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Dino

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AMICI MIEI

Editoriale di Marco Travaglio

21 agosto 2025

Se fossi ucraino, sarei terrorizzato dagli amici dell’Ucraina. Tipo gli amorevoli europei che in 1275 giorni di invasione non le hanno mai dato un solo soldato, però giurano solennemente che gliene daranno centinaia di migliaia, forse milioni, se e quando eventualmente venisse di nuovo invasa. Tanto, ove mai accadesse, l’ingrato compito di morire per Kiev non toccherebbe a loro, che non sanno se arrivano a Natale, ma a chi verrà dopo. Il quale naturalmente direbbe: “Mai promesso nulla. Mai conosciuto Macron, Starmer, Merz, Tusk e quell’altra, come si chiama? Ah, sì, Kallas”. Quindi, quando ci promettono “garanzie di sicurezza”, penso: ma se non ce le avete date in 42 mesi di invasione, perché mai dovremmo credere che ce le darete in caso di eventuali invasioni future?

Poi andrei a leggermi il famoso articolo 5 del Trattato Atlantico, quello che i famosi amici – da un’idea della Meloni – vorrebbero estendere a Kiev lasciandola fuori dalla Nato. E scoprirei che, in caso di aggressione a un membro della Nato, ciascuno degli altri lo “assisterà” con “l’azione che giudicherà necessaria, compreso l’uso della forza armata”. Già oggi nessuno è obbligato a entrare in guerra col membro aggredito: figurarsi domani con un non membro. E poi, in teoria, tutti i Paesi del mondo rischiano di essere attaccati: perché l’art. 5 della Nato senza la Nato dovrebbe spettare solo a noi?

Mi domanderei perché mai la Russia, se le riconoscessimo le regioni occupate, dovrebbe ritirarsi oggi per tornare a invaderci domani. E mi verrebbe in mente che, se i filorussi passassero sotto Mosca e non votassero più in Ucraina, il nostro elettorato diverrebbe in maggioranza nazionalista e antirusso. E potremmo ritrovarci al governo i fascio-nazisti dell’Azov o di Pravyj Sektor. Cioè potremmo essere noi ad attaccare la Russia, con qualche bravata dannunziana tipo l’attentato ai gasdotti North Stream o l’invasione a Kursk. A quel punto l’aggressore saremmo noi e le garanzie di sicurezza spetterebbero ai russi.

Così mi ripasserei la storia recente. E scoprirei che i nostri “amici” per vent’anni ci hanno indotti a renderci inaffidabili ai russi e a metterci nel loro mirino violando tutti i patti: l’impegno del 1991 alla neutralità con l’annuncio di adesione alla Nato (ora passata in cavalleria), due golpe contro il presidente neutralista Janukovich e – dopo il secondo – l’attacco militare al Donbass ribelle; gli accordi di Minsk 2014-’15 per l’autonomia e il cessate il fuoco in Donbass con 8 anni di guerra civile; e, nel marzo 2022, il ritiro dal negoziato di Istanbul a pochi passi dall’accordo con la Russia.

Con questi amici, quasi quasi rivaluterei i nemici. Che sono feroci, spietati e pure stro**i, ma almeno sono gente seria. E i loro amici li garantiscono fin troppo.

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Dino

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LA SERPE IN SENO

Editoriale di Marco Travaglio

22 agosto 2025

Chissà se l’arresto del terrorista di Stato ucraino per l’attentato ai gasdotti Nord Stream sveglierà l’Europa sul suo peggiore pericolo. Che non viene da Mosca, ma da Kiev: è il nazionalismo ucraino, con punte di fascismo e nazismo, che la Nato alleva, foraggia e arma dal 2014. Una serpe in seno che rovesciò Yanukovich e ricattò Poroshenko e Zelensky per impedire che attuassero gli accordi di Minsk su tregua e autonomia in Donbass. E – ora che si parla di pace – ci espone a minacce mortali con i suoi colpi di coda. I gasdotti russo-tedeschi Nord Stream 1 e 2 li avviano Putin e Schröder per portare il gas in Europa: costati 21 miliardi di dollari alla russa Gazprom in società con due compagnie tedesche, una francese, una austriaca e l’anglo-olandese Shell, inaugurati nel 2011 da Merkel e Medvedev, sono da sempre osteggiati da Usa, Kiev e Stati baltici. Il 7.2.22 Biden minaccia: “Se la Russia invade l’Ucraina prometto che non ci sarà più un Nord Stream 2. Vi porremo fine”. Detto, fatto. Il 26.9.22 quattro esplosioni sottomarine al largo di Svezia e Danimarca fanno saltare tre condotte dei gasdotti su quatro. Il prezzo del gas va alle stelle. Usa e Ucraina accusano Putin di essersi sabotato da solo. Ma l’ex ministro degli Esteri polacco Sikorski twitta: “Thank you Usa”. Victoria Nuland, vicesegretaria di Stato Usa, esulta: “Sono molto soddisfatta, il gasdotto è un rottame in fondo al mare”. Il Pulitzer Seymour Hersh accusa Cia e Casa Bianca. La Procura tedesca individua sette sommozzatori delle forze speciali ucraine agli ordini del generale Zaluzhny, che usarono uno yacht noleggiato da un’azienda polacca per piazzare sul fondale un quintale di tritolo. Il 14.8.24 i giudici tedeschi spiccano un mandato di cattura per Volodymyr Zhuravlov: l’ucraino si era rifugiato in Polonia ed è appena fuggito in Ucraina sull’auto diplomatica della sua ambasciata. Varsavia è accusata di sabotare le indagini per coprire la sua complicità. Ma Berlino precisa che “nulla cambia nel sostegno a Kiev”: continuerà ad armare e a finanziare i mandanti del più grave attentato da decenni a un’infrastruttura europea.

Un giorno forse sapremo se Zelensky sapesse o se i suoi militari e 007 l’avessero tenuto all’oscuro. Il che sarebbe pure peggio: confermerebbe che sono fuori controllo. Se finirà la guerra, l’Ucraina avrà un governo ancor più nazionalista (senza più gli elettori del Donbass filorusso) e l’esercito più grande e armato d’Europa. Se qualche testa calda ostile alla pace provocasse la Russia con un altro attentato per scatenarne la reazione, una Ue legata a Kiev da patti tipo articolo 5 Nato (o peggio) dovrebbe intervenire. E ci ritroveremmo da un giorno all’altro nella terza guerra mondiale. Pensiamoci, finché siamo in tempo.

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L’AMICO TERRORISTA

Editoriale di Marco Travaglio

23 agosto 2025

Che ingenui: speravamo che l’arresto in Italia dell’agente ucraino, ricercato dai giudici tedeschi per il più grave attentato degli ultimi decenni a un’infrastruttura strategica europea (i gasdotti Nord Stream), aprisse gli occhi a qualcuno sul terrorismo di Stato made in Kiev. Tantopiù che per la magistratura italiana è un “terrorista” e i pm di Genova lo sospettano pure per l’attacco a una delle quattro petroliere sabotate di recente in acque italiane. Invece niente. Silenzio di tomba da Ue, Nato, governo, Quirinale, politici, esternatori e twittatori compulsivi su ogni stormir di fronda dal fronte ucraino. Volete mettere il “contenitore per le feci” che Putin avrebbe portato in Alaska per nasconderci le sue 70-80 malattie mortali? Quella sì che è una notizia, mica il fatto che il regime ucraino, come profetizzato da Biden, fece saltare il gasdotto più lungo del mondo che forniva il gas russo all’Europa. Cioè decise con un atto terroristico la politica energetica dell’Ue, fece schizzare prezzi e bollette e ci costrinse a spendere il quadruplo col gas Usa. E le vittime dell’atto di guerra, per punire l’Ucraina, continuano a riempirla di soldi e di armi perché “combatte per noi” (figurarsi se combattesse contro). E a invitarla a entrare in Europa (non più via mare, si spera).

La stampa di regime tiene bassa la notizia, come se il capitano Kuznietsov, capo di un’unità d’élite ingaggiato dai Servizi ucraini con altri sei per l’Operazione Diametro contro i gasdotti, avesse fatto tutto di testa sua e si fosse arruolato da solo. E come se un anno fa il governo polacco non avesse ospitato e poi fatto fuggire sull’auto diplomatica dell’ambasciata di Kiev un altro terrorista ucraino ricercato, Zhuravlov, ora ben protetto nel suo Paese dal mandato di cattura tedesco. Nell’imbarazzante e imbarazzato silenzio generale, il ministro della Giustizia tedesco Hubig, che dovrebbe pretendere da Roma e Kiev l’estradizione dei due fuggiaschi, comunica: “Restiamo fermamente dalla parte dell’Ucraina, ma siamo anche uno Stato di diritto che indaga i crimini fino in fondo” (manca poco che aggiunga “purtroppo”). Ma certo, in fondo l’Ucraina ci ha solo chiuso il rubinetto del gas a suon di bombe e ci manda solo i suoi spioni a farci gli attentati in casa, che sarà mai. Immaginate se – come sostennero comicamente Usa e Ue – i gasdotti li avessero distrutti i russi. Ora i governi e la stampa al seguito sarebbero in assetto di guerra (più di quanto già non siano) per sanzionare e bombardare il nemico che ha attaccato un socio della Nato. Invece tutti zitti, sennò dovrebbero dichiarare guerra all’amico, cioè all’unico Paese che finora ha attaccato l’Ue: l’Ucraina. Chi invoca l’articolo 5 Nato e le altre garanzie di sicurezza per difendere Kiev dovrebbe invocarli per difenderci da Kiev.

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