Autore |
Discussione  |
Dino
Amministratore
    
    

Utente Valutato
 |
Inserito il - 17/04/2025 : 05:34:05
|
I TESTIMONI DI URSULA
Editoriale di Marco Travaglio
17 aprile 2025
Da quando Trump ha vinto le elezioni senza che nessuno le cancellasse o lo arrestasse, un termitaio di trombettieri sciama vorticosamente fra giornali e talk show ripetendo a pappagallo un solo copione. Come i rappresentanti Folletto o i testimoni di Geova. Solo che questi non piazzano aspirapolvere o la Torre di Guardia, ma armi. Attaccano bottoni infiniti su quanto è brava l’Ue a riarmarsi, quanto è cattiva la Russia che ora ci invade tutti e quanto ci manca la bell’America di una volta che faceva guerre ovunque per il nostro bene. Fanno anche tenerezza: non riescono a elaborare il lutto. E non si danno pace perché in tutto il mondo gli elettori fanno l’opposto di ciò che dicono loro. Non sapendo più come rimettere le cose a posto, provano con la magia: inscenano riti voodoo, conficcando spilloni in bamboline col ciuffo platinato. Psicanalizzano e psichiatrizzano il puzzone in contumacia. Danno dei pazzi criminali a lui e ai suoi elettori. Presto chiameranno un esorcista. E si credono pure eroici: tanto quello sta a migliaia di chilometri e manco li conosce. Il coraggio dei partigiani Folletto e dei testimoni di Ursula è direttamente proporzionale alla distanza di sicurezza dal nemico: fanno la Resistenza in Dad.
Se Netanyahu fa secchi 20 mila bambini a Gaza in un anno su una popolazione di 2,5 milioni, non fanno una piega o al massimo, se sono proprio incazzati, ripetono ciò che ha detto l’altro ieri restando seria Kaja Kallas (uno dei loro spiriti guida): “Israele ha il diritto di difendersi, ma le sue azioni attuali vanno oltre l’autodifesa proporzionata”. Nel loro personale borsino, la vita di un palestinese (o iracheno, o afghano, o libico) vale un millesimo di quella di un americano, o israeliano, o europeo (serbi e armeni esclusi). Negano persino ciò che tre anni fa raccontavano e commentavano pure loro: i negoziati russo-ucraini a Istanbul, che Usa e Uk convinsero Zelensky a disertare rifiutando condizioni molto migliori di quelle che ora subirà l’Ucraina. Devono dimostrare che con Putin non si può e non si deve parlare, perché non ha mai voluto negoziare. Non lo vuole neppure l’unico che ci prova: Trump. I testimoni di Ursula parlano come se a Gaza fossero morte 50 mila persone e in Ucraina mezzo milione sotto Trump, non sotto Biden. L’unica a volere la pace è l’Europa: infatti parla solo di guerra, non ha un negoziatore, manda a Kiev altri 23 miliardi di armi e vuole aggiungerci 30 mila soldati. Ma – precisa il Corriere – “senza mandato a combattere”. E allora che li mandano a fare? A “garantire la pace”, “monitorare la tregua”, “addestrare truppe ucraine” (ma sicuramente a coltivare fiori). In pratica faranno ciò che facevano i negoziatori ucraini e russi a Istanbul: turismo.
Fatto Quotidiano © 2009 - 2025 SEIF S.p.A. - C.F. e P.IVA 10460121006
Foto dal web
|
|
|
Regione Toscana ~
Prov.: Grosseto ~
Città: Porto S. Stefano ~
Messaggi: 61522 ~
Membro dal: 29/06/2004 ~
Ultima visita: Oggi
|
 |
|
Dino
Amministratore
    
    

Utente Valutato
 |
Inserito il - 18/04/2025 : 05:46:33
|
L’AUTO-LIBERAZIONE
Editoriale di Marco Travaglio
18 aprile 2025
Nel Paese dove il primo che passa dà lezioni di storia ad Alessandro Barbero per aver segnalato le analogie tra il riarmo e il bellicismo di oggi e quelli che portarono alla Prima guerra mondiale, può accadere di tutto. Anche che il presidente forzista del Piemonte Alberto Cirio celebri “i tanti alpini morti nella campagna di Russia per la nostra libertà”. Cioè le truppe dell’Italia fascista che aggredirono l’Urss con quelle naziste. I media l’han liquidata come “gaffe”, ma è stata tutt’altro. Nelle stesse ore l’alta rappresentante per la politica estera Ue, l’estone Kaja Kallas, intimava agli Stati membri di disertare le cerimonia del 9 maggio a Mosca per l’80° Giorno della Vittoria contro il nazifascismo. A cui l’Urss pagò il più alto tributo di sangue (25-28 milioni di morti). E perché mai i Paesi liberati dovrebbero dimenticare il loro principale liberatore? Perché, spiega la Kallas, “Putin è un dittatore”. Se è per questo lo era, e all’ennesima potenza, pure Stalin. Eppure Roosevelt e Churchill non fecero certo gli schizzinosi.
L’anno scorso la Russia non fu invitata agli 80 anni dello sbarco in Normandia: però c’era Zelensky, anche se mezza Ucraina aveva accolto come liberatori i nazisti invasori e tuttora venera il collaborazionista Bandera come eroe nazionale. Il 27 gennaio si è commemorato l’80° anniversario della liberazione di Auschwitz da parte dell’Armata Rossa, ma per il terzo anno consecutivo non erano invitati rappresentanti di Mosca (fa fede La vita è bella di Benigni, dove sono gli americani a liberare i lager nazisti). Da tre anni, all’Onu, i Paesi Ue e Nato votano contro (come Usa e Ucraina) o si astengono sulla risoluzione di Mosca per “la lotta alla glorificazione del nazismo e del neonazismo, che contribuiscono ad alimentare forme contemporanee di razzismo, xenofobia e intolleranza”: non vogliono contrariare Kiev, che si tiene nell’esercito milizie neofasciste e naziste con svastiche e simboli SS, finanziati e armati da noi “antifascisti”.
Del resto Putin, i cui genitori scamparono per miracolo all’assedio nazifascista di Stalingrado dove morì di difterite uno dei suoi fratelli, è il “nuovo Hitler”. La Russia viene continuamente paragonata al Terzo Reich, anche da Mattarella. E il Parlamento Ue ha appena equiparato il nazismo al comunismo che lo sconfisse e definito la Russia “la minaccia più grave e senza precedenti per la pace nel mondo”, più delle orde barbariche, di Napoleone e di Hitler. Quindi il povero Cirio non ha fatto che unirsi alla riabilitazione del Führer in funzione anti-Putin. Chi grida alla gaffe farebbe meglio ad annullare o rinviare sine die le celebrazioni del 25 Aprile per gli 80 anni della Liberazione. Con l’aria che tira, nessuno sa più chi ci liberò. E da che cosa.
Fatto Quotidiano © 2009 - 2025 SEIF S.p.A. - C.F. e P.IVA 10460121006
Foto dal web
|
|
|
Regione Toscana ~
Prov.: Grosseto ~
Città: Porto S. Stefano ~
Messaggi: 61522 ~
Membro dal: 29/06/2004 ~
Ultima visita: Oggi
|
 |
|
Dino
Amministratore
    
    

Utente Valutato
 |
Inserito il - 19/04/2025 : 05:30:10
|
IL PRIMO BACIO
Editoriale di Marco Travaglio
19 aprile 2025
Per capire se la visita della Meloni a Trump sia andata bene, o benino, o male, bisognerebbe sapere cosa ci sia andata a fare. Ma nessuno lo sa perché lei non l’ha detto. A occhio, l’unico successo è che Trump, diversamente da quanto aveva fatto con Zelensky e Netanyahu, non l’ha menata. Ma, se voleva diventare il ponte fra Usa e Ue nel negoziato sui dazi, non ci è riuscita: Trump aveva già dichiarato di voler trattare con l’Ue tutta insieme e, quando lo farà, non sarà certo con lei, ma con la Commissione von der Leyen. Se voleva invitarlo a Roma per un’altra passerella a ruoli invertiti, bastava telefonargli. Se voleva ottenere elogi per quanto è brava, eccezionale, miglior alleata in Ue, li aveva già ricevuti ed erano pure prevedibili: a parte Orbán, l’unica premier europea di destra che conta è lei. Se voleva strappare trattamenti di favore sui dazi, per ora ha fallito. L’ha detto Trump: non lo ha convinto. Anzi, è Trump che ha ottenuto di tutto e di più dall’Italia. Molto più dell’auspicato bacetto sul c**one: 10 miliardi di investimenti italiani in Usa, più spese militari, più gas e armamenti americani. La Meloni ha ceduto molto sugli interessi Usa senza ottenere nulla su quelli italiani.
L’unica volta in cui, nello Studio Ovale, i due piccioncini sono usciti dalla vaghezza dei convenevoli è stato quando Giorgia, con lo sguardo terrorizzato dalla possibile reazione di Donald, ha ribadito la sua versione pubblica della guerra in Ucraina: la solita tiritera su aggressore e aggredito, come se dopo tre anni il problema fosse chi ha iniziato questa fase della guerra, e non come finirla. Infatti Trump ha subito dissentito, ribadendo le corresponsabilità di Biden e Zelensky (“Non sono un suo fan, ha fatto un pessimo lavoro, la guerra non doveva iniziare”). E lei ha taciuto: gli archivi della Casa Bianca conservano la foto di Biden che le bacia il capino proprio per la sua fedeltà canina alla linea pro Kiev senza se e senza ma. Il bello è che sulla guerra la Meloni la pensa come Trump (e come chiunque conosca la storia e la possa raccontare perché non c’entra). Lo disse il giorno dell’invasione russa nelle chat pubblicate da Giacomo Salvini: “La strategia dei democratici americani era sbagliata. I risultati parlano da soli… Ma ora che la guerra è iniziata non è più il momento dei distinguo: con l’Occidente e la Nato senza se e senza ma”. E lo ribadì l’1.11.23 al comico russo scambiato per il leader dell’Unione Africana: “La controffensiva ucraina non sta andando come ci si aspettava… Serve una via d’uscita accettabile per entrambe le parti”. Ma non può dirlo pubblicamente, sennò dovrebbe smettere di tenere il piede in due scarpe: l’asse bellicista Ue-Kiev e i negoziati promossi dagli Usa. E scegliere finalmente gli interessi dell’Italia.
Fatto Quotidiano © 2009 - 2025 SEIF S.p.A. - C.F. e P.IVA 10460121006
Foto dal web
|
|
|
Regione Toscana ~
Prov.: Grosseto ~
Città: Porto S. Stefano ~
Messaggi: 61522 ~
Membro dal: 29/06/2004 ~
Ultima visita: Oggi
|
 |
|
Dino
Amministratore
    
    

Utente Valutato
 |
Inserito il - 20/04/2025 : 04:48:34
|
GIUSEPPI & GEORGIA
Editoriale di Marco Travaglio
20 aprile 2025
Cinque anni dopo “Giuseppi Conte”, Trump ci è ricascato con “Georgia Meloni” (per la Casa Bianca “Maloni”). Ora, per coerenza, i giornaloni “indipendenti” e i giornaletti di destra dovranno perculare anche la premier, chiamandola a discolparsi per l’errore del presidente Usa e a scusarsi di stargli simpatica, come fanno da cinque anni con Conte. Che, per quel “Giuseppi”, passa tuttora per trumpiano di ferro (ma pure servo di Putin e Xi). Resta da capire perché questa sia una colpa agli occhi di chi ritiene il trumpismo della Meloni un gran merito, anzi la prova del suo trionfo negli Usa. Ma, nel fumetto dell’informazione italiota, vale tutto. Si può persino giudicare trumpiano, quindi pessimo, un premier che disse no a Trump su dossier decisivi come la Via della Seta e il rifiuto di riconoscere il golpista filoamericano Guaidò in Venezuela. E giudicare trumpiana, quindi ottima, una premier che si cala le brache nello Studio Ovale su qualunque dossier interessi gli Usa senza ottenerne nulla in cambio. La comica finale è l’idea che chi critica la sua imbarazzante resa senza condizioni all’amico Donald sia un “anti-italiano”, un “gufo”, un “rosicone” (Verità), in preda a un “triplo travaso di bile” (Libero) perché con Giorgia “stiamo diventando un Paese serio” (Sallusti, Il Giornale). È la stessa baggianata che ripetevano i berluscones e i renzones per trasformare in trionfi diplomatici le figure barbine dei loro idoli in giro per il mondo. Salvo poi fare l’opposto quando l’Italia strappò l’ultimo vero successo internazionale. Era il 21 luglio 2020: Conte, dato per sconfitto in partenza, vinse la scommessa degli eurobond per il Pnrr dopo tre giorni e tre notti di braccio di ferro al Consiglio Europeo. E persino B., Meloni e Renzi dovettero ammettere che era stato bravo. Ma non i signorini grandi firme: dopo aver tifato contro per mesi, non riuscirono a nascondere il rosicamento. Piccolo promemoria.
“L’Europa fa cucù a Giuseppi” (Verità, 20.6). “L’Europa sbugiarda il Conte millantatore” (Il Giornale, 20.6). “Conte pensava di avere già in tasca 200 miliardi di fondi. Peccato che mezzo continente lo detesti. I soldi ce li daranno con l’elastico” (Senaldi, Libero, 21.6). “Conte inizia il tour in Europa rimediando solo porte in faccia” (Verità, 9.7). “Giuseppi punta tutto sul Recovery Fund, ma la Merkel gliel’ha già smontato” (Verità, 10.7). “Accattonaggio europeo. Conte chiede l’elemosina. Col cappello in mano. Più insiste e peggio Bruxelles ci tratta” (Libero, 14.7). “Al termine del colloquio fra Merkel e Conte… sembra prevalere di nuovo la sfiducia verso chi governa in Italia… L’esaurimento del Conte2 è sotto gli occhi di chiunque voglia vedere” (Folli, Repubblica, 15.7).
“Sul ring europeo con le mani legate”, “L’Italia non potrebbe arrivare peggio preparata” (Bonanni, Rep, 17.7). “Ue, l’Italia all’angolo”, “Processo all’Italia. L’Olanda guida l’accusa: ‘Non ci fidiamo più’” (Rep, 18.7). “Conte Dracula. Rischiamo di restare a secco” (Sallusti, Il Giornale, 18.7). “L’Ue non dà i soldi perché non si fida di Conte. Voi al suo posto cosa fareste?” (Libero, 18.7). “La Merkel ci concederà poche briciole” (Verità, 18.7). “Per noi diminuisce la quota di contributi a fondo perduto e aumenta quella dei prestiti… Conte e i suoi ministri… non saranno in grado di reggere l’urto” (Giannini, Stampa, 19.7). “Europa, Conte flop” (Il Giornale, 19.7). “L’accordo che si profila è una disfatta” (Verità, 19.7). “L’Europa detesta Conte” (Libero, 19.7). “All’Italia 172 miliardi” (Corriere, Rep e Stampa, 20.7). “Doppia fregatura”, “Conte in “euroaffanno a caccia di un accordo per salvare la poltrona” (Il Giornale, 20.7). “Conte con l’Europa sta sbagliando tutto” (Libero, 20.7). “Conte gonfiato come una zampogna a Bruxelles”, “Cos’abbiamo fatto per meritarci questo? Dopo il Cazzaro verde, abbiamo il Cazzaro con la pochette! Per evitare il crac, Conte sarà costretto a chiedere all’Ue un prestito. E a quel punto l’Italia ha la troika in casa… per finire nella m**da” (Dagospia, 20.7). “Una cosa Conte è riuscito a portare a casa: potrà esibire la foto in cui sedeva sereno (ancorché non sorridente) accanto ai grandi d’Europa: Merkel, Macron, Sànchez e Ursula” (Mieli, Corriere, 20.7). “Errori e inesperienza di Conte… riduzione dei sussidi a fondo perduto che considerava già acquisiti” (Folli, Rep, 20.7). L’indomani Conte tornò in Italia con 209 miliardi: 36,5 in più di quelli del piano Von der Leyen. Mattarella si congratulò e il Parlamento gli fece la standing ovation. Ma sul Corriere, Franco intimò di “evitare il trionfalismo” perché era tutto merito dell’“apoggio tedesco e francese”. E Verdelli stracciò “la carta d’identità sbiadita del governo (e della nazione)”, privo di una “reputazione spendibile e credibile”, anche per “la bizzarria tutta italiana di mantenere lo stesso premier per due esecutivi molto diversi”. Il Messaggero diede le pagelle: “Conte ha combattuto e non ha perso”. Libero uscì listato a lutto: “Festeggiano Conte perché ci indebita”, “Occhio alla fregatura”, “Conte teme l’ira popolare quando emergeranno le bugie sul Recovery”. Sul Giornale Minzolingua oracolò: “Il governo rischia il crac sui fondi Ue”. Repubblica entrò nella leggenda: “Vince l’asse tra Berlino e Parigi”. E Sambuca Molinari celebrò l’epico “successo del fronte franco-tedesco”, la “maratona mozzafiato” di “Francia e Germania… contro i Paesi ‘frugali’… e sovranisti”. Conte, a Bruxelles, non c’era: al vertice dei Ventisette erano in 26.
Fatto Quotidiano © 2009 - 2025 SEIF S.p.A. - C.F. e P.IVA 10460121006
Foto dal web
|
|
|
Regione Toscana ~
Prov.: Grosseto ~
Città: Porto S. Stefano ~
Messaggi: 61522 ~
Membro dal: 29/06/2004 ~
Ultima visita: Oggi
|
 |
|
Dino
Amministratore
    
    

Utente Valutato
 |
Inserito il - 22/04/2025 : 05:21:07
|
BERGOGLIO E PREGIUDIZIO
Editoriale di Marco Travaglio
22 aprile 2025
Papa Francesco era il capo della Chiesa cattolica, dunque nessun capo di governo era tenuto a obbedirgli. Infatti tutti i leader del mondo dal 2013, quando fu eletto, a oggi si sono ben guardati dal seguire le sue parole. E ora che è morto si esercitano in sciacalleschi e ridicoli tentativi di fingersi suoi seguaci. Anziché affannarsi a farci sapere quanto lo adoravano e quanto lui li amava, farebbero meglio a tacere: tutti. Venuto “quasi dall’altro mondo”, Jorge Mario Bergoglio era un Papa dell’altro mondo: lontano dalle vaseline da curia romana e dai pregiudizi del suprematismo euro-occidentale, ha trascorso i 12 anni di pontificato a scacciare i mercanti dal tempio. Non sappiamo se fosse un santo: non ci compete. Ma sappiamo che non era il santino in cui, a cadavere ancora caldo, i media tentano di trasformarlo: il papa buono, il papa degli ultimi, il papa umano, liberal, riformista, progressista, un nonnetto da fiaba della buona notte per tutti i gusti e le stagioni. Il miglior modo di ricordarlo com’era, e non come lorsignori volevano che fosse e vorrebbero che passasse alla storia, è tramandare le sue parole. Nette, perentorie, inequivocabili. Evangeliche, quindi divisive. Pugni nello stomaco, pietre dello scandalo.
Che c’è di più scandaloso del “porgi l’altra guancia” e dell’“amate i vostri nemici”? Lui li applicava a tutte le guerre e a tutti i riarmi, senza ipocrisie su sedicenti “buoni” e presunti “cattivi”. “La guerra in Ucraina non è la favola di Cappuccetto Rosso: Cappuccetto Rosso era buona e il lupo cattivo. Qui non ci sono buoni e cattivi metafisici, in modo astratto. Emerge qualcosa di globale, con elementi molto intrecciati. Un paio di mesi prima dell’inizio della guerra ho incontrato un capo di Stato, un uomo saggio… molto preoccupato per come si muoveva la Nato. Gli ho chiesto perché, mi ha risposto: ‘Stanno abbaiando alle porte della Russia’”. “Alcuni Stati si sono impegnati a spendere il 2% del Pil nell’acquisto di armi: sono dei pazzi!”. “Serve il coraggio della bandiera bianca: il negoziato non è mai una resa”. “Indagare se a Gaza c’è un genocidio”. “Disarmare le parole per disarmare le menti e la Terra”. Fino all’ultimo Angelus di Pasqua: “Nessuna pace è possibile senza un vero disarmo! L’esigenza di difesa non può trasformarsi in corsa generale al riarmo”. Parole che gli valsero la taccia di filo-russo, putiniano, antisemita e filo-Hamas da una congrega di farisei e imbecilli che sognano un Papa in mimetica per continuare a fingersi cristiani senza sapere cosa significhi. Lui lo sapeva. Ora si dice: “Morto un papa se ne fa un altro”. Ma è una parola. Chi crede può solo pregare e chi non crede sperare che anche nel prossimo conclave si noti una qualche traccia dello Spirito Santo.
Fatto Quotidiano © 2009 - 2025 SEIF S.p.A. - C.F. e P.IVA 10460121006
Foto dal web
|
|
|
Regione Toscana ~
Prov.: Grosseto ~
Città: Porto S. Stefano ~
Messaggi: 61522 ~
Membro dal: 29/06/2004 ~
Ultima visita: Oggi
|
 |
|
Dino
Amministratore
    
    

Utente Valutato
 |
Inserito il - 23/04/2025 : 05:32:01
|
FUNERAL PARTY
Editoriale di Marco Travaglio
23 aprile 2025
L’unico capo di governo non ipocrita è quel serial killer di Netanyahu: il solo a sottrarsi al rito tartufesco del salto sul carro funebre di Francesco. Quanto agli altri che sgomitano sui social (e quasi tutti sfileranno ai funerali in San Pietro) per ricordare quanto il Papa fosse buono e dunque amico loro, possiamo immaginare le risate che si farà lui lassù con gli altri santi. Di quei sepolcri imbiancati, Trump è il caso più caricaturale: non tanto per la sua biografia, che pare fatta apposta per non piacere a Bergoglio, e per i rimpatri dei migranti irregolari, che fanno tutti dappertutto, ma per il disprezzo anticristiano che manifesta in ogni frase e smorfia quando nomina un ultimo della Terra. Putin, che non sarà a Roma per non essere arrestato (mica è Netanyahu), è un altro campione di doppiezza: ricorda che Francesco era amico dei russi, ma dimentica che era contro le guerre e le repressioni, incluse le sue. Milei, argentino come il Papa, ha la faccia tosta di rimpiangerne la “bontà e saggezza malgrado le nostre piccole divergenze”: l’aveva solo definito “figlio di p*****a che predica il comunismo”, “gesuita affine a comunisti assassini”, “rappresentante del Maligno”, “imbecille” che fa “politiche ecclesiali di m**da”. Che sarà mai.
Zelensky finge di scordarsi quando il Papa gli espose il suo piano di pace e lui lo gelò sprezzante: “Non ci servono mediatori, le condizioni le decide l’Ucraina, con Putin non parlo. Il Papa condanni i crimini russi: non si può mettere sullo stesso piano aggredito e aggressore. Crediamo nella vittoria”. O tutte le volte che la sua ambasciata protestò col Papa perché osava invitare un ucraino e un russo alla Via Crucis e perché pregava per “quella povera ragazza saltata in aria per una bomba sotto il sedile della sua auto” (Darya Dugina, 29 anni, assassinata a Mosca dai Servizi ucraini perché figlia di Aleksandr Dugin). O quando il suo consigliere Podolyak dichiarò: “Il Papa non può mediare, non è credibile, non capisce la politica, è filorusso” e rilanciò la fake news di “investimenti russi nello Ior”. O quando il Papa contestò la messa al bando della Chiesa ortodossa russa a Kiev. Giorgia Meloni era in sintonia col Papa contro eutanasia, gender e maternità surrogata. Ma sulla guerra e il riarmo per nulla. E neppure Mattarella: Francesco ripudiava il manicheismo tra Bene e Male in Ucraina (“non è la favola di Cappuccetto Rosso, qui non ci sono buoni e cattivi metafisici”), mentre il capo dello Stato continua a paragonare la Russia al Terzo Reich. E ad avallare le armi a Kiev e il riarmo delle Von der Leyen, Kallas e Metsola, pure loro in prima fila sabato alle esequie. Meglio se il Vaticano controlla che la bara sia ben chiusa. Sennò il Papa salta fuori in mondovisione e manda tutti a farsi fottere.
Fatto Quotidiano © 2009 - 2025 SEIF S.p.A. - C.F. e P.IVA 10460121006
Foto dal web
|
|
|
Regione Toscana ~
Prov.: Grosseto ~
Città: Porto S. Stefano ~
Messaggi: 61522 ~
Membro dal: 29/06/2004 ~
Ultima visita: Oggi
|
 |
|
Dino
Amministratore
    
    

Utente Valutato
 |
Inserito il - 24/04/2025 : 02:38:01
|
Editoriale di Marco Travaglio - 24 Aprile 2025
LA FIERA DEL TARTUFO
Fra i tartufi più pregiati che sabato in San Pietro concorreranno alla Fiera della Trifola, altrimenti detta funerale del Papa, svetta la baronessa Ursula von der Leyen, autrice del piano di riarmo da 800 miliardi che Francesco ha scomunicato nell’ultimo Angelus di Pasqua. Per non far capire di che si tratta ed evitare il seccante dibattito in aula che avrebbe sbugiardato le sue menzogne, questa nullità tenuta insieme dalla lacca ha escogitato un trucco da magliara: appellarsi all’art. 122 dei Trattati, che consente in caso di emergenze eccezionali per uno Stato di approvare i provvedimenti dell’esecutivo senza passare dall’assemblea legislativa (unico organo elettivo). Le rare opposizioni han fatto ricorso alla Commissione giuridica (Juri). Ma lei, tronfia come la cofana che porta in testa, era certa che il Servizio giuridico del Parlamento le avrebbe dato ragione. Invece le ha dato torto. E ieri la Juri le ha dato il resto, bocciando all’unanimità la decisione di aggirare l’aula proprio sull’atto più importante dei suoi cinque anni di mandato: il prestito Ue e la deroga al Patto di stabilità per riarmare i 27 Stati membri, ma soprattutto uno (il suo: la Germania).
Ora madama ha due strade: ammettere l’abuso di potere e far discutere e poi votare il piano; o ignorare lo smacco che le hanno rifilato i parlamentari (in gran parte della sua maggioranza) e farselo approvare dal Consiglio (organo non eletto, che riunisce i 27 governi). Ma nel secondo caso si esporrebbe a un ricorso alla Corte di Giustizia dell’opposizione e magari di qualche alleato affezionato alla democrazia. Al momento, di certo ci sono soltanto due dati: il piano di riarmo è fuorilegge; e a calpestare le più elementari regole democratiche è la stessa Commissione che dà patenti di democrazia e antidemocrazia a destra e a manca, in nome di depositaria di alti “valori” che è la prima a tradire. Basti pensare che aprì procedure d’infrazione per violazioni dello Stato di diritto contro Polonia e Ungheria, ma poi graziò la Polonia perché s’era allineata agli ordini Nato (ormai tutt’uno con l’Ue) sull’Ucraina, mentre continua a martellare l’Ungheria perché Orbán non si allinea al bellicismo e predica financo il negoziato con la Russia. E intanto non muove un dito contro la Romania che ha cancellato le elezioni perché rischiava di vincerle l’euroscettico Georgescu, arrestato ed escluso in base ad accuse mai formalizzate. Né contro la Germania che fa votare il suo piano di riarmo dal Parlamento scaduto perché in quello nuovo appena eletto la maggioranza è in bilico. A riprova del fatto che i sedicenti “democratici” europei sono sempre più simili agli autocrati che dicono di combattere, ma con una fondamentale differenza: sono molto più stupidi.
Fatto Quotidiano © 2009 - 2025 SEIF S.p.A. - C.F. e P.IVA 10460121006
@fanpiùattivi
|
|
|
Regione Toscana ~
Prov.: Grosseto ~
Città: Porto S. Stefano ~
Messaggi: 61522 ~
Membro dal: 29/06/2004 ~
Ultima visita: Oggi
|
 |
|
Dino
Amministratore
    
    

Utente Valutato
 |
Inserito il - 25/04/2025 : 05:32:47
|
CE LO CHIEDE IL PAPA
Editoriale di Marco Travaglio
25 aprile 2025
Elly Schlein aveva appena finito di parlare al Parlamento italiano contro gli “ipocriti della destra” che “non hanno mai dato ascolto agli appelli del ‘Papa degli ultimi’ e ora cerca di seppellire nella retorica il suo potente messaggio contro chi deporta i migranti, toglie soldi ai poveri, nega l’emergenza climatica e le cure a chi non se le può permettere”. E ieri i suoi eurodeputati, una volta tanto compatti, han votato Sì al Programma per l’industria europea della difesa proposto dalla Commissione Von der Leyen per i nuovi investimenti militari. È il primo passo della nuova economia di guerra per produrre ancor più armi: regole semplificate per gli appalti; rapporti ancor più stretti fra industria militare e classe politica (che sono già tutt’uno); altri 1,5 miliardi di euro sottratti al bilancio Ue per girarli alle industrie della morte; e un piano per convertire in militari le linee di produzione industriale civili (come già accade in Germania). Ciliegina sulla torta: un bancomat permanente per fondi militari all’Ucraina, come se non fosse in corso un negoziato per chiudere la guerra, anzi proprio per sabotarlo, incitando Zelensky a non firmare alcun compromesso e a continuare la guerra. Il tutto, ovviamente, togliendo soldi ai poveri, alla sanità, al welfare e alla transizione ecologica. Il piano sembra scritto da papa Francesco, che ripeteva: “Quando gli imperi si indeboliscono fanno una guerra anche per vendere le armi o per provare armi nuove. Oggi la calamità più grande a mio parere è l’industria delle armi”. Infatti il Pd, allergico com’è alle ipocrisie della destra, non ha avuto remore ad approvarlo. E stavolta i suoi gemelli di FI si sono astenuti. Contrari FdI (ma solo per compiacere le industrie militari americane) e le forze che già osteggiano i piani di euroriarmo: Lega, M5S e Avs. Nella fretta, il Pd s’è scordato di condannare la decisione antidemocratica della fuorilegge Ursula di ignorare la bocciatura in Commissione giuridica del Parlamento Ue della procedura illegale con cui ha scavalcato l’aula sul piano di riarmo da 800 miliardi (di cui 150 a carico dell’Unione), vietando il dibattito e il voto e rendendolo fuorilegge. Un silenzio, quello dei dem, in piena sintonia con le ultime parole del Papa nell’Angelus di Pasqua: “Nessuna pace è possibile senza un vero disarmo. L’esigenza che ogni popolo ha di provvedere alla propria difesa non può trasformarsi in una corsa generale al riarmo”.
Ps. Domani al Funeral Party per papa Francesco sfilerà anche l’ex presidente cattolicissimo Joe Biden che, a parte le corresponsabilità nella guerra in Ucraina, supplirà all’assenza di Netanyahu, cui non fece mai mancare le armi per sterminare i palestinesi a Gaza. Non resta che sperare in un bel nubifragio.
Fatto Quotidiano © 2009 - 2025 SEIF S.p.A. - C.F. e P.IVA 10460121006
Foto dal web
|
|
|
Regione Toscana ~
Prov.: Grosseto ~
Città: Porto S. Stefano ~
Messaggi: 61522 ~
Membro dal: 29/06/2004 ~
Ultima visita: Oggi
|
 |
|
Dino
Amministratore
    
    

Utente Valutato
 |
Inserito il - 26/04/2025 : 05:33:39
|
UN COLPO DI VENTO
Editoriale di Marco Travaglio
26 aprile 2025
Abbiamo insistito molto, da quando è morto papa Francesco, sulle appropriazioni indebite e i vilipendi di cadavere perpetrati dai politici italiani e stranieri, in una gara pressoché infinita di ipocrisia e mitomania. Ma non è detta l’ultima parola: oggi al funerale, complici l’emozione, la commozione e quel qualcosa che i credenti collegano al soprannaturale e i non credenti alla suggestione, potrebbe anche accadere il miracolo. Vent’anni fa, 8 aprile 2005, piazza San Pietro salutava un altro grande papa, Giovanni Paolo II, con 200 leader mondiali e 300 mila fedeli (più altri 2 milioni videocollegati in altre piazze di Roma). Mentre il cardinale decano Joseph Ratzinger, che di lì a undici giorni gli sarebbe succeduto, celebrava la Messa e pronunciava una strepitosa omelia, una potente brezza iniziò a sfogliare le pagine del Vangelo rosso poggiato sulla bara di legno. E lì, dinanzi a quella scena che nessun regista avrebbe potuto rendere meglio, anche il miscredente più impenitente vacillò. “Il nostro Papa – disse Ratzinger – è stato sacerdote fino in fondo, ha offerto la sua vita a Dio per le sue pecore e per l’intera famiglia umana… Non ha mai voluto salvare la propria vita, tenerla per sé: ha voluto dare se stesso senza riserve, fino all’ultimo momento per Cristo e così anche per noi… Il messaggio della sua sofferenza e del suo silenzio è stato così eloquente e fecondo”. E citò il Vangelo di Giovanni, là dove Gesù parla a Pietro, il primo pontefice: “Quando eri più giovane, andavi dove volevi, ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi”. Parole perfette anche per Francesco.
Visto che il meteo non lascia speranze di un diluvio purificatore, possiamo solo augurarci che oggi una parola, un gesto, un imprevisto, un colpo di scena o di vento lasci il segno nei potenti della terra intenti a celebrare se stessi, a mettersi in mostra a favore di telecamera, a misurare le distanze delle loro sedie da quelle altrui, a succhiare la ruota del carro funebre per arraffare like e consensi in conto terzi. Sognare una conversione di massa sarebbe troppo: miracoli così enormi non ne risultano neppure nei Vangeli. Ma un lampo di dubbio o di vergogna, al ricordo di una frase del Papa defunto, potrebbe toccare la mente e il cuore di chi regge il pianeta e indurlo a riflettere. E poi ad agire con un gesto di resipiscenza anche piccolo, al ritorno in patria: sulle politiche di guerra e di riarmo, sull’esecrazione della diplomazia, sui mutamenti climatici, sulle disuguaglianze, sul disprezzo dei deboli e delle minoranze, sulla repressione del dissenso, sulla violazione dei diritti umani. Non sappiamo se a papa Francesco siano già stati attribuiti miracoli: ma basterebbe quello.
Fatto Quotidiano © 2009 - 2025 SEIF S.p.A. - C.F. e P.IVA 10460121006
Foto dal web
|
|
|
Regione Toscana ~
Prov.: Grosseto ~
Città: Porto S. Stefano ~
Messaggi: 61522 ~
Membro dal: 29/06/2004 ~
Ultima visita: Oggi
|
 |
|
Dino
Amministratore
    
    

Utente Valutato
 |
Inserito il - 27/04/2025 : 05:45:52
|
IL PRIMO MIRACOLO
Editoriale di Marco Travaglio
27 aprile 2025
Forse è solo un fuoco fatuo. Ma la storica foto di Trump e Zelensky seduti faccia a faccia sulle due sedie rosse e dorate fra i marmi di San Pietro, protési l’uno verso l’altro a parlare di pace a pochi metri dalle spoglie di Francesco, ha acceso le speranze del mondo intero (fatta eccezione per chi è troppo impegnato a salvarsi la faccia per preoccuparsi di salvare vite). E ha oscurato persino le immagini solenni del funerale del Papa, che sarebbe il primo a gioirne: la pace non è morta. In questi anni si è battuto solitario, incompreso, frainteso e vilipeso, per convincere i potenti della Terra a fermare le 56 guerre che la insanguinano, dall’Ucraina a Gaza in giù. E proprio nel giorno della sua sepoltura quel gesto così normale pare il suo primo mezzo miracolo: un colloquio sottovoce, lontano da orecchi indiscreti, clamori mediatici, ansie di uscire vincitori con rivendicazioni irrealistiche e minacce umilianti. L’opposto di quello di due mesi fa nello Studio Ovale. Anche i séguiti fanno sperare: dopo le bacchettate a Zelensky di questi giorni, Trump dà una botta a Putin condannando gli ultimi bombardamenti e lo sfida a non prenderlo in giro; Putin non risponde a brutto muso, ma annuncia la completa liberazione di Kursk e si dice pronto, ora che la contro-invasione è respinta, a negoziati diretti con gli ucraini “senza precondizioni”. E, sull’altro fronte, Hamas offre una tregua a Tel Aviv con la liberazione di tutti gli ostaggi israeliani, mentre fila liscio il terzo round tra Usa e Iran sul nucleare malgrado l’esplosione al porto di Shahid Rajaee e Trump giura che “Netanyahu non mi trascinerà in guerra con Teheran”.
Sono solo parole che attendono la prova dei fatti. Ma parole molto diverse da quelle bellicose e belliciste che ascoltavamo fino a qualche giorno fa. Parole “disarmate”, come aveva auspicato il Papa nella lettera scritta al Corriere il 14 marzo dall’ospedale (“Disarmare le parole per disarmare le menti e disarmare la Terra”). Ed è paradossale che, a innescare almeno verbalmente questo circuito virtuoso, sia un leader rozzo, violento, antitetico al messaggio bergogliano come Trump. Perciò il Papa parlava con tutti, anche con le peggiori canaglie (“Dio condanna il peccato ma salva il peccatore”), senza sconti ma senza rotture. L’ha spiegato padre Antonio Spadaro a Daniela Ranieri: “Quando si rivolge a politici e capi di Stato, lui punta il dito sui fatti, non attacca i singoli. La sua è una diplomazia ‘sartoriale’, tende a ricucire”. Nei Vangeli la Provvidenza si serve del Male – Giuda, i sommi sacerdoti, Pilato – per propiziare la morte e resurrezione di Cristo. E nei Promessi sposi usa don Rodrigo e l’Innominato a fin di bene. Se ieri, in piazza San Pietro, qualcuno lo ha capito, quel funerale diventerà una festa.
Fatto Quotidiano © 2009 - 2025 SEIF S.p.A. - C.F. e P.IVA 10460121006
Foto dal web
|
|
|
Regione Toscana ~
Prov.: Grosseto ~
Città: Porto S. Stefano ~
Messaggi: 61522 ~
Membro dal: 29/06/2004 ~
Ultima visita: Oggi
|
 |
|
Dino
Amministratore
    
    

Utente Valutato
 |
Inserito il - 28/04/2025 : 05:36:46
|
MA MI FACCIA IL PIACERE
Editoriale di Marco Travaglio
28 aprile 2025
Papa Mario I. “Il Conclave delle larghe intese” (Stampa, 27.4), “10 giorni per costruire un accordo che riporti un italiano sul soglio di Pietro. Nella disputa tra progressisti e conservatori, una sintesi che superi le differenze sarebbe la soluzione” (Marcello Sorgi, Stampa, 27.4). “Il Conclave va alla ricerca di un pacificatore. L’ipotesi di una candidatura di compromesso” (Massimo Franco, Corriere della sera, 27.4). Si fa il nome di Draghi, ma non si esclude l’opzione Amato.
Molto dietro. “Storico incontro Trump-Zelensky a San Pietro. Il ruolo dietro le quinte della Meloni” (Giornale, 27.4). “Il lavoro dietro le quinte della ‘regista’ Meloni” (Libero, 27.4). Così dietro che non si vedeva proprio.
Mandato a che fare. “Il piano Londra-Parigi per garantire la pace. L’idea: 30 mila soldati in Ucraina senza mandato a combattere” (Corriere della sera, 16.4). Vanno lì a visitare il paesaggio.
L’eroina dei due mondi. “Scrivo dall’Indonesia, dove mi trovo per un convegno sulle relazioni tra Europa e Sud del mondo” (Nathalie Tocci, Stampa, 15.4). Peccato: a saperlo prima, prenotavo.
Casa Vianello. “Vianello lascia la Rai. Via un altro pezzo di sinistra dopo Fazio, Orfeo e Annunziata” (Domani, 26.4). E la Mondaini, dove la mettiamo?
I famosi oppositori. “Calenda: bene la premier” (Corriere della sera, 18.4). “Bene Meloni sull’Ucraina, dice Guerini” (Foglio, 19.4). Poi c’è la destra.
Antifascismo omeopatico. “Mi chiedo cosa ci sia di più antifascista oggi dell’essere contro Putin e dell’essere a difesa dell’Ucraina” (rag. Claudio Cerasa, Foglio, 19.4). Una cosa ci sarebbe: continuare a finanziare e armare il battaglione Azov.
Che paroloni. “Kallas: ‘Le azioni di Israele a Gaza vallo oltre il limite dell’autodifesa’” (Sole 24 ore, 15.4). Gliele ha cantate chiare.
Il Cretino Sfuso. “L’immorale equivoco in cui inciampa il Cretino Collettivo comparando Gaza alla strage della Domenica delle Palme a Sumy” (Giuliano Ferrara, Foglio, 16.4). In effetti è arduo paragonare 50 mila palestinesi uccisi in un anno e mezzo a Gaza su 2,5 milioni e 30 civili ucraini uccisi su 40 milioni.
Caccia allo Strega. “Clamoroso allo Strega: Einaudi resta fuori. ‘Sorpresi e dispiaciuti’. Sconcerto tra gli scrittori” (Repubblica, 16.4). Oh no, e adesso come facciamo?
L’arma segreta. “Operazione TikTok. Mosca usa la piattaforma cinese per sfaldare l’unità degli ucraini” (Micol Flammini, Foglio, 17.4). Uahahahahah.
Fuck checking. “Le bimbe di Barbero devono farsene una ragione. Non esistono intoccabili. E tra l’altro non è la prima volta che il prof spara cazzate” (Arianna Ciccone, Valigia Blu, Facebook, 17.4). Praticamente, la bimba di Tucidide.
La serva serve. “Conte un problema per il centrosinistra. Ma i suoi voti servono” (Gianfranco Pasquino, Dubbio, 17.4). Puoi sempre chiedere per favore, magari te li regala.
Leccaletta. “’La virtù si impara’. I 90 anni di Gianni Letta, il mediatore felpato” (Corriere della sera, 14.4). “Incontri, consigli e mail. I 90 anni operativi dello ‘zio’ Gianni Letta” (Giornale, 15.4). “I 90 anni di Letta gran cerimoniere del tempo che fu” (Repubblica, 15.4). “Letta e l’arte del compromesso. I 90 anni del consigliere speciale”, “I 90 anni di Gianni Letta: l’omaggio al Quirinale e la campanella di La Russa” (Messaggero, 15 e 18.4). “Il gran consigliere. Letta, un signore felpato con molto da insegnare. 90 anni portati da adolescente. 90 maestosi di consigli scolpiti nel marmo” (Giuliano Ferrara, Foglio, 15.4). Vuoi vedere che fa pure capoluogo?
Mattalecca. “Il potere di Sergio Mattarella è, per così dire, metafisico” (Marco Follini, Stampa, 17.4). Tipo, per così dire, il Papa.
Mi si nota di più. “Veneto, Antonella Viola corteggiata dal Pd per la regione: ‘Ci sto pensando’” (Repubblica, 11.4). Nel Pd non sanno chi ha offerto il Veneto ad Antonella Viola. Intanto lei: ‘Do tanto al Paese’” (Foglio, 16.4). “Perché non mi candido: la scienza è autonomia” (Antonella Viola, Stampa, 17.4). Peccato, lascia un grande vuoto.
Il titolo della settimana/1. “Chi è il consigliere Saggio che ha preparato i dossier per il successo di Meloni all’incontro con Trump” (Corriere.it, 19.4). Ma soprattutto: quale successo?
Il titolo della settimana/2. “Il tempo non gioca a favore di Putin. Ora solo l’Ue può garantire la pace” (Bill Emmott, Stampa, 19.4). Altre cazzate?
Il titolo della settimana/3. “Cosa si intende per Schlein-economic?” (Stampa, 14.4). Niente.
Il titolo della settimana/4. “Rimpatri dall’Albania: finalmente si parte” (Libero, 20.4). Tanto poi si torna.
Il titolo della settimana/5. “A Torino i riformisti cacciati dal 25 aprile: ‘Avevamo le bandiere ucraine’” (Foglio, 26.4). Avevano sbagliato funerale, come Fantozzi.
Il titolo della settimana/6. “E se per la prima volta spuntasse Papa Domenico?” (Aldo Cazzullo, Corriere della sera, 26.4). E Papa Pippo, allora?
Fatto Quotidiano © 2009 - 2025 SEIF S.p.A. - C.F. e P.IVA 10460121006
Foto dal web
|
|
|
Regione Toscana ~
Prov.: Grosseto ~
Città: Porto S. Stefano ~
Messaggi: 61522 ~
Membro dal: 29/06/2004 ~
Ultima visita: Oggi
|
 |
|
Dino
Amministratore
    
    

Utente Valutato
 |
Inserito il - Ieri : 05:49:06
|
ABBIATE PIETÀ
Editoriale di Marco Travaglio
29 aprile 2025
Questa cosa che il conclave inizierà solo il 7 maggio è una vera jattura, perché ci infliggerà almeno altri dieci giorni di toto-papa, di calcoli spannometrici sui voti di questo o quel cardinale, di oracoli sull’immancabile “Papa nero” (brano dei Pitura Freska del 1997), o giallo, o rosso, o verde e sui candidati di Trump, Macron, Meloni e Schlein, di vaticanologi della mutua che tracciano identikit del vero erede di Francesco o hanno le visioni e sentono le voci come Giovanna d’Arco e auspicano un “papa di transizione”, “pacificazione” e “larghe intese”, magari un tecnico alla Draghi o alla Monti o un ambidestro per tutte le stagioni tipo Letta o Amato. Il malvezzo di affidare le cose di Chiesa a gente che non ne ha mai vista una e bivacca notte e giorno alla buvette di Montecitorio ha già fatto abbastanza ridere tra la morte e il funerale di Francesco, con gente armata di metro, goniometro e tomtom per misurare quanto fosse di sinistra il defunto e di centro o di destra gli aspiranti al Soglio. Fino alle barzellette del 25 aprile quando la Liberazione dal nazifascismo è diventata tutt’uno con le esequie papali dell’indomani, tra inviti del governo alla “sobrietà” per rispetto del morto, appelli delle sinistre a combattere i fasci nel nome di Francesco, strofe di Bella ciao miste all’Eterno riposo sull’aria del De Profundis (e viceversa), manifestanti confusi con i pellegrini e cartelli partigiani col faccione del caro estinto, manco avesse fatto la Resistenza a 17 anni in smartworking dall’Argentina.
Ora la Maratona Conclave continua con due aggravanti: la Meloni deve dimostrare di aver propiziato lei – e non la diplomazia vaticana – il faccia a faccia Trump-Zelensky in San Pietro, ma lontano dai fotografi perché è una statista molto schiva; e le vedove inconsolabili dell’“euroatlantismo” in missione per conto di Dio lacrimano come viti tagliate per il tradimento trumpiano, ma ancora non si rassegnano. Mieli sul Corriere e Orsina sul Giornale intrattengono i lettori sul succulento tema “Cristianesimo e Occidente”. Orsina per deplorare il “divorzio” tra l’uno e l’altro, a causa del Papa più antioccidentale (cioè più cristiano) mai visto. E Mieli per aggrapparsi all’“aleggiare in piazza San Pietro di un barlume del ritrovato spirito dell’Occidente”, che gli ha fatto sperare, ora che il Papa non parla più, in una “resurrezione dell’Occidente cristiano… nelle forme dell’alleanza tra Stati Uniti, Europa e altri partner nel mondo liberale”. Il cosiddetto “Occidente cristiano” è quello che ha seminato milioni di morti in giro per il mondo usando la religione e il liberalismo per fare stragi contro “imperi del male” veri o presunti. E le prefiche piangenti non vedono l’ora di ricominciare a menare le mani. Spirito Santo, pensaci tu.
Fatto Quotidiano © 2009 - 2025 SEIF S.p.A. - C.F. e P.IVA 10460121006
foto dal web
|
|
|
Regione Toscana ~
Prov.: Grosseto ~
Città: Porto S. Stefano ~
Messaggi: 61522 ~
Membro dal: 29/06/2004 ~
Ultima visita: Oggi
|
 |
|
Dino
Amministratore
    
    

Utente Valutato
 |
Inserito il - Oggi : 05:38:31
|
IL RITORNO DI DON CAMILLO
Editoriale di Marco Travaglio
30 aprile 2025
Leggendo l’incredibile intervista del cardinal Camillo Ruini al Corriere, qualcuno penserà ai suoi 94 anni. Errore: quello che parla è il Ruini di sempre, che dal 1991 al 2007 fu presidente dei vescovi italiani, là dove ora c’è la sua antitesi: Matteo Zuppi. Pare un revenant venuto dalla notte dei tempi, invece ha regnato sulla Cei fino a 18 anni fa. Dice che ora ci vuole “un Papa buono”, ma soprattutto “credente” (si vede che Roncalli, Montini, Luciani, Wojtyla, Ratzinger e Bergoglio erano cattivissimi e miscredenti). E rimprovera a Francesco di essersi “rivolto soprattutto a quanti erano distanti” e di avere “irritato chi per anni si era speso a difendere le posizioni cattoliche”. Tipo lui, per dire. “È sembrato privilegiare i lontani a scapito dei vicini”. Per carità, “è un gesto evangelico”, il che dovrebbe chiudere la questione. Se gli apostoli e discepoli di Gesù avessero predicato il Vangelo solo ai cristiani, cioè a chi già credeva, la Chiesa sarebbe rimasta in quattro gatti. Altro che “cattolica”, cioè universale. Infatti Gesù disse: “Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo a ogni creatura”. Ai lontani, non ai vicini che non ne hanno bisogno. Ma a Ruini non garba neppure quel brano evangelico. E men meno la parabola del figliol prodigo, che tornò a casa dopo bagordi e dissipazioni e fu riaccolto dal padre con tutti gli onori. Infatti si schiera col fratello rosicone: “L’altro figlio protestò, così oggi c’è chi protesta nella Chiesa”. Pessime anche “certe affermazioni di papa Francesco che potevano dare l’impressione di una grande apertura, come il famoso ‘chi sono io per giudicare’ riferito alle persone omosessuali, che sembrava preludere a profonde modifiche dottrinali”. In realtà l’unica cosa a cui preludeva erano altre frasi di Gesù: “Non giudicate per non essere giudicati… Perché osservi la pagliuzza nell’occhio del tuo fratello, mentre non ti accorgi della trave nel tuo?” e “Chi è senza peccato scagli la prima pietra”. Quindi non si capisce cosa intenda Ruini quando rammenta che “l’elemento centrale della Chiesa è Cristo, non il Papa” e poi invoca un papa “credente”: credente in cosa, visto che attuare gli insegnamenti di Cristo non gli sta bene?
Il vero peccato mortale di Francesco che affiora fra le righe è il rapporto con la politica squisitamente laico, cioè evangelico (“Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio”), senza i collateralismi alla Ruini, il cappellano di B. che si impicciava negli affari dello Stato italiano: dalla campagna per l’astensione al referendum sull’eterologa alla vergogna del decreto per tenere Eluana Englaro attaccata alle macchine. Se è questa la Chiesa che vuole riesumare, lo ringraziamo per l’intervista: ci ha ricordato da cosa ci ha salvati Francesco e dove rischiamo di ripiombare.
Fatto Quotidiano © 2009 - 2025 SEIF S.p.A. - C.F. e P.IVA 10460121006
Foto dal web
|
|
|
Regione Toscana ~
Prov.: Grosseto ~
Città: Porto S. Stefano ~
Messaggi: 61522 ~
Membro dal: 29/06/2004 ~
Ultima visita: Oggi
|
 |
|
Discussione  |
|
|
|