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Dino

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LA GUERRA È BELLA

Editoriale di Marco Travaglio

21 settembre 2025

Quando gli storici del futuro studieranno gli eurodeliri del 2025, sempreché sopravviva qualcuno per raccontarli, si interrogheranno su un fenomeno bizzarro: diversamente da un secolo fa, i guerrafondai e riarmisti più infoiati sono i politici “liberali” e di centrosinistra, con intellettuali e giornalisti al seguito, al cui confronto quelli di destra e i generali sembrano pacifisti. Consultando le rassegne stampa (ove mai sopravvivesse qualche forma di scrittura), si imbatterebbero nei titoli civettuoli partoriti ancora ieri dalle migliori gazzette, arrapatissime per la guerra mondiale prossima ventura. Rep: “Così la Nato può perdere la terza guerra mondiale in 5 giorni. L’ex vicecomandante Sir Richard Shirreff delinea uno scenario apocalittico: la Russia potrebbe sferrare un attacco all’Europa d’accordo con la Cina, portando a una sconfitta dell’Occidente e a un profondo sconvolgimento dell’ordine mondiale”. Corriere: “Il treno passeggeri da Mosca a Kaliningrad potrebbe essere il ‘casus belli’: gli scenari possibili di una guerra nei Paesi Baltici”.

Sempre sul Corriere un gaio retroscenista ammonisce i panciafichisti pantofolai: “In Italia la guerra non è percepita come una minaccia reale. Eppure segni di questo conflitto sono così numerosi, quotidiani ed evidenti da smentire quanti nel governo affermano che ‘nessun italiano andrà in Ucraina’. Di fatto ci sono già”. Ecco: noi crediamo di trascorrere l’ultimo weekend estivo al mare con le pinne, fucile e occhiali: invece no, siamo già in Ucraina col mitra. Fortuna che Mattarella in Slovenia, forse memore della guerra che contribuì a scatenare lì vicino, ha “svegliato i governanti e insieme risvegliato la coscienza popolare evocando la Prima guerra mondiale”. Carino, da parte sua: “Nessuno può voltare la testa dall’altra parte”, infatti il governo ha un “progetto riservato per attrezzare l’Italia”. Crosetto veglia su di noi e, “chiacchierando con un collega, si è lasciato andare a un’amara battuta: ‘Russi e cinesi non hanno bisogno di invaderci, perché hanno numerosi elementi di sostegno da noi’…”. Le pazze risate. Anche Ursula pensa sempre a noi: oltre a “un piano di resilienza dei servizi sanitari”, ha “affidato il coordinamento del Corridoio Bba” nientemeno che a Mario Mauro, ex ministro di Letta, per agevolare il trasporto di armi e di feriti “lungo il fianco orientale dell’Europa, dal Baltico all’Egeo”. Quando finalmente riusciremo a provocare la terza guerra mondiale, i feriti sul fronte baltico-polacco li porteremo in Italia, nota per i trasporti e i servizi sanitari efficienti. Se sopravvivranno al raccordo anulare, potranno perfino ammirare l’ultimo grido delle grandi opere strategiche: il Ponte sullo Stretto, o il suo modellino.

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Dino

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MA MI FACCIA IL PIACERE

Editoriale di Marco Travaglio

22 settembre 2025

Lord Brummell. “De Luca contro Fico: ‘Da lui parole maleducate e banali’. E su Meloni: Merita rispetto’” (Repubblica, 14.9). Ma chi, quella stronza?

Circo Meloni. “Agenzie di rating: pagliacci camuffati da inquisitori, che profetizzano cose già accadute e non prevedono il crollo dei colossi finanziari” (Giorgia Meloni, deputata Pdl, Twitter, 13.7.2012). “L’Italia ottiene una promozione da Fitch: la conferma che il percorso del nostro governo è quello giusto. Non sono slogan, ma risultati concreti” (Giorgia Meloni, premier FdI, 20.9.2025). Parola di pagliacci.

Frotte di flotte. “I soldi da Hamas arrivavano a flotte dai Paesi del Golfo” (Pierferdinando Casini, deputato Pd, Ottoemezzo, La7, 18.9). Con la Flotilla?

Evincere, evinceremo! “Dalle parole di Travaglio (a chi contestava Elly Schlein, ndr) si evince che il Fq è un partito o una fazione. Travaglio tratta il pubblico e Schlein con metodo paternalista e da imbonitore” (Nadia Urbinati, politologa, Facebook, 13.9). “Voi v’atteggiate tanto, parlate così sofistici… ma ‘o sai qual è ‘a verità: ‘a verità è che nun ce state a capì più un c***o, ma da mo’!” (Ennio Fantastichini in Ferie d’agosto di Paolo Virzì, 1996).

Ai bei tempi. “Formigli: ‘Da 243 giorni la premier ignora i giornalisti. Berlusconi era più rispettoso’” (Repubblica, 10.9). Lui si limitava a epurarli, insultarli, minacciarli, comprarli e seppellirli sotto richieste di danni miliardarie: un amore.

Taradash lava più bianco. “Il Fatto è intelligente. Intelligence col nemico, in guerra si dice così… Si condisce con qualche mezzo segreto fatto filtrare dalla parte filorussa dei nostri servizi segreti e dai parlamentari di devozione filorussa che siedono nel Copasir… Davvero non penserete che vi sia un legame di alcun genere fra Travaglio, il partito di cui è la guida ideologica (il M5S) e il clan putiniano?” (Marco Taradash, Zuppa di Porro, 21.9). Signor colonnello, accade una cosa incredibile: i Servizi segreti e il Copasir si sono alleati con Travaglio e con Putin e ci sparano addosso!

L’alternativa. “Gentiloni sferza l’opposizione: non è ‘vera alternativa’ al governo” (Repubblica, 21.9). Per essere davvero alternativi, anche M5S e Avs devono votare il riarmo insieme al governo.

L’estremo oltraggio. “Vannacci a Pontida: noi eredi di Kirk. E a sorpresa arriva anche Salvini dopo il forfait per calcoli renali” (Corriere della sera, 21.9). La colica finale.

Ipse dixit. “Aeroporti in tilt, l’esperto: ‘C’è l’ombra di Mosca, la loro guerra ibrida si alimenta di sabotaggi’. Intervista a Keir Giles, britannico, ex consulente Nato: ‘Negli ultimi tre decenni, Mosca ha finanziato più volte gruppi terroristici per attentati in Occidente. Ma per ora non abbiamo prove sull’attacco di ieri’” (Repubblica, 21.9). Massì, intanto diciamo che ha stato Putin. Poi le prove si trovano, o si fabbricano.

Gombloddo! “Sinner, una spia nella testa. La denuncia dagli Usa: la Cina avrebbe hackerato i dati cerebrali di Jannik e di altri atleti top per scopi militari. L’esperto: ‘Sfruttato un dispositivo per allenare la mente’” (Stampa, 19.9). “L’arma segreta della Cina è nel cervello di Sinner. Le onde cerebrali degli sportivi che usano un gadget fatto a Pechino vengono copiate e usate per addestrare l’esercito comunista” (Libero, 19.9). Ora i soldati cinesi sono imbattibili nel servizio, nello smash e nella demi-volée.

Patroclooooo! “Il Manifesto di Forza Italia: da Ulisse a Berlusconi” (Giornale, 20.9). Uahahahahah.

Satira scomoda. “Renzi sta oggettivamente recitando meglio di chiunque altro il ruolo di oppositore” (Luca Bottura, Stampa, 18.9). “Separazione delle carriere: approvata alla Camera dalle destre. Pd, M5S e Avs hanno votato no, Italia viva si è astenuta” (La7, 18.9). La famosa opposizione consenziente.

Il benaltrista. “La Flotilla non va in Ucraina, dicono che preferiscono portare aiuti in Sudan” (Paolo Mieli, Giornale, 12.9). Forse perché in Ucraina non si muore di fame?

Il titolo della settimana/1. “Chico Forti chiede la scarcerazione: ‘Di galera ne ha fatta pure troppa’” (Libero, 20.9). Ha solo assassinato a sangue freddo un anziano affetto da demenza, che sarà mai.

Il titolo della settimana/2. “Addio funivia: prove di campo largo tra Pd e Azione a Roma dopo l’abbandono del (folle) progetto a 5Stelle” (Foglio, 18.9). Ah sì, il progetto di funivia di Veltroni.

Il titolo della settimana/3. “John Elkann dai salesiani potrebbe fare il tutor” (Corriere della sera, 10.9). Per aspiranti evasori fiscali.

Il titolo della settimana/4. “La Ue ha preso in giro pure Draghi. La sua agenda è rimasta chiusa” (Verità, 14.9). Oppure non l’han trovata neppure lì.

Il titolo della settimana/5. “Il culto della violenza: Trump sta devastando la nostra democrazia” (Domani, 13.9, giorno dell’arresto del killer di Charlie Kirk). Ma infatti: prima Trump s’è sparato una fucilata all’orecchio, poi è corso ad ammazzare Kirk.

Il titolo della settimana/6. “Lollobrigida lancia l’euroalleanza del riso” (Verità, 12.9). O delle risa.

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L’ANTI-ANTIMAFIA

Editoriale di Marco Travaglio

24 settembre 2025

Finalmente, dopo mesi di scemenze e infamie contro Scarpinato e Natoli, due ex pm che hanno dedicato la vita a indagare sulla mafia, sappiamo cosa si dissero nel 2023 nelle conversazioni intercettate a Caltanissetta e trasmesse all’Antimafia. E diamo il benvenuto ai colleghi che, avendole ricevute illegalmente da parlamentari tenuti al segreto, han violato la legge Nordio-Costa pubblicandole, come facciamo noi per obiezione di coscienza. Inclusi i colleghi dei giornali che la legge liberticida hanno invocato e sostenuto. Se pensavano di sp*****are Scarpinato e Natoli, hanno sortito l’effetto opposto. Finché le chiacchierate erano parafrasate dai giornalisti, si poteva sostenere che i due si accordassero per mentire od omettere qualcosa in Antimafia. Invece ora che escono testuali si capisce che lavoravano per far emergere tutta la verità: cioè il vero movente che nel 1992-’94 spinse Cosa Nostra a mettere a ferro e fuoco l’Italia con una raffica di stragi fino all’arrivo di B.. Invece la commissione Colosimo si occupa solo di via D’Amelio e non degli eccidi precedenti e successivi, per non farne emergere il disegno politico, ignorare i soggetti istituzionali coinvolti in stragi, depistaggi e trattative, e volare basso su un movente ridicolo: Cosa Nostra dichiarò guerra allo Stato, dopo decenni di convivenza, per fermare la mitica inchiesta del Ros Mafia-appalti (che non fu affatto insabbiata, anzi portò a diversi arresti per storie di ordinarie mazzette).

Su quella pista farlocca indaga un’altra volta la Procura nissena, che convoca Natoli per sapere perché chiese di archiviare un filone di Mafia-appalti e, dopo dieci anni, eliminarne gli atti. Lui ricorda che a Palermo era una prassi, nota che la grafia non è la sua e ipotizza sia di un cancelliere. Lo indagano per calunnia del cancelliere (mai nominato) e favoreggiamento. E in quell’inchiesta su fatti prescritti da 20 anni lo intercettano col trojan. Lui mette a fuoco i ricordi di 33 anni fa con Scarpinato, ora senatore M5S in Antimafia, indirettamente intercettato anche lui (figurarsi i “garantisti” all’italiana, se fosse un altro). Questi dice che riempirà la Colosimo di documenti (così magari studia un po’), suggerisce a Natoli di chiedere quelli mancanti al procuratore De Lucia (sperando che, in audizione, si ricordi tutto) e anticipa che gli chiederà della riunione con Borsellino sul filone Mafia-appalti archiviato. I pm ritengono le conversazioni “penalmente irrilevanti”, ma prima di farle distruggere le girano all’Antimafia. Lì la destra ha pronta una legge per cacciare Scarpinato e De Raho per “conflitto d’interessi”. In effetti, per una coalizione fondata 31 anni fa da noti mafiosi e amici dei mafiosi, i due pericolosi antimafiosi sono come l’aglio per i vampiri.

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LA RETROMARCIA SU GAZA

Editoriale di Marco Travaglio

24 settembre 2025

Siamo così malmessi che, quando qualcuno dice che Giorgia Meloni è rimasta fascista, la prima tentazione è rispondergli con un paradossale “Magari!”. La destra missina in cui la nostra premier iniziò a fare politica nel 1992 dopo la strage di via D’Amelio aveva tutti i difetti che sappiamo, ma anche alcuni pregi che potrebbero tornarci molto utili oggi: era sociale, quindi mai avrebbe abolito il Reddito di cittadinanza e obbedito ai tecnocrati di Bruxelles; era legalitaria, altrimenti Borsellino non l’avrebbe frequentata in gioventù, quindi mai avrebbe nominato Nordio ministro della Giustizia e votato le sue schiforme della giustizia fino alla separazione delle carriere (che Borsellino aborriva); e in politica estera era multipolare, tendenzialmente antiamericana, filoaraba e più sensibile ai venti dell’Est che a quelli dell’Ovest, quindi mai si sarebbe sdraiata sugli Usa di Biden e di Trump (come se non fossero in antitesi), sullo sterminatore Netanyahu, sulle politiche guerrafondaie e russofobe della Nato e dell’Ue. Purtroppo, appena giunta a Palazzo Chigi, anziché liberarsi dei tanti difetti, ha gettato a mare i pochi pregi.

Nel 2009 la Meloni, ministra della Gioventù del governo B. 4, si reca in visita a Betlemme per portare solidarietà ai giovani palestinesi, firma un protocollo col rettore dell’Università per finanziare con 200 mila euro progetti di microcredito e cita papa Giovanni Paolo II: “Più ponti e meno muri”. Nel 2014 Netanyahu attacca Gaza per colpire Hamas, ma fa 2.200 vittime civili. E la Meloni twitta: “Un’altra strage di bambini a Gaza. Nessuna causa è giusta quando sparge il sangue degli innocenti. Israele e Palestina, due popoli due Stati”. Nel 2015 la Meloni firma una mozione parlamentare di FdI con Rampelli, La Russa, Cirielli e altri per chiedere al governo Renzi di riconoscere lo Stato palestinese e condannare l’espansione delle colonie israeliane in Cisgiordania. E quando il Parlamento a maggioranza renziana gliela boccia, tiene il punto: “Fratelli d’Italia crede da sempre alla soluzione ‘due popoli, due Stati’”. Nel 2020 Trump sposta l’ambasciata Usa in Israele da Tel Aviv a Gerusalemme: Salvini propone che anche l’Italia riconosca Gerusalemme capitale d’Israele, ma la Meloni si dissocia: “Quel gesto rischia di esasperare la tensione in una regione già fragile”. Oggi, per compiacere Trump, dice che riconoscere lo Stato palestinese è un atto “controproducente” e “prematuro”. “Controproducente” già non si può sentire: al massimo è inutile, perché puramente simbolico e autoassolutorio: per fare qualcosa di utile l’Italia, terzo esportatore di armi a Israele, dovrebbe smetterla. Ma in che senso un atto che era tempestivo e doveroso nel 2015 diventa “prematuro” nel 2025?

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IN CHE STATO

Editoriale di Marco Travaglio

25 settembre 2025

Giorgia Meloni dice che riconoscerà lo Stato palestinese solo se Hamas rilascerà tutti gli ostaggi e sarà “escluso da qualsiasi dinamica di governo”. Quindi il diritto di 14 milioni di palestinesi a uno Stato dipende da Hamas. Che però è nato a Gaza nel 1987, quando i palestinesi non avevano uno Stato e anche per quel motivo. Non solo: in Cisgiordania, magna pars dello Stato palestinese disegnato dagli accordi di Oslo del 1993, Hamas non c’è più da un pezzo: nel 2006 vinse le elezioni per l’Autorità nazionale palestinese (Anp) a Gaza e in Cisgiordania, anche grazie alla rinuncia verbale a prendersi tutto “dal fiume al mare”, dal Giordano al Mediterraneo, cioè a distruggere Israele. Ma poi i suoi miliziani e quelli dell’Olp si scannarono in una guerra civile e si spartirono le terre: la Striscia ad Hamas, la Cisgiordania all’Olp. Ora, dopo la mattanza del 7 ottobre, Hamas non ha alcun futuro politico: non perché lo chiede la Meloni, ma perché nessuno Stato, neppure i suoi finanziatori arabi, lo considera più un soggetto spendibile.

Quindi riconoscere lo Stato palestinese senza dire dove e come è già un collutorio per sciacquarsi la coscienza e non parlare di sanzioni a Israele; ma riconoscerlo ponendo condizioni è una doppia ipocrisia. Ogni Stato deve avere un territorio e quello palestinese non ce l’ha. Ce l’aveva nel 1947, quando l’Onu spartì l’area dal fiume al mare (28 mila kmq, pari a Piemonte e Val d’Aosta) in due Stati: il 56% a Israele (più ampio perché il 40% era il deserto del Negev), il 44 alla Palestina, Gerusalemme sotto l’Onu. Ma nacque solo lo Stato ebraico: la leadership palestinese e i regimi arabi preferirono la guerra per distruggere Israele anziché edificare la Palestina. Nel 1948 Cisgiordania e Gaza furono occupate da Giordania ed Egitto, mentre Israele prese tutta la Galilea e Gerusalemme Ovest. Nel 1967 Israele vinse la guerra dei Sei Giorni e occupò Cisgiordania, Gerusalemme Est, Sinai e Gaza. Nel 1973 Israele respinse l’ennesimo assalto arabo e nel ’78 fece pace con l’Egitto, che riebbe il Sinai, ma non rivolle Gaza. La Striscia restò occupata fino al 2005, quando Sharon ritirò truppe e coloni. La Cisgiordania dal 1995 è divisa in tre zone: la A (il 18%) è amministrata dall’Anp, la B (il 22%) da Israele e Anp, la C (il 60%) da Israele. La soluzione doveva essere temporanea, con un progressivo passaggio di consegne all’Anp. A cui nel 2008 Olmert offrì più territori di quelli occupati nel ’67 e Gerusalemme Est capitale (6.260 kmq), ma Abu Mazen non firmò. Poi arrivò Netanyahu. Che fermò il percorso di Oslo e poi lo annientò. Ora la Striscia è rasa al suolo e il 42% della Cisgiordania è occupato da colonie ebraiche vecchie e nuove (+180% dal 2020). Avete mai visto uno Stato senza terra?

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PAZZI IN LIBERTÀ

Editoriale di Marco Travaglio

26 settembre 2025

Che Trump sia totalmente fuori controllo e non riesca a dire una cosa senza contraddirla in mezz’ora è cosa nota, confermata dal catalogo completo di sindromi psichiatriche esibito all’Onu. Ma per fortuna gli altri leader occidentali sono tutti sul pezzo, uno più lucido dell’altro. Zelensky il 18.12.24 ammise che “l’Ucraina non può riconquistare i territori occupati dai russi” e, ora che il suo esercito è messo ancora peggio, annuncia che li riconquisterà tutti perché i russi che avanzano su tutto il fronte sono in rotta, dunque ora invadono l’Europa. Fila, no? La Meloni, a proposito della Flotilla con 51 barche e 400-500 attivisti di 44 Paesi (dalla Nuova Zelanda alla Malesia, dalla Colombia all’Irlanda), dice che è fatta apposta per “creare problemi al governo”: infatti in Nuova Zelanda, Malesia, Colombia e Irlanda si parla solo del governo Meloni: non ci dormono la notte. Fila, no? Von der Leyen, Rutte, Tusk, il governo tedesco e persino quello estone e il presidente ceco delirano di “abbattere i jet russi che violano lo spazio aereo”, ancor prima di dimostrare che l’hanno fatto e intendevano farlo (gli sconfinamenti càpitano a tutti, da sempre e ovunque), senza porsi il problema di ciò che accadrebbe un minuto dopo: la rappresaglia della prima potenza atomica che trasformerebbe la presunta guerra ibrida in guerra mondiale nucleare. Invece i continui attacchi con missili, caccia e droni donati o pagati dalla Nato a un Paese che non ne fa parte contro obiettivi civili in Russia non sono violazioni dello spazio aereo e del territorio russo. Fila, no?

I droni che bombardano la Flotilla sono “non identificati” anche se tutti sanno da dove arrivano, e nessuno invoca la Nato per difendere le barche battenti bandiera di Paesi Nato (dunque territorio Nato). Invece i droni che ronzano in Europa senza fare un euro di danni sono sempre russi, a prescindere, anche se nessuno sa da dove vengano. La sapete l’ultima? Dopo giorni di dichiarazioni di guerra alla Russia per i droni su cinque aeroporti danesi, “certamente russi” per Occhiodilince Zelensky, il ministro della Difesa Poulsen ha dichiarato che “non c’è alcuna prova contro Mosca”, anche perché i velivoli sono stati “lanciati localmente”: non dalla Russia, ma dalla Danimarca. Non solo: l’hackeraggio che nel weekend ha bloccato aeroporti inglesi, francesi, belgi e tedeschi, sùbito attribuito alla guerra ibrida di Putin, era un atto di “criminalità comune a scopo di estorsione”. Parola degli inquirenti britannici, che l’altroieri hanno fermato un hacker 40enne del West Sussex che puntava a un riscatto in denaro. Quando scoppierà la terza guerra mondiale, per trovarne le cause non serviranno gli storici: basterà uno psichiatra con qualche cartella clinica.

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TRA UNA BALLA E L’ALTRA

Editoriale di Marco Travaglio

27 settembre 2025

A leggere Repubblica, la tanto sospirata terza guerra mondiale è finalmente scoppiata: “La battaglia dei cieli”, “caccia Nato respingono incursioni di jet russi sull’Alaska e al confine lettone”, “allarme delle capitali” per il “rischio aeroporti in tilt e incidenti ad alta quota… Gps accecati, voli civili coinvolti in azioni belliche”. Segue la mappa dei ben 9 “sconfinamenti russi” in 15 giorni. Poi l’unica frase sensata: “L’obiettivo è spaventare la popolazione”. Sì, ma della Nato e dei suoi trombettieri, visto che nulla di tutto ciò è mai accaduto. Così come i war game di Corriere (“Jet russi, altri sconfinamenti”), Stampa e Sole (“Jet russi intercettati in Alaska”), Messaggero (“Caccia russi nei cieli Nato”) e Foglio (“Putin invade i cieli Nato”).

Cos’è successo nel mondo reale? Lo spiega Analisi Difesa: quattro F-16 russi hanno raggiunto altrettanti velivoli “nell’area di identificazione aerea in Alaska, dove Russia e Usa monitorano da sempre i movimenti aerei militari, ma all’esterno dei rispettivi spazi aerei. Nessuna violazione russa dello spazio aereo Usa”. Intanto due caccia ungheresi schierati in Lituania identificavano (non “intercettavano” né “respingevano”) cinque aerei russi: che, secondo lo stesso comando Nato, “non hanno violato lo spazio aereo lettone”. Volavano anche lì nel corridoio consentito. Zero sconfinamenti, zero battaglie.

La stessa miseranda fine hanno fatto i falsi allarmi dei Paesi Ue che da un mese si danno il cambio per inventare un attacco russo al giorno. Il sabotaggio al Gps dell’aereo della Von der Leyen non è mai esistito. Il Mig-31 russo che, secondo Varsavia, ha sorvolato una piattaforma petrolifera nel Baltico non ha violato alcuno spazio aereo: parola delle stesse autorità militari polacche. Il famoso sconfinamento di Mig russi nei cieli estoni, secondo il comandante supremo Nato in Europa, gen. Grynkewich, è stato probabilmente accidentale, visto l’esiguo spazio aereo consentito nell’area. I droni, apoditticamente russi, sugli aeroporti di Oslo e Copenaghen sono decollati dalle vicinanze dei due scali: non dalla Russia. Per i cyberattacchi russi agli aeroporti del Nord Europa hanno fermato un hacker inglese a caccia di soldi. I 19 droni finiti in Polonia erano, nella migliore delle ipotesi, uno sciame lanciato dai russi su obiettivi ucraini e deviati oltre confine (involontariamente o apposta) dai jammer di Kiev; nella peggiore, un collage di pezzi di velivoli abbattuti in Ucraina e incollati col nastro isolante per la messinscena polacca. E il famoso drone russo che ha sfondato il tetto della casa in Polonia era un missile Usa lanciato da un jet polacco. Fortuna che quel giorno la Nato non aveva ancora deciso di abbattere i jet russi: appena lo farà, si sparerà nelle palle.

Giuseppe Conte
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DEMOCRAZIA 2.0

Editoriale di Marco Travaglio

28 settembre 2025

Il generatore automatico di attacchi russi all’Europa indifesa dev’essersi inceppato dopo un mese di duro lavoro. Infatti, per non perdere il ritmo, la Stampa raschia il fondo del barile con deludenti “avvistamenti di droni sopra lo Schleswig-Holstein” e l’“arresto di due spie adolescenti in Olanda: due diciassettenni accusati di spionaggio a favore di un Paese terzo per aver cercato di intercettare con un dispositivo wireless i dati di Europol, di Eurojust e dell’ambasciata canadese”. E quale potrà mai essere il “Paese terzo”? Indovinato! “Secondo il padre di uno dei due, sarebbe stato un hacker filorusso a reclutarli su Telegram”. Quindi ha stato Putin. Nella pagina accanto, la chiave di lettura della diuturna produzione di falsi attacchi russi: oggi si vota in Moldova. E il governo filo-Ue vicino alla presidente Sandu rischia perdere perché la gente è stufa di bellicismo, austerità e russofobia, teme di finire come l’Ucraina e minaccia di votare i partiti anti-Ue che l’Ue chiama “filorussi”: se il popolo ce l’ha con le politiche Ue, ha stato Putin. Quindi Rep spiega ai moldavi come devono votare: “Moldova al bivio tra Ue e Mosca: ‘Putin vuole truccare le urne’ con interferenze e soldi. Vuole Chisinau per attaccare Kiev” (l’ha già attaccata una volta nel 2022, ma fa niente).

Il Cremlino interferisce sempre e l’Ue mai. Infatti, per non interferire, Macron, Merz, Tusk e Zelensky si sono uniti alla Sandu per ammonire i moldavi a fare come dice lei perché “un governo amico di Mosca sarebbe un trampolino di lancio per attacchi ibridi contro l’Ue”. Sempre per non interferire, la commissaria Ue Marta Kos si fa intervistare dalla Stampa per intimare ai moldavi di “scegliere fra democrazia e regime”: se non votano bene sono dei luridi fascisti e perderanno gli “investimenti della Ue”, che ora “sta dando un sostegno senza precedenti alla democrazia”. Per sostenerla meglio, non muove un dito contro le autorità che han messo fuorilegge quasi tutti i partiti di opposizione perché “filorussi” (infatti in Moldova c’è la Transnistria, piena di russi). Le prove generali dell’inedita democrazia 2.0 si erano svolte l’anno scorso in Romania: Presidenziali annullate perché vinte dal candidato sbagliato, Georgescu, arrestato e reso incandidabile. E fra sette giorni tocca alla Repubblica Ceca: anche lì il premier Fiala è odiatissimo per le politiche filo-Ue e filo-Kiev e il favorito è il rivale e predecessore Babis. Ma il sito Politico avverte che Babis è “populista” e “ha un rapporto ambiguo con la Nato” (roba da ergastolo): infatti il presidente Pavel, democraticamente “suo avversario politico”, “ha un’opzione costituzionale: non nominare Babis premier, anche se dovesse vincere le elezioni”. Giusto: nelle democrazie 2.0 governa chi le perde.

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CHE BELL’ALLEATO

Editoriale di Marco Travaglio

30 settembre 2025

Il bombardamento quotidiano dei media di destra alla Flotilla è un buon segno: denota il nervosismo di Meloni&C., disperati per un’opinione pubblica sempre più vasta e trasversale indignata per il loro asservimento al criminale Netanyahu. E, quando si è disperati, si dicono cose insensate.

Meloni: “Non c’è bisogno di infilarsi in un teatro di guerra e rischiare l’incolumità per consegnare aiuti a Gaza che il governo italiano avrebbe potuto consegnare in poche ore”. Ma se può consegnare aiuti in poche ore, perché non lo fa da due anni per sfamare i palestinesi anziché lasciarne morire ogni giorno qualcuno di fame? Se i governi Ue non vogliono farlo, sono criminali. Se vogliono farlo, ma Netanyahu glielo impedisce, è criminale Netanyahu e sono vili gli europei che non provano a forzare il blocco, anzi continuano a fare affari con Israele e a fornirgli armi. Ma che c’entra in tutto ciò la Flotilla?

Crosetto: “Rischi drammatici se la Flotilla forza il blocco”. Tajani: “Non possiamo fare nulla per scortare la Flotilla”. Meloni: “Se forzano il blocco navale di Israele, cosa dovremmo? Mandare la Marina militare e dichiarare guerra a Israele?”. Il blocco navale fu deciso nel 2009 per bloccare le armi ad Hamas, che governava la Striscia dopo aver vinto le elezioni dopo il ritiro di Israele. Quindi le acque di Gaza non sono di Israele, ma dei palestinesi e il blocco navale è contro le armi che uccidono persone, non gli aiuti che salvano persone. Se Israele attaccasse barche con bandiera italiana, disarmate e cariche di aiuti, l’Italia dovrebbe rispondere al fuoco abbattendo droni o altri ordigni per difendere ciò che è a tutti gli effetti territorio italiano. E sarebbe Israele a dichiarare guerra all’Italia, non viceversa. L’altro giorno, parlando delle fantomatiche minacce russe all’Europa, la Meloni non ha avuto dubbi: “Se un jet viola lo spazio aereo, va abbattuto”. Perché invece, se un drone israeliano colpisce una nave italiana disarmata, non va abbattuto?

Nel 2012 una petroliera italiana fu incredibilmente scortata a 20 miglia dalla costa indiana da fucilieri della nostra Marina militare, due dei quali uccisero due pescatori scambiandoli per pirati: i due famosi marò che molti politici, fra cui la Meloni, pretesero di sottrarre alla giustizia indiana. Perché la Meloni non li scaricò per non dichiarare guerra all’India? Se i nostri pescherecci sconfinano in acque libiche e vengono sequestrati, la Meloni chiede di mollarli per non dichiarare guerra alla Libia? Si dirà: ma Israele è nostro alleato. Purtroppo è vero. Ma con un alleato si parla: si chiede e si ottiene la garanzia che non sparerà su nostre navi disarmate. Se non la otteniamo, è perché la Meloni si comporta da alleata di Israele. Ma Netanyahu si comporta da nemico dell’Italia.

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UN PIANO NEL BUIO

Editoriale di Marco Travaglio

01 ottobre 2025

Se – e sottolineo se – il governo di Israele e il vertice di Hamas, cioè le due organizzazioni terroristiche che tengono Gaza sotto sequestro, accetteranno e applicheranno alla lettera il piano Trump, per i gazawi sarà la prima buona notizia dopo due anni. Non solo perché smetteranno di morire – di fame, di incuria e di bombe – ma anche perché entrambi i guardiani del loro inferno ritireranno le grinfie dal loro futuro. Il che non vuol dire che nascerà lo Stato palestinese, ma almeno si potrà ricominciare a parlarne e riavviare faticosamente il percorso interrotto nel 2009 dall’ascesa di Netanyahu. Che, se l’intesa reggerà, sarà il vero sconfitto. Predicava la deportazione dei palestinesi dalla Striscia e l’annessione di Gaza e Cisgiordania: non avrà né l’una né l’altra. Ha iniziato sei guerre bombardando Libano, Siria, Iran, Iraq, Yemen e Qatar senza chiuderne una. Appoggiava Hamas per cancellare la già debolissima Anp, che invece ora torna in gioco nel piano Trump. Aveva promesso di sbaragliare Hamas, che ora tratta il futuro dei suoi leader (l’esilio dorato in qualche Paese arabo) e miliziani (l’amnistia, in attesa di tornare sotto una nuova sigla meno compromessa). L’unico successo di Bibi potrebbe essere il più ignominioso, la grazia dal presidente Herzog per il suo processo per corruzione, che dimostrerebbe platealmente il suo vero movente: la guerra infinita come unica alternativa alla galera.

Infatti le stesse clausole che sembra avergli strappato Trump erano già sul tavolo un anno fa, come han raccontato l’ex capo di stato maggiore Herzi Halevi e il negoziatore Gershon Baskin: già nel 2024, prima della sanguinosa offensiva su Rafah e della reinvasione della Striscia, Hamas era pronto a rilasciare tutti gli ostaggi e a farsi da parte in cambio del ritiro dell’Idf. Ma Netanyahu rifiutò ciò che ora è costretto a digerire per ordine dell’unico alleato rimasto, peraltro sempre più spazientito. Intanto sono morte altre migliaia di palestinesi e diversi ostaggi israeliani. Certo, un piano che vede Trump e il criminale di guerra Blair al vertice di un protettorato con i satrapi del Golfo (i soli però dotati dei capitali per la ricostruzione) puzza di colonialismo lontano un miglio. Ma lo sterminio di Gaza e le prospettive di annessione e deportazione fanno di qualsiasi alternativa il meno peggio. Tantopiù che la cosiddetta Ue, sotto i cui occhi e le cui finestre s’è consumata la mattanza, non ha mosso un dito per aiutare i palestinesi, fermare Israele, programmare dopoguerra e ricostruzione, impegnata com’è a inventarsi nemici per buttare centinaia di miliardi in armi. In questo vuoto pneumatico, il piano Trump è l’unico che abbiamo. Se non ne emerge un altro, critichiamolo finché vogliamo, ma teniamocelo stretto.

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IL CAMPO LOFFIO

Editoriale di Marco Travaglio

02 ottobre 2025

Lo so, ci sono cose più importanti, ma ne riparliamo domani a bocce ferme. Intanto le dotte analisi sulle Regionali nelle Marche fanno prudere le mani. Si dice che la Meloni tiene il voto “moderato”, mentre Schlein, Conte, Bonelli-Fratoianni&C. sono troppo “estremisti”. Ma sono trent’anni che gli elettori – e non solo in Italia – se ne infischiano di destra-sinistra, riformisti-massimalisti e altre categorie del ’900. I social hanno accorciato la vita ai leader: prodotti usa e getta come le siringhe monouso. Come prima scelta si vota il candidato più nuovo e, in mancanza di novità, il più comodo e rassicurante (anche dal punto di vista clientelare). Nelle Marche con Matteo Ricci, come in Liguria con Andrea Orlando, il Pd ha imposto agli alleati un candidato così politicamente vecchio da far sembrare più nuovo persino un Acquaroli. In Sardegna la Todde portò una ventata di novità, come ora Tridico in Calabria e Fico in Campania. Non che il M5S sia depositario del nuovo. Ha più volti freschi perché è relativamente giovane e ha regole che facilitano il ricambio. Ma pure la Salis a Genova e la Proietti in Umbria – tutt’altro che “grilline” od omogenee: una borghese e ipermoderata, l’altra movimentista per l’ambiente e la pace – hanno occupato quello spazio e vinto. Ovviamente la novità aiuta, ma non garantisce la vittoria: per Tridico è dura scalfire il sistema Occhiuto, dopo la mossa paragolpista del presidente inquisito di dimettersi per anticipare il voto e impedire ai due poli di costruire candidature alternative col tempo necessario. Ma, senza Tridico, sarebbe perfino inutile votare.

Per giocarsi la partita le formule non contano: ammuffiscono appena coniate (sì o no al Campo largo? E quanto largo?). Conta la capacità delle opposizioni di far emergere volti nuovi. Il M5S di Conte ancora ci riesce, anche se non abbastanza. Avs è il partito delle vecchie glorie: alle Europee ha riesumato figure più o meno nobili, ma giurassiche, come Leoluca Orlando, Lucano e Marino, e ora ricicla pure Vendola. Il Pd, dopo l’elezione della Schlein a furor di elettori (contro gli iscritti), ha perso la grande occasione di darsi una classe dirigente nuova come lei. E alle Europee, per restare a galla con le preferenze, ha riempito le liste di veterani al sesto o settimo mandato. E quando deve proporre sindaci o presidenti di regione, va a pescarli quasi sempre all’ospizio. Anche quando, come Ricci, sono indagati per vicende imbarazzanti, a prescindere dall’esito penale. Così gli elettori di opinione se ne stanno a casa e quelli dei partiti alleati (soprattutto quelli esigentissimi del M5S) s’incazzano pure. Se poi il candidato, alla disperata, pretende “un voto per le Marche e per Gaza”, s’incazzano due volte: una per le Marche e l’altra per Gaza.

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LA FLOTILLA AL TORNASOLE

Editoriale di Marco Travaglio

03 ottobre 2025

Dobbiamo gratitudine agli attivisti della Flotilla presi in ostaggio da Netanyahu: in pochi giorni, armati dei loro corpi, delle loro voci e del loro coraggio, hanno fatto per Gaza più di tutti i governi occidentali, europei e arabi in due anni. Hanno mostrato ai gazawi che non tutto il mondo è indifferente al loro martirio. Hanno mostrato al mondo che Israele ha un governo terrorista che, non contento di sterminare un popolo e bombardare sei Paesi vicini, assalta in acque internazionali 43 barche disarmate e arresta illegalmente 500 persone inermi che portano aiuti a gente affamata, per costringerle a confessare un crimine mai commesso: la violazione delle acque territoriali israeliane, mai neppure sfiorate dalle barche della Flotilla. Poi, come cartine al tornasole, han costretto il potere italiano a mostrarsi per quello che è.

La Meloni ha detto che, se la Flotilla voleva portare aiuti, poteva “darli al governo italiano che avrebbe potuto consegnarli in poche ore”: quindi o ha mentito o ha confessato la correità in tutte le morti per fame. Ha aggiunto che non pagherà il volo ai 40 attivisti (che non l’hanno mai chiesto) quando Israele li rilascerà: quindi l’aereo di Stato è riservato agli assassini come Almasri e Chico Forti. E per gli arresti illegali non protesta con Israele: invece, quando due marò su una petroliera uccisero due pescatori indiani, intimò “siano giudicati in Italia” (ciao core) perché “il fatto è avvenuto in acque internazionali su una nave battente bandiera tricolore: quindi territorio italiano”. Proprio come gli italiani della Flotilla, che però non sparano a nessuno. Crosetto, ribadendo che Israele è “un Paese amico”, ha dichiarato: “Firmerei se si limitasse ad arrestare gli attivisti”, confessando di temere che fosse così amico da ammazzarli (come fece 15 anni fa con dieci attivisti dell’altra Flotilla). Tajani ha rivelato di aver “chiesto a Israele di non intercettare la Flotilla in acque internazionali”: infatti Israele l’ha subito fatto, mostrando quanto conti l’Italia, specie fra gli “amici”; ma non è il caso di sottilizzare, perché “quello che dice il diritto internazionale è importante, ma fino a un certo punto”. Parola di un ministro degli Esteri fino a un certo punto. Salvini s’è scagliato contro lo sciopero che bloccherà i trasporti, ma per un fatto di concorrenza sleale: teme che Landini gli rubi il mestiere. La Picierno, “riformista moderata” del Pd, ha messo il like a un poveretto che sghignazza per la retata israeliana (“La regata è finita, i clown tornano a casa”). Anche Renzi, nota punta di lancia dell’opposizione, parla di “regata”, poi riprende a incensare il criminale di guerra Blair, della cui Fondazione è consulente: vedi mai che, nel protettorato di Gaza, ci scappi uno strapuntino da sottosegretario.

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MOLINARI, IN ARTE BISCARDI

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04 ottobre 2025

Fra i vari performer dell’assurdo che si alternano nei talk per giustificare l’assalto illegale di Israele alla Flottilla, il nostro idolo assoluto è Sambuca Molinari, ex direttore e ora editorialista di Repubblica. Lo so, la concorrenza è spietata. C’è anche Tajani, quello del “diritto internazionale fino a un certo punto”, che si vanta di aver chiesto a Israele di non abbordare le barche in acque internazionali, cioè di non fare ciò che ha puntualmente fatto. C’è Crosetto che ringrazia Israele per aver arrestato illegalmente degli attivisti pacifici in acque non sue, anche su territorio italiano (le barche con bandiera tricolore), ma “nel modo più soft e leggero possibile” anziché “in modo violento”: cioè per non averli ammazzati come l’ultima volta. Ma non c’è partita: noi vogliamo solo Sambuca. L’altra sera festeggiava a Piazzapulita la fresca sanzione dell’Ordine per aver lanciato false accuse alla Albanese. E riusciva a dire, restando serio, che “la Flotilla ha rischiato di innescare un conflitto” (a colpi di gavettoni e patatine, visto che portava acqua e viveri) e “ha violato le acque internazionali”. Come uno che denuncia un tizio per violazione del proprio domicilio perché passeggiava per strada. Le acque internazionali sono di tutti e non può violarle nessuno, sennò le violerebbe ogni barca, yacht, nave, petroliera, cargo, peschereccio. Ora però siamo tutti avvisati. Uno va a pescare in alto mare e si ritrova Molinari col megafono e la paletta che gli intima l’alt: “Eh no, di qui non si passa, torna indietro, stai violando le acque internazionali, cioè di Israele”. Decide lui.

La scena ricorda una telefonata intercettata nel 2005 nell’inchiesta Calciopoli fra LucianoMoggi, patron della Juve, e l’ex arbitro Fabio Baldas, addetto al moviolone del Processo di Biscardi. Baldas, filmati alla mano, spiegava a Moggi che il gol di Trezeguet era in fuorigioco e l’arbitro doveva annullarlo. Ma Moggi non sentiva ragioni: “L’arbitro deve essere assolto alla grande! Anzi!”. Baldas balbettava che era impossibile nascondere un fuorigioco di mezzo metro. Ma Moggi, anticipando Molinari, sfidava le leggi della matematica: “E tu i 50 centimetri li accorci, devono diventa’ 20!”. Frattanto l’Associazione Arbitri aveva querelato Aldo Biscardi, che davanti al pm si era difeso così: “Lo sanno tutti che le cose che diciamo al Processo sono poco credibili”. Il giudice archiviò. Motivazione: “La credibilità oggettiva delle notizie riportate e fatte oggetto di dibattito è riconosciuta assai bassa, secondo l’opinione comune, trattandosi di notizie artatamente create o ‘gonfiate’ per suscitare la discussione e la polemica”, quindi non possono “ledere l’altrui reputazione” perché non ci crede nessuno. Oggi purtroppo Biscardi non c’è più: lo sostituisce degnamente Sambuca.

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NON LI HA VISTI ARRIVARE

Editoriale di Marco Travaglio

05 ottobre 2025

Giorgia Meloni aveva evocato sprezzante il “weekend lungo” e l’ha avuto: due giorni di manifestazioni in tutte le piazze d’Italia, con quasi tre milioni di cittadini in un ideale serpentone di oltre mille chilometri. Come da statistica, c’era anche qualche testa calda che menava le mani e qualche testa vuota che imbrattava la statua di papa Giovanni Paolo II. Troppo poco rispetto a quanto non tanto nascostamente sperava il governo, che ha fatto di tutto per soffiare sul fuoco, sognando incidenti gravi che ribaltassero il comune sentire contro lo sterminio a Gaza e chi, in Italia e in Europa, non fa niente per fermarlo e punirlo. Quella marea umana è trasversale e non si tradurrà subito in voti per le opposizioni, che comunque (almeno quelle vere) han dato una volta tanto buona prova di sé. Ma la sua trasversalità segnala il clamoroso errore di valutazione della premier, che dopo tre anni di sintonia sembra aver perso il polso del Paese. Un errore così marchiano te lo aspetti da Salvini, che dall’estate del Papeete è sempre fuori sincrono e, col suo cieco appiattimento su Netanyahu, annulla il vantaggio che poteva portargli il no solitario a destra contro il riarmo e il bellicismo. Ma non dalla Meloni, che non se ne riavrà facilmente. A prescindere dal voto regionale, che viaggia su tutt’altri binari. Finora aveva tenuto le antenne dritte per non sfidare la “pancia” d’Italia: se proprio non poteva assecondarla, s’inabissava, mandava avanti gli altri, si fingeva morta in cerca di un diversivo per ribaltare l’agenda. Sulla Flotilla e i cortei in sua difesa l’ha buttata in caciara, cioè in politica, perché non ha colto l’ammirazione generale che li circonda per la loro gratuità.

Questa non è gente che rischia e si spende per un aumento di stipendio o di pensione, cioè per un interesse personale: lo fa per questioni di principio, ideali. E non ha “mandanti” partitici o sindacali, altrimenti non sarebbe così tanta: si manda da sola, si autoconvoca, anche se poi è ben lieta di approfittare delle occasioni di farsi sentire che le danno partiti (come il M5S il 5 aprile contro il riarmo e lo sterminio di Gaza) o sindacati di base e/o confederali (gli scioperi della scorsa settimana e dell’altroieri). Senza per questo aderire a questa o quella sigla. È un movimento spontaneo e carsico che nessuno deve provare ad annettersi, ma tutti dovrebbero sforzarsi di interpretare: nasce dall’indignazione e dalla vergogna per i doppi standard europei sui crimini di “amici” e “nemici” (peraltro inventati) e dal terrore della guerra mondiale che nessuno fa nulla per evitare e tutti sembrano auspicare. Non più “a pezzi”, come diceva papa Francesco, ma tutta insieme. Chi non capisce o finge di non capire per non dare risposte a questo popolo potrebbe avere presto un brusco risveglio.

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MA MI FACCIA IL PIACERE

Editoriale di Marco Travaglio

06 ottobre 2025

Due gocce d’acqua. “I mostri della Flotilla”, “Quelle similitudini tra l’era di Hitler e la Flotilla pro Pal” (Libero, 10 e 18.9). Ma infatti.

Parlare. “E se provassimo a parlare ai russi?” (Beppe Severgnini, Corriere della sera, 5.10). Tipo domandargli: quand’è che arrivate a Lisbona?

Il solito. “Tajani: ‘Nella Striscia noi pronti a fare la nostra parte” (Corriere della sera, 5.10). La solita beata mazza.

Bin Rignan. “La diplomazia non si fa in barca a vela. Per aiutare i bimbi di Gaza non servono le regate” (Matteo Renzi, senatore Iv, Stampa, 1.10). Meglio gli autogrill.

Trova le differenze. “Se noi organizzassimo tre giorni di spallata, di blocco totale, tre giorni durante i quali fermiamo l’Italia per mandare a casa questo governo, voi ci date una mano? Tre giorni in cui la gente per bene si ferma. Noi ci metteremo in prima fila cercando di bloccare l’Italia che sta andando a fondo. Blocchiamo tutto, fermiamo tutto. Alzi la mano chi si prenota per questi tre giorni. Se voi ci siete, io ci sono” (Matteo Salvini, leader Lega Nord, 15.8.2015). “Questo sciopero è illegittimo. Chi partecipa rischia sanzioni personali”. Lo organizza Landini? Lo paghi Landini. Non sono scioperanti, sono delinquenti. Sapremo come comportarci (Salvini, 4.10.2025). Come passa il tempo.

Indovinate chi ha stato. “L’epidemia mediatica da Global Sumud Flotilla è solo italiana. C’entra il flusso di propaganda russo?” (Maurizio Crippa, Foglio, 2.10). “Così Russia e Cina fomentano l’odio pro-Pal” (Libero, 3.10). Massì, dài, era così evidente: ha stato Putin!

Agenzia Stica**i. “Casini ‘apostolo della tagliatella’ alla buvette del Senato: ‘Lì si mangia benino e promuovo un simbolo di Bologna, la città più bella d’Italia’. Il prossimo 7 ottobre. organizzerà una degustazione: ‘Entrerà nel menu, nessun costo aggiuntivo’”. “La Leopolda scommette sul ‘fattore’ Salis. C’è chi la sogna candidata premier, ma lei frena. Il tour della sindaca di Genova, con sveglia alle 4.30: prima da Avs a Roma con Fratoianni e Bonelli, poi a Firenze da Renzi (ma senza foto con l’ex premier)” (Corriere.it, 5.10). Stavamo giusto in pensiero.

Ursulexit. “Von der Leyen: ‘I nostri talenti devono restare in Europa’” (Stampa, 4.10). Quindi lei espatria.

Deficienza artificiale. “Il Fatto doppiopesista. Con la mafia lo Stato deve combattere fino all’ultimo sangue. Con Putin, meglio non provocare” (Foglio AI, 23.9). A parte il fatto che la Russia è lo Stato più grande del mondo con 6mila testate nucleari mentre Cosa Nostra è un’associazione criminale interna allo Stato italiano e alcuni altri dettagliucci, anche l’Intelligenza Artificiale quando sta sul Foglio diventa cretina.

Pina Fantozzi. “In queste ore è ripartita, con la solita violenza e prevedibilità, una nuova macchina del fango nei miei confronti. La conosciamo bene: piccoli influencer imboccati a comando da chat e circoletti, accompagnati da Travaglio, Scanzi e Di Battista, che si muovono con un corollario di mistificazioni e falsità. Sono abituata, e anche se non è mai piacevole, rientra nella categoria delle meschinità che il nostro tempo ci mette davanti. Come sempre, se ne occuperanno i miei legali” (Pina Picierno, eurodeputata Pd, 4.10). Brrrr, stiamo già tremando.

Per il vostro bene. “Il risultato elettorale sarà uno stimolo per dare ancora di più a questo territorio con la rappresentanza europea. Portando a Bruxelles le vertenze delle Marche” (Matteo Ricci, Pd, dopo la sconfitta alle Regionali, 4.10). Sono soddisfazioni.

Magari. “Stoltenberg: ‘Quel giorno in cui temetti che la Nato sotto il mio comando sarebbe finita’” (Repubblica, 1.10). Peccato, un’altra occasione mancata.

Leo Flaiano. “L’aforisma di Flaiano ‘i premi è meglio non meritarli’ racchiude in un’abbagliante e paradossale frasetta il contrasto tra l’artista e il mondo” (Francesco Merlo, Repubblica, 1.10). Ma soprattutto è di Longanesi.

Il titolo della settimana/1. “Meteo Milano e Lombardia, ondata di freddo dalla Russia” (Giorno, 29.9). La guerra ibrida di Putin non cessa più di stupire.

Il titolo della settimana/2. “Droni, intelligence, grano. Le armi di Kyiv contro i russi nel Sahel” (Foglio, 30.9). A quando un vertice Nato contro gli sconfinamenti ibridi ucraini?

Il titolo della settimana/3. “Putin, Xi e il sogno dell’immortalità” (Sette-Corriere della sera, 3.10). Ma Putin non era morto?

Il titolo della settimana/3. “La saldatura sinistra-maranza è un pericolo” (Verità, 5.10). Uahahahahah.

Il titolo della settimana/4. “I giudici stanno col demonio, esorcisti furiosi” (Verità, 9.9). Poi dice che uno vuole separare le carriere.

Il titolo della settimana/5. “Renzi difende Schlein” (Repubblica, 1.10). Per dire come sta messa.

Il titolo della settimana/6. “Conte minaccia Israele” (Libero, 29.9). Pochette contro atomica.

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