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Dino

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MA MI FACCIA IL PIACERE

Editoriale di Marco Travaglio

04 agosto 2025

Smorzacalenda. “Sul voto di sfiducia a von der Leyen l’Italia ha fatto una figuraccia. Non è possibile che tu hai due coalizioni dove da un lato c’è Salvini, che è chiaramente pro Putin, e dall’altro c’è il M5S che è chiaramente pro Putin: insieme starebbero benissimo e infatti hanno votato uguale” (Carlo Calenda, Azione, 10.7). “Ursula von der Leyen deve andare via e anche al più presto perché è un’incapace. Se io avessi dei parlamentari europei farei votare loro la sfiducia a von der Leyen” (Calenda, Corriere della sera, 29.7). E niente: pure Calenda è chiaramente pro Putin, infatti voterebbe uguale.

Ora d’aria. “Il Movimento per un Italia Migliore, di cui ho scelto di essere presidente onorario, può contare su un bacino di 700mila aderenti” (Roberto Formigoni, Giornale, 29.7). Strano: i detenuti in Italia sono solo 61 mila.

Numero chiuso. “Ho presentato una proposta di legge per il numero chiuso nelle carceri: nessuno può essere incarcerato se non c’è un posto letto conforme agli standard minimi di abitabilità… In caso contrario si accede automaticamente alle misure alternative” (Riccardo Magi, +Europa, manifesto, 29.7). Giusto: anziché in carcere, i ladri entreranno liberamente nelle nostre case.

Cip e Ciop. “Gli argomenti di Aldo Cazzullo sono tutti, dal primo all’ultimo, oltremodo condivisibili e convincenti” (Paolo Mieli, Corriere della sera, 1.8). “Paolo Mieli ha, ovviamente, ragione” (Aldo Cazzullo, Corriere della sera, 2.8). Ma che teneri.

Promemoria. “Usa, l’attacco di Biden a Trump: ‘Sta cancellando la storia di questo Paese’” (Repubblica, 1.8). Fortuna che c’è lui a ricordarcela.

Tengo famiglia. “Vedo bene i Berlusconi in politica. Non solo Pier Silvio, ma anche Marina, Barbara, Luigi, di cui mi dicono un gran bene…” (Ignazio La Russa, FdI, presidente del Senato, 30.7). E non sai le zie e i nipoti.

La mosca cocchiera. “Il mio primo provvedimento da presidente delle Marche sarà riconoscere la Palestina” (Matteo Ricci, eurodeputato Pd, 2.8). Scene di giubilo a Gaza, terrore in casa Netanyahu.

Riflessi pronti. “Mattarella: a Gaza volontà di uccidere” (Repubblica, 31.7). Ma non mi dire: e l’hai scoperto al morto ammazzato numero 60.000 o avevi dei sospetti anche prima?

Ha stato Putin. “Un altro raid russo a Zaporizhzhia. La centrale minacciata da un incendio” (Messaggero, 3.8). Quindi i russi, che controllano la centrale da tre anni, si bombardano da soli. Furbi, loro.

Non ha stato nessuno. “Incendio alla centrale di Zaporizhzia. Rogo dopo un raid” (Stampa, 3.8). Caso tipico di autocombustione.

Che c**o. “Tajani: ‘Forza Italia avrà un nuovo manifesto’” (Libero, 31.7). Lo attacchi tu?

Ora e sempre Resistenza. “Il plauso del Pd sulle armi. Guerini e Pinotti promuovono Meloni per l’accesso al Safe” (Foglio, 31.7). E questa è l’opposizione. Da non confondere con la maggioranza.

Chi si somiglia. “Cosa ci fa un giovane dell’Afd a combattere con gli ucraini?” (Foglio, 29.7). Cerca i camerati del battaglione Azov.

Troppo democratici. “Gli ucraini sanno come si difende la democrazia meglio di noi” (Foglio, 2.8). Infatti noi non abbiamo ancora messo fuorilegge i partiti di opposizione: sbrighiamoci.

I pistola. “Ad ascoltare le persone vicine a Matteo Ricci, alla fine mancherebbe la ‘pistola fumante’ nella tesi del pm. Nel corso del confronto (cioè interrogatorio, ndr) con i magistrati, secondo fonti vicinissime a Ricci, non ci sarebbero stati colpi di scena su chat o documenti ancora coperti che avrebbero potuto peggiorare la situazione dell’europarlamentare” (Domani, 31.7). Ah, beh, allora sono soddisfazioni.

A lume di vaso. “L’ultima tesi su Garlasco: ‘Chiara uccisa da un vaso’” (Libero, 2.8). Tra le nuove piste, quella del vaso killer è senz’altro la più credibile.

Pina Fantozzi alla riscossa. “Conte mangia il Pd? Riformisti allarmati. L’opposizione interna prepara il ticket: sono già pronte Silvia Salis e Picierno” (Giornale, 28.7). Brrr che paura.

Piano con le parole. “A Giorgia servono due legislature per chiudere un ciclo storico, altri 2500 di questi giorni” (Mario Sechi, Libero, 17.7). Ora però basta minacce.

Il medium. “Popper reagirebbe all’odio dei Pro-Pal” (Michele Magno, Riformista, 25.7). Dev’essergli apparso in sogno.

Il titolo della settimana/1. “Io rimango al mio posto, il cinema ha fiducia in me” (Lucia Borgonzoni, Lega, sottosegretario alla Cultura, Corriere della sera, 24.7). Ma esattamente quale cinema?

Il titolo della settimana/2. “Bentornato, compagno Stalin. Così Putin riabilita il dittatore” (Domani, 24.7). Ma non era il nuovo Hitler?

Il titolo della settimana/3. “Parla Zaia: ‘Milano? I processi si fanno nelle Aule, non nell’opinione pubblica’” (Foglio, 25.7). Quindi perché Zaia parla?

Il titolo della settimana/4. “La bomba palestinese è il boom demografico. Popolazione decuplicata dalla nascita di Israele” (Libero, 23.7). Ecco che sta facendo Netanyahu: semplice controllo delle nascite.

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IL FUMO E L'ARRESTO

Editoriale di Marco Travaglio

05 agosto 2025

Come se Nordio non riuscisse a fare abbastanza scempiaggini da solo, c’è il commissario Ue alla Giustizia e allo Stato di diritto che gliene suggerisce altre. Si chiama Michael McGrath, è irlandese e fa il commercialista: quindi capisce di giustizia come noi di astrofisica. Ha appena aperto una procedura d’infrazione all’Italia per violazione della direttiva del 2016 sulla presunzione d’innocenza. Una direttiva talmente ridicola da aver prodotto la legge Costa che vieta ai giornalisti di citare tra virgolette le ordinanze di custodia cautelare. Cioè di riportare le parole del giudice per spiegare ai cittadini perché uno è stato arrestato: un diritto fondamentale dello Stato di diritto. Infatti si è poi scoperto che l’Ue non ci aveva mai chiesto una simile fesseria. Ora, sempre grazie alle menti malate di Bruxelles, rischiamo sanzioni perché gli imputati detenuti vengono spesso tradotti dal carcere al tribunale in manette (e ci mancherebbe: è il minimo per evitare che scappino) e “il ricorso a misure di coercizione fisica” li fa apparire colpevoli. Ma a chi? A magistrati, avvocati, agenti e personale ausiliario no di certo: gli addetti ai lavori sanno benissimo che chi viene portato in tribunale deve ancora essere processato, quindi per la legge è presunto innocente. I condannati definitivi le manette non le portano più: sopra i 4 anni di pena stanno in galera a mani libere; sotto, stanno ai domiciliari o ai servizi sociali a piede libero.

Gli unici che possono prendere un detenuto ammanettato per un colpevole sono i passanti. Ma contro l’ignoranza non c’è nulla da fare, salvo imporre la laurea in Legge a 60 milioni di italiani. Che comunque, se vedono uno scippatore strappare la borsa a una vecchietta o uno spacciatore rifornire i clienti, sono liberissimi di considerarli colpevoli senz’attendere la Cassazione. E, se qualcuno gli fa notare col ditino alzato che violano la direttiva sulla presunzione d’innocenza, fanno benissimo a ridergli in faccia. Ma Nordio ha subito colto al volo l’alibi per partorire una rarissima ciofeca che non era venuta in mente a lui: una legge che consente al detenuto imputato di ricorrere contro le manette in tribunale e denunciare il suo giudice per danni. Un’alternativa sarebbe assumere migliaia di nuovi agenti per averne due per ogni detenuto e sollevarlo dalle ascelle, tipo carabinieri con Pinocchio, ma anche lì la gente sospetterebbe che il tizio non sia uno stinco di santo. Oppure adottare morbide manette di peluche fucsia da sexy shop. O magari mandare i detenuti in tribunale da soli, senza accompagnatori: “Mi raccomando, fate i bravi, andate e tornate, ma guai se scappate!”. La presunzione di innocenza sarebbe garantita al cento per cento, perché non si troverebbe più nessuno da condannare.

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COSA RESTERÀ

Editoriale di Marco Travaglio

06 agosto 2025

L’unica certezza dell’ultima puntata del caso Almasri è che nessuno finirà a processo: non la Meloni, archiviata; non Nordio, Piantedosi e Mantovano, perché il Parlamento negherà l’autorizzazione a procedere. Dell’indagine non resterà nulla, a parte due cose: 1) la vergogna di un governo che scarcera un aguzzino senz’avere il coraggio di dire di essere ricattato dai libici; 2) le menzogne della destra per coprire tutto, miste a un’ignoranza crassa – alimentata dai media – sui doveri della magistratura. Dopo la denuncia di Li Gotti, i pm dovevano aprire il fascicolo. E, accertata la natura ministeriale dei reati, passarlo al Tribunale dei ministri. Che doveva indagare, valutando chi fece cosa e le funzioni dei singoli indagati. La Meloni gioca sul verbo “condividere” per deridere i giudici che archiviano lei e non i tre. Ma i giudici non dicono che non sapesse o dissentisse dai tre: parlano di “condivisione” nel senso di partecipazione attiva e funzionale alle scelte incriminate. Cioè la liberazione di Almasri dopo l’arresto su mandato di cattura della Cpi (favoreggiamento e omissione di atti d’ufficio); e il suo rimpatrio su un aereo dei Servizi (peculato). Gli ordini di arresto internazionali e i voli di Stato non sono funzioni del premier, che per Costituzione “dirige la politica generale del governo”. Ogni ministro risponde delle proprie funzioni: se il premier o gli altri ministri sono d’accordo o meno con lui, è un fatto politico, non penale (sennò ogni reato ministeriale manderebbe alla sbarra l’intero governo).

Nel 2011, indagato per Ruby, B. si coprì di vergogna e di ridicolo per far dichiarare ministeriale la sua concussione al capogabinetto della Questura di Milano, cioè la telefonata per far rilasciare la marocchina spacciandola per nipote del presidente egiziano. Camera e Senato, con la mozione “Ruby nipote di Mubarak”, sollevarono conflitto di attribuzione alla Consulta, che rispose picche: dare ordini alle Questure è compito del ministro dell’Interno, non del premier. Un altro precedente lo cita a sproposito la Meloni: Salvini indagato per gli sbarchi negati a varie navi Ong nel governo Conte 1. Sulla Diciotti, Conte solidarizzò con lui fino ad autodenunciarsi con Di Maio e Toninelli: ma furono tutti e tre archiviati perché non era compito loro, ma del ministro dell’Interno, fornire alle navi il Pos per lo sbarco. Su Open Arms invece Salvini, subito dopo la crisi del Papeete, disobbedì a Conte, che non attese l’indagine per dissociarsi: lo fece in tempo reale con due lettere in cui gli ordinava di fare sbarcare almeno i fragili e i minori. Se Meloni avesse fatto lo stesso con Nordio, per tener dentro Almasri o almeno porre il segreto di Stato, avrebbe evitato l’ennesima figuraccia a se stessa e all’Italia.

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