà a quelli in sovrappiù, sarà per barattarli con garanzie di sicurezza: Kiev non solo fuori dalla Nato, ma anche ampiamente smilitarizzata. Altrimenti i russi continueranno ad avanzare e gli ucraini a perdere terreno e uomini, pentendosi di non aver firmato. Così come oggi si pentono di non aver firmato a Istanbul nel 2022, subito dopo l’invasione, quando Putin non chiedeva territori e offriva il ritiro delle truppe in cambio di un’Ucraina neutrale e smilitarizzata e di un Donbass autonomo.
Nel dicembre scorso Zelensky si arrese alla realtà: “Non riusciremo a riconquistare la Crimea e le regioni occupate dai russi”: Lugansk, gran parte del Donetsk e metà di Kherson e Zhaporizhzhia. Ma, per salvare la faccia sua e dei complici Ue, continuò la guerra senza riuscire a spiegarne il perché al popolo e alle truppe. In aprile il suo ex consigliere Oleksji Arestovich lo avvisò: “Possiamo scegliere di negoziare oggi perdendo 4 regioni più la Crimea, oppure accettare tra sei mesi di perderne 7 o 8”. Ora infatti i russi avanzano pure a Odessa, Sumy, Kharkiv e Dnipropetrovsk. A lasciarli fare, fra un anno Zelensky – se sarà ancora lì – potrebbe vedersi costretto a chiedere a Putin ciò che oggi Putin chiede a lui. È questo che rende asimmetriche le posizioni di protagonisti e comprimari del negoziato. Quella di Putin è “win win” perché, comunque vada, vince lui: se la guerra finisce, ottiene a tavolino ciò che ha preso; se continua, mantiene ciò che ha preso e conquista nuovi territori. Quella di Zelensky e dell’Ue è “lose-lose” perché, comunque vada, perdono: o rinunciano subito alla follia della “vittoria sulla Russia” e ammettono la sconfitta; o continueranno a subirla sul campo. Trump invece ha un’opzione favorevole su due: se riesce a chiudere la guerra, può continuare ad accarezzare l’aspirazione-illusione-ossessione del Nobel per la pace. Ed è il fattore Usa che rende la tregua meno improbabile di tre anni fa. A Istanbul, Biden remava contro. In Alaska, Trump remerà a favore.
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MA MI FACCIA IL PIACERE
Editoriale di Marco Travaglio
11 agosto 2025
Il Ponte col buco intorno. “In treno da Palermo a Siracusa 14 ore, a Messina 11” (Fatto quotidiano, 9.8). “Alta velocità Salerno-Reggio Calabria, mancano 17 miliardi per finire l’opera” (Sole 24 ore, 6.8). Ma tranquilli: per arrivare al Ponte, Salvini ha già pronto il Bonus Paracadute.
Autogol. “Famiglie degli ostaggi in pressing. Bibi: ‘Li affamano come i nazisti’” (Giornale, 4.8). O come te.
Lo fanno apposta. “Ma quale genocidio. Israele non prende di mira i civili. Dati e proporzioni parlano chiaro” ( Riformista, 1.8). Sono i civili che si scagliano contro i proiettili dell’Idf.
Vatti a ricordare. “Caso Almasri, Nordio difende Bartolozzi: ‘Eseguiva i miei ordini’” (Repubblica, 7.8). O viceversa, ora non sottilizziamo.
Trova la differenza/1. “Perché la Meloni non è come Conte” (Alessandro Sallusti, Giornale, 6.8). “Non sono un Conte qualsiasi” (Giorgia Meloni, premier FdI, 6.8). In effetti Conte non liberava stupratore e torturatori.
Trova la differenza/2. “Il Festival del Cinema di Venezia e il Torino Film Festival aboliscono la parola ‘madrina’. Ora si chiama ‘conduttrice’” (Libero, 6.8). Ah ecco, vuoi mettere.
Todo cambia. “Tajani alla corte F*******t. I Berlusconi insistono: il partito deve rinnovarsi. L’incontro negli uffici dell’azienda con l’ad Danilo Pellegrino e Gianni Letta” (Stampa, 1.8). Letta era lì appunto per il rinnovamento.
L’insaputo. “Sono anni che i capi vengono accusati e condannati perché ‘non potevano non sapere’” (Francesco Merlo, Repubblica, 6.8). Naturalmente nessuno è stato mai condannato perché non poteva non sapere. Ma Merlo è solo un giornalista, quindi può non saperlo.
Padre Fuorilegge. “Basta cultura della legalità, che tanto danno ha fatto. Gesù fu il primo ad andare contro la rigida legge ebraica. Bisogna ripristinare l’immunità parlamentare, la politica deve prevalere sugli altri poteri” (don Nuccio Cannizzaro alla kermesse FI a Reggio Calabria, 3.8). Gesù lo diceva sempre: “Porgi l’altra pancia”.
Autorevolissimo. “Lucano in Calabria? È un nome autorevole” (Angelo Bonelli, Avs, Corriere della sera, 5.8). Ma per la condanna per falso in Cassazione o per la decadenza da sindaco di Riace?
Vietato ai Minoli. “L’unico che può insidiare Meloni è Renzi. Tra 7-8 anni secondo me torna: anche lui capisce la politica e quando parla raramente dice una sciocchezza” (Giovanni Minoli, Messaggero, 2.8). Le lascia dire tutte e Minoli.
Slurp. “È ancora un’estate a tutto Renzi con la suggestione Silvia Salis (giovane e di successo, come fu lui). Renzi si conferma tra i protagonisti assoluti della nostra estate politica… Si muove al centro. Tra l’altro, in perfetta forma. E un Renzi in forma è tanta roba… L’estate è la sua stagione. Si esalta… Le interviste che rilascia sono da leggere… Dal punto di vista tecnico, non c’è dubbio che sia il più bravo politico italiano comparso sulla scena nell’ultimo decennio” (Fabrizio Roncone, Sette-Corriere della sera, 1.8). Come riuscì a schiantarsi al referendum di nove anni fa e a ridursi sotto il 2 per cento lui, nessun altro.
Tutti per uno. “Sindaco Gualtieri, che cosa significa per Roma il milione di giovani che in questi giorni hanno vissuto la città? L’efficienza è l’eredità che il Giubileo lascia alla politica italiana e agli occhi del mondo? Lei nella spianata di Tor Vergata ha fatto il pienone di selfie: come se lo spiega? Organizzazione cioè concretezza: questo di Roma piace ai ragazzi? Sta dicendo che, tecnicamente oltreché istituzionalmente, lei ha lavorato bene con Meloni e Mantovano?” (Mario Ajello intervista il sindaco Roberto Gualtieri, Messaggero, 4.8). Ecco che ci facevano un milione di giovani insieme a Roma: erano tutti lì per Gualtieri. A proposito, sindaco: come fa a essere così bravo e anche così bello?
Chi può e chi non può. “Fuori di retorica una guerra finisce solo quando c’è un vinto e un vincitore… Israele quella guerra può vincerla e quindi continuerà fino al raggiungimento dell’obiettivo” (Alessandro Sallusti, Giornale, 5.8). Ah, meno male, per un attimo avevamo temuto che parlasse della pace giusta in Ucraina.
Caso risolto. “Amanda Knox si fa una fiction per raccontarci la sua verità” (Libero, 1.8). Il famoso suicidio Meredith.
Il titolo della settimana/1. “Qualcosa da sapere su Francesca Albanese prima di fare un santino” (rag. Cerasa, Foglio, 6.8). Avrà mica ammazzato 60mila persone in 22 mesi?
Il titolo della settimana/2. “Ma ora attaccare Ursula è controproducente per l’Ue. Così si fa il gioco di Trump” (Serena Sileoni, Stampa, 5.8). Ursula fa il gioco di Trump e chi attacca Ursula fa il gioco di Trump. A naso, mi sa che ha vinto Trump.
Il titolo della settimana/3. “Pier Ferdinando Casini: ‘Sì al metodo Giubileo sulle carceri’” (Messaggero, 5.8). “I dem e il ‘metodo Giubileo’: ‘Dialogo sul piano carceri’. Proposta bipartisan in Senato” (Messaggero, 8.8). Ma perché, sta già arrivando la prima retata per il Giubileo?
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MA CI SIETE O CI FATE?
Editoriale di Marco Travaglio
12 agosto 2025
Ormai è ufficiale. La cosiddetta Europa, dopo 70 anni di onorato servizio col suo mezzo miliardo di abitanti, il suo bagaglio di cultura e diplomazia, esiste solo per sfornare documenti destinati a essere smentiti, cioè a finire nel cestino o a incartare il pesce. E per tenere in vita una classe dirigente inutile e inconcludente che non troverebbe un lavoro normale neppure se piangesse in cinese. Dopo 41 mesi persi a sfornare sanzioni a Mosca, ad armare Kiev pur di non darle l’unica cosa che le serve (le truppe), a trotterellare come botoli dietro a Rimbambiden, a votare risoluzioni sulla “vittoria militare sulla Russia”, a sabotare ogni vagito di negoziato e a prendere a cornate la realtà, questi inetti scioperati non si danno pace perché Trump fa ciò che aveva sempre promesso: trattare con Putin per chiudere la guerra, facendo un favore a se stesso, agli ucraini e soprattutto all’altra vittima del conflitto: l’Europa.
Cosa vogliano Trump e Putin si sa. Trump vuole risparmiare sugli enormi costi della guerra per procura, normalizzare i rapporti con la Russia per usarla sui tavoli che gli interessano (Cina, Medio Oriente, Baltico, Artico), passare alla storia come il presidente pacificatore (anche perché, come presidenti guerrafondai, i suoi predecessori sono imbattibili). Putin vuole anche lui risparmiare sugli enormi costi della guerra, ratificando le conquiste collezionate sul campo e fermando l’avanzata della Nato a Est, e veder riconosciuto al suo Paese il ruolo di potenza mondiale; ma sa anche di poter continuare a combattere e vincere a lungo. Gli unici che non si sa cosa vogliano sono, oltre a Zelensky, gli europei. Zelensky va capito: non vuole passare alla storia come il presidente che cede il 20% del suo Paese, non volendo ammettere che l’alternativa è continuare a combattere, cioè ad arretrare, e perdere pure il restante 80% o almeno una parte. Dice: “Non regalerò i territori occupati ai russi”, ma dimentica che si può regalare ciò che si possiede, non ciò che si è perduto. Gli europei invece sono un caso psichiatrico. Alla notizia del vertice Trump- Putin in Alaska, il sestetto Ursula-Macron-Merz-Starmer- Tusk-Meloni ha scritto che “l’attuale linea di contatto dovrebbe essere il punto di partenza dei negoziati“, ma “i confini internazionali non devono essere modificati con la forza”. La linea di contatto è il fronte bellico di 1.200 km, da Odessa a Sumy, dove i russi avanzano ogni giorno da due anni ininterrotti: in che senso vogliono partire dai nuovi confini, ma senza modificarli? L’hanno capito che finire subito la guerra conviene solo all’Ucraina, militarmente ed economicamente in ginocchio, e sta a Kiev e agli alleati proporre concessioni per convincere Putin a fermarsi? O serve un disegnino?
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