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Inserito il - 21/08/2025 : 05:59:09
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AMICI MIEI
Editoriale di Marco Travaglio
21 agosto 2025 Se fossi ucraino, sarei terrorizzato dagli amici dell’Ucraina. Tipo gli amorevoli europei che in 1275 giorni di invasione non le hanno mai dato un solo soldato, però giurano solennemente che gliene daranno centinaia di migliaia, forse milioni, se e quando eventualmente venisse di nuovo invasa. Tanto, ove mai accadesse, l’ingrato compito di morire per Kiev non toccherebbe a loro, che non sanno se arrivano a Natale, ma a chi verrà dopo. Il quale naturalmente direbbe: “Mai promesso nulla. Mai conosciuto Macron, Starmer, Merz, Tusk e quell’altra, come si chiama? Ah, sì, Kallas”. Quindi, quando ci promettono “garanzie di sicurezza”, penso: ma se non ce le avete date in 42 mesi di invasione, perché mai dovremmo credere che ce le darete in caso di eventuali invasioni future?
Poi andrei a leggermi il famoso articolo 5 del Trattato Atlantico, quello che i famosi amici – da un’idea della Meloni – vorrebbero estendere a Kiev lasciandola fuori dalla Nato. E scoprirei che, in caso di aggressione a un membro della Nato, ciascuno degli altri lo “assisterà” con “l’azione che giudicherà necessaria, compreso l’uso della forza armata”. Già oggi nessuno è obbligato a entrare in guerra col membro aggredito: figurarsi domani con un non membro. E poi, in teoria, tutti i Paesi del mondo rischiano di essere attaccati: perché l’art. 5 della Nato senza la Nato dovrebbe spettare solo a noi?
Mi domanderei perché mai la Russia, se le riconoscessimo le regioni occupate, dovrebbe ritirarsi oggi per tornare a invaderci domani. E mi verrebbe in mente che, se i filorussi passassero sotto Mosca e non votassero più in Ucraina, il nostro elettorato diverrebbe in maggioranza nazionalista e antirusso. E potremmo ritrovarci al governo i fascio-nazisti dell’Azov o di Pravyj Sektor. Cioè potremmo essere noi ad attaccare la Russia, con qualche bravata dannunziana tipo l’attentato ai gasdotti North Stream o l’invasione a Kursk. A quel punto l’aggressore saremmo noi e le garanzie di sicurezza spetterebbero ai russi.
Così mi ripasserei la storia recente. E scoprirei che i nostri “amici” per vent’anni ci hanno indotti a renderci inaffidabili ai russi e a metterci nel loro mirino violando tutti i patti: l’impegno del 1991 alla neutralità con l’annuncio di adesione alla Nato (ora passata in cavalleria), due golpe contro il presidente neutralista Janukovich e – dopo il secondo – l’attacco militare al Donbass ribelle; gli accordi di Minsk 2014-’15 per l’autonomia e il cessate il fuoco in Donbass con 8 anni di guerra civile; e, nel marzo 2022, il ritiro dal negoziato di Istanbul a pochi passi dall’accordo con la Russia.
Con questi amici, quasi quasi rivaluterei i nemici. Che sono feroci, spietati e pure stro**i, ma almeno sono gente seria. E i loro amici li garantiscono fin troppo.
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Inserito il - 22/08/2025 : 06:06:08
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LA SERPE IN SENO
Editoriale di Marco Travaglio
22 agosto 2025
Chissà se l’arresto del terrorista di Stato ucraino per l’attentato ai gasdotti Nord Stream sveglierà l’Europa sul suo peggiore pericolo. Che non viene da Mosca, ma da Kiev: è il nazionalismo ucraino, con punte di fascismo e nazismo, che la Nato alleva, foraggia e arma dal 2014. Una serpe in seno che rovesciò Yanukovich e ricattò Poroshenko e Zelensky per impedire che attuassero gli accordi di Minsk su tregua e autonomia in Donbass. E – ora che si parla di pace – ci espone a minacce mortali con i suoi colpi di coda. I gasdotti russo-tedeschi Nord Stream 1 e 2 li avviano Putin e Schröder per portare il gas in Europa: costati 21 miliardi di dollari alla russa Gazprom in società con due compagnie tedesche, una francese, una austriaca e l’anglo-olandese Shell, inaugurati nel 2011 da Merkel e Medvedev, sono da sempre osteggiati da Usa, Kiev e Stati baltici. Il 7.2.22 Biden minaccia: “Se la Russia invade l’Ucraina prometto che non ci sarà più un Nord Stream 2. Vi porremo fine”. Detto, fatto. Il 26.9.22 quattro esplosioni sottomarine al largo di Svezia e Danimarca fanno saltare tre condotte dei gasdotti su quatro. Il prezzo del gas va alle stelle. Usa e Ucraina accusano Putin di essersi sabotato da solo. Ma l’ex ministro degli Esteri polacco Sikorski twitta: “Thank you Usa”. Victoria Nuland, vicesegretaria di Stato Usa, esulta: “Sono molto soddisfatta, il gasdotto è un rottame in fondo al mare”. Il Pulitzer Seymour Hersh accusa Cia e Casa Bianca. La Procura tedesca individua sette sommozzatori delle forze speciali ucraine agli ordini del generale Zaluzhny, che usarono uno yacht noleggiato da un’azienda polacca per piazzare sul fondale un quintale di tritolo. Il 14.8.24 i giudici tedeschi spiccano un mandato di cattura per Volodymyr Zhuravlov: l’ucraino si era rifugiato in Polonia ed è appena fuggito in Ucraina sull’auto diplomatica della sua ambasciata. Varsavia è accusata di sabotare le indagini per coprire la sua complicità. Ma Berlino precisa che “nulla cambia nel sostegno a Kiev”: continuerà ad armare e a finanziare i mandanti del più grave attentato da decenni a un’infrastruttura europea.
Un giorno forse sapremo se Zelensky sapesse o se i suoi militari e 007 l’avessero tenuto all’oscuro. Il che sarebbe pure peggio: confermerebbe che sono fuori controllo. Se finirà la guerra, l’Ucraina avrà un governo ancor più nazionalista (senza più gli elettori del Donbass filorusso) e l’esercito più grande e armato d’Europa. Se qualche testa calda ostile alla pace provocasse la Russia con un altro attentato per scatenarne la reazione, una Ue legata a Kiev da patti tipo articolo 5 Nato (o peggio) dovrebbe intervenire. E ci ritroveremmo da un giorno all’altro nella terza guerra mondiale. Pensiamoci, finché siamo in tempo.
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Inserito il - 23/08/2025 : 05:58:12
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L’AMICO TERRORISTA
Editoriale di Marco Travaglio
23 agosto 2025
Che ingenui: speravamo che l’arresto in Italia dell’agente ucraino, ricercato dai giudici tedeschi per il più grave attentato degli ultimi decenni a un’infrastruttura strategica europea (i gasdotti Nord Stream), aprisse gli occhi a qualcuno sul terrorismo di Stato made in Kiev. Tantopiù che per la magistratura italiana è un “terrorista” e i pm di Genova lo sospettano pure per l’attacco a una delle quattro petroliere sabotate di recente in acque italiane. Invece niente. Silenzio di tomba da Ue, Nato, governo, Quirinale, politici, esternatori e twittatori compulsivi su ogni stormir di fronda dal fronte ucraino. Volete mettere il “contenitore per le feci” che Putin avrebbe portato in Alaska per nasconderci le sue 70-80 malattie mortali? Quella sì che è una notizia, mica il fatto che il regime ucraino, come profetizzato da Biden, fece saltare il gasdotto più lungo del mondo che forniva il gas russo all’Europa. Cioè decise con un atto terroristico la politica energetica dell’Ue, fece schizzare prezzi e bollette e ci costrinse a spendere il quadruplo col gas Usa. E le vittime dell’atto di guerra, per punire l’Ucraina, continuano a riempirla di soldi e di armi perché “combatte per noi” (figurarsi se combattesse contro). E a invitarla a entrare in Europa (non più via mare, si spera).
La stampa di regime tiene bassa la notizia, come se il capitano Kuznietsov, capo di un’unità d’élite ingaggiato dai Servizi ucraini con altri sei per l’Operazione Diametro contro i gasdotti, avesse fatto tutto di testa sua e si fosse arruolato da solo. E come se un anno fa il governo polacco non avesse ospitato e poi fatto fuggire sull’auto diplomatica dell’ambasciata di Kiev un altro terrorista ucraino ricercato, Zhuravlov, ora ben protetto nel suo Paese dal mandato di cattura tedesco. Nell’imbarazzante e imbarazzato silenzio generale, il ministro della Giustizia tedesco Hubig, che dovrebbe pretendere da Roma e Kiev l’estradizione dei due fuggiaschi, comunica: “Restiamo fermamente dalla parte dell’Ucraina, ma siamo anche uno Stato di diritto che indaga i crimini fino in fondo” (manca poco che aggiunga “purtroppo”). Ma certo, in fondo l’Ucraina ci ha solo chiuso il rubinetto del gas a suon di bombe e ci manda solo i suoi spioni a farci gli attentati in casa, che sarà mai. Immaginate se – come sostennero comicamente Usa e Ue – i gasdotti li avessero distrutti i russi. Ora i governi e la stampa al seguito sarebbero in assetto di guerra (più di quanto già non siano) per sanzionare e bombardare il nemico che ha attaccato un socio della Nato. Invece tutti zitti, sennò dovrebbero dichiarare guerra all’amico, cioè all’unico Paese che finora ha attaccato l’Ue: l’Ucraina. Chi invoca l’articolo 5 Nato e le altre garanzie di sicurezza per difendere Kiev dovrebbe invocarli per difenderci da Kiev.
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IL FALLITO DI SUCCESSO
Editoriale di Marco Travaglio
24 agosto 2025
Non che le standing ovation al Meeting di Rimini facciano testo: se avessero avuto una puntina di potere, ne sarebbero usciti in trionfo anche il canaro della Magliana e la saponificatrice di Correggio. Però questo Draghi è proprio nato con la camicia. Da tre anni passa la vita a pentirsi di tutto ciò che ha detto e fatto nei 75 precedenti, eppure continuano tutti a pendere dalle sue labbra come se fosse la Pizia di Delfi. E a rimpiangere la sua mitica Agenda, peraltro mai rinvenuta dagli archeologi e dagli speleologi addetti alle ricerche, ma già demolita dal suo stesso autore. Dopo aver smontato il neoliberismo, di cui fu il massimo alfiere nazionale, e il rigore di bilancio che ha impoverito gli europei e depresso salari e consumi rendendoci dipendenti dall’export, tant’è che adesso vuole “potenziare la domanda interna” (con quali soldi?) e “il debito comune” (ma solo quello “buono”, per comprare armi), Draghi si è pentito persino della sua tesi di laurea in cui sbertulava la moneta unica europea: in pratica non ne azzecca una fin dalla più tenera età. Poi ha fatto a pezzi l’Ue, “rassegnata ai dazi” di Trump e “spettatrice” sulle guerre, come se non ne fosse uno dei più ascoltati consulenti, ma uno sfegatato sovranista. E come se nel 2021-22, da premier, non avesse contribuito ad asservirci agli Usa. Forse che farsi dettare la politica estera da Rimbambiden fino a violare l’articolo 11 della Costituzione è cosa buona e giusta, mentre se arriva Trump non più? Resta da capire cos’abbia fatto Draghi da Premier dei Migliori sulla guerra in Ucraina, a parte spiegarci che dovevamo scegliere tra la pace e il condizionatore acceso, proporre in tutti i summit il price cap sul gas (sempre respinto con perdite) e dichiarare testualmente il 6.6.2022: “Non c’è alternativa per gli Usa, l’Europa e i loro alleati se non garantire che l’Ucraina vinca questa guerra: accettare una vittoria russa o un pareggio confuso indebolirebbe fatalmente altri Stati confinanti e manderebbe un messaggio agli autocrati che l’Ue è pronta a scendere a compromessi. Vincere questa guerra per l’Europa significa avere una pace stabile”. Purtroppo gli diedero ascolto: infatti la guerra è persa e la pace stabile non è arrivata perché tutti, lui compreso, l’hanno sempre sabotata.
Qualche tempo fa Carlo Calenda, un Draghi che non ce l’ha fatta, confessò: “Ho sostenuto per 30 anni le cazzate dei neoliberisti”. Poi iniziò a scusarsi per tutte le altre, tipo quella di aver imbarcato Renzi. Ma tutti i media hanno continuato ad auscultarlo come un oracolo, senza pensare che ciò che dice oggi lo rinnegherà domani col capo cosparso di cenere. È la demeritocrazia italiota: più fallisci e più piaci. Come dimostra lo strano caso di Mario Draghi, un Calenda che ce l’ha fatta.
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MA MI FACCIA IL PIACERE
Editoriale di Marco Travaglio
25 agosto 2025
L’elisir. “L’Europa allunga la vita a Zelensky” (Stampa, 19.8). E la accorcia a tutti gli altri ucraini.
Draghi sferza forte. “Rimini, Draghi sferza l’Europa” (Repubblica, 23.8). “La sferzata di Draghi alla Ue” (Corriere della sera, 23.8). “I danni in Romagna. Le sferzate di grandine e pioggia e gli allagamenti” (Repubblica, 24.8). Mai ‘na gioia.
Gita fuori porta. “Ucraina, dieci Paesi europei pronti a inviare militari. ‘Ma non andranno al fronte’” (Stampa, 21.8). Solo passeggiate e pic-nic.
Tutti d’accordo. “Tajani: “Sull’Ucraina consenso unanime sulla linea italiana’” (Giornale, 19.8). Tutti unanimi nel non aver capito quale c***o sia.
Agenzia Stica**i. “Le radici bergamasche del sacerdote che ha celebrato i funerali di Pippo Baudo” (Corriere della sera, 22.8). Io ci farei una bella inchiesta.
Furbini. “Quest’anno le vendite di camion russi in Russia sono giù del 50%, mentre i camion cinesi hanno catturato quasi il 70% del mercato” (Federico Fubini, Corriere della sera, 21.8). Infatti i soldati russi avanzano a bordo di motorini e a dorso di mulo: è fatta, abbiamo vinto.
Costi-benefici. “Gli aspetti economici positivi per l’Ue del sostegno condiviso a Kiev” (Oscar Giannino, Foglio, 20.8). Gli americani ci vedono le armi e noi, dopo averle pagate, le regaliamo a Kiev: chi è più fortunato di noi?
Chiagni e Foti. “Il ministro Foti: ‘Esercito illimitato per l’Ucraina’” (Foglio, 20.8). Parte subito lui con tutta la famiglia.
Carletto Mezzolitro. “Nella giustizia umana non ho molta fiducia” (Carlo Nordio, ministro FdI della Giustizia, Corriere della sera, 21.8). Forse crede di essere ancora magistrato.
L’Occidente democratico. “Accettare una pace in cambio della terra, affinché non ne sia rapinata dell’altra, è la legittimazione del crimine come metodo di relazione fra gli Stati… Questa caricatura di pace trumpian-putiniana prevede non soltanto la reda dell’Ucraina, ma dell’intero Occidente democratico” (Mattia Feltri, Stampa, 21.8). Ma quale, quello che rapinò il Kosovo alla Serbia?
Permesso? “A Milano la politica smetta di chiedere il permesso alle toghe” (Tiziana Maiolo, Dubbio, 21.8). O, in subordine, smetta di violare le leggi.
La parola all’esperto/1. “Formigoni: ‘L’inchiesta di Milano? Non vedo reati’” (Stampa, 22.8). Lo consultano come intenditore.
La parola all’esperto/2. “In Liguria abbiamo fatto una rivoluzione liberale e portato una ventata di novità. Ho copiato un po’ da Berlusconi, un po’ da Blair e un po’ da Renzi” (Giovanni Toti, Sette-Corriere della sera, 22.8). Si stenta a credere che poi sia finito dentro.
Senza vergogna. “Hamas amministra il territorio in modo tirannico, ma in qualche modo interpreta la frustrazione di gente che vive nella miseria più totale”, “Respingo tutto il razzismo, compreso l’antisemitismo: una minaccia globale”, “Nessun crimine giustifica mai un altro crimine. Non esiste alcuna giustificazione per i terribili attacchi del 7 ottobre. Ho condannato fermamente e coerentemente questi attacchi atroci come crimini di guerra, che non possono essere giustificati in alcun modo” (Francesca Albanese, relatrice Onu sui territori palestinesi occupati, Ansa, 11.10.23, 11.2 e 15.2.24). “Albanese soffre di strabismo. Vede i misfatti di Netanyahu e dei coloni (che non mancano) senza riuscire, in tre anni di missione, a coglierne alcuno fra i miliziani di Hamas o fra certi docenti dell’Unrwa maestri di antisemitismo” (Goffredo Buccini, Corriere della sera, 22.8). Vergogniamoci per lui.
L’eroico patriota. “Sabotaggio al gasdotto, l’ex 007 ucraino resta in carcere e respinge le accuse. Il gesto patriottico del tridente mostrato con le dita ai cronisti” (Corriere della sera, 23.8). “Nel paese dei bagnini dove arrestano gli eroi… Kuznietsov… un eroe: speriamo che in Germania gli diano un premio, almeno. Di diritto” (Maurizio Crippa, Foglio, 22.8). L’eroico e patriottico terrorista ucraino ci ha fatto saltare i gasdotti, quindi merita una medaglia, povera stella.
Il titolo della settimana/1. “Chiara Valerio: ‘Casa mia è dove acqua fredda e calda sono invertite’” (Tuttolibri-Stampa, 9.8). Ma che gli hai fatto, all’idraulico?
Il titolo della settimana/2. “La vittoria politica di Europa e Kiev non si misura in metri quadri” (rag. Claudio Cerasa, Foglio, 19.8). Infatti hanno perso 125 mila chilometri quadri.
Il titolo della settimana/3. “Abolito l’abuso d’ufficio, gli ex accusati abbiano diritto a una vera riabilitazione” (Dubbio, 19.8). Aboliamo pure l’omicidio e riabilitiamo gli assassini.
Il titolo della settimana/4. “I pm: ‘Catella trattava Sala come fosse suo dipendente’” (Repubblica, 21.8). Perché, che cos’è?
Il titolo della settimana/5. “Per capire Putin e l’amico Trump, leggere Dostoevskij” (Foglio, 22.8). Noto trumputiniano ante litteram.
I titoli della settimana/6. “L’Anm arruola Gratteri. Sarà lui il frontman per il no alla separazione delle carriere” (Dubbio, 22.8). “Gratteri, campagna mediatica permanente” (Foglio, 23.8). Paura eh?
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ASPETTANDO GADOT
Editoriale di Marco Travaglio
26 agosto 2025
Di questo passo l’Italia vincerà il Nobel per la Censura. E pure l’Oscar, trattandosi di cinema. Gli attori Gerard Butler, scozzese, e Gal Gadot, israeliana, diserteranno Venezia dopo che il collettivo di artisti Venice4Palestine ha chiesto di ostracizzarli perché “sostengono ideologicamente e materialmente la condotta politica e militare di Israele”. Ora, è comprensibile il senso di impotenza che attanaglia tutti sul massacro impunito di Gaza. Ed è giusto chiedere spazi alla Biennale per condannare Israele e solidarizzare con i palestinesi. Ma additare colleghi come nemici da cacciare per le loro idee, fossero anche le più aberranti, è illiberale. Valeva per Gergiev e tutti gli artisti, atleti e intellettuali russi discriminati a causa del loro governo. Vale per Woody Allen collegato col Festival di Mosca e scomunicato da Kiev. E vale per Butler e Gadot. Lei è la nipote di un superstite di Auschwitz che perse l’intera famiglia e si rifugiò in Israele, dove è nata e ha prestato il servizio militare obbligatorio. Choccata dal 7 ottobre, solidarizzò col suo Paese e si batté per gli ostaggi, incontrandone i parenti molto critici con Bibi. Nel 2019, popolarissima per Wonder Woman , aveva attaccato Netanyahu in campagna elettorale: “Quando diavolo sentiremo un membro del governo dire davanti alle telecamere che Israele è il Paese di tutti i suoi cittadini, inclusi gli arabi? Siamo tutti uguali, anche gli arabi sono esseri umani”.
Butler invece partecipò a raccolte-fondi per i soldati israeliani con altre star di Hollywood, da Schwarzenegger a De Niro a Larry King, nel 2016 e nel ’18: che colpa può avere in uno sterminio iniziato 7 e 5 anni dopo? E, posto che Butler e Gadot non hanno ucciso o torto un capello ad alcuno, che c’entrano i loro pensieri, parole e omissioni con una rassegna di cinema? Niente: come il putinismo di Gergiev invitato e disinvitato a Caserta non per un comizio su Kiev, ma per un concerto. Perché mai i due attori non dovrebbero sfilare sul red carpet per presentare un film sulla Divina Commedia girato in Italia, con le altre star del cast, da Scorsese a Pacino? E se fosse invitato De Niro, qualcuno gli urlerebbe di starsene a casa perché 9 anni fa era alla raccolta-fondi con Butler? Netanyahu teme sanzioni economiche ed embarghi sulle armi. Se Butler e Gadot non vanno a Venezia se ne frega. Anzi, siccome la Gadot aveva osato criticarlo, ne sarà felice. Nel 2022, appena l’Ucraina fu invasa, il Festival della fotografia europea di Reggio Emilia rispedì indietro Alexander Gronsky, celebre fotografo russo, dunque certamente putiniano. Quello rientrò a Mosca, manifestò in piazza contro la guerra di Putin e fu arrestato dalla polizia di Putin. Cose che capitano quando si confonde un popolo col suo governo.
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QUANTI BEI DEMOCRATICI
Editoriale di Marco Travaglio
27 agosto 2025
Che il Dio in cui non crede ci conservi Woody Allen. In poche e disarmanti parole, il grande umorista-attore-regista spiega perché ha accettato di collegarsi con l’International Film Week di Mosca, scatenando le solite reazioni isteriche del regime ucraino e dei suoi servi sciocchi: “Sulla guerra in Ucraina credo che Putin abbia totalmente torto. La guerra che ha causato è tremenda. Ma, qualunque cosa abbiano fatto i politici, interrompere il dibattito artistico e culturale non è mai un buon modo di aiutare”. Lo spartiacque fra civiltà liberale e illiberale è tutto qui. E il fatto che l’Ucraina continui a cancellare la cultura russa e a spingere gli alleati a bandire tutto ciò che è russo – dando pure lezioni al Papa per la Via Crucis – la dice lunga su quanto resti lontana dalla democrazia. Senza contare la ridicolaggine di un “comico” che suonava il pianoforte col pisello e insegna a vivere a un genio come Allen. Il guaio è che non solo i neofiti ucraini, ma anche l’Europa che la democrazia liberale l’ha inventata si sta scordando cosa sia: più combattiamo l’autocrazia, più le somigliamo. Basta che Woody parli di cinema al festival del cinema russo perché Repubblica lo degradi a “vecchio intellettuale nevrotico newyorkese” che ha “scelto di chiudere gli occhi sulle atrocità russe” e il Corriere a “impresentabile” come “Depardieu con accuse di molestie e cittadinanza russa” (Allen per molestie è stato assolto, ma fa niente).
La cosiddetta Ue, con grave sprezzo del ridicolo, scopre che l’ennesimo bombardamento israeliano su un ospedale e poi sui soccorsi e i cronisti è “inaccettabile”: “troppe vittime innocenti”, riesce a dire la Metsola, come se le prime 60-70 mila fossero poche o colpevoli. Ma le sanzioni a Israele stanno sempre a zero: sono tutti troppo impegnati a escogitare il 19° pacchetto contro la Russia, sempreché trovino qualcosa non ancora sanzionato. In compenso la Mostra di Venezia è inaccessibile a un attore scozzese che nel 2018 partecipò a una raccolta- fondi Usa per i soldati di Israele e a un’attrice israeliana che nel 2005 fece il servizio militare (obbligatorio), quindi sono “complici del genocidio”. Così Netanyahu impara, tiè. Mauro Berruto, deputato Pd, fa ancora meglio: vuole “escludere gli atleti israeliani da tutte le competizioni internazionali”. Non Tizio e Caio che magari han detto qualcosa di sbagliato, ma tutti (come i russi e i bielorussi cacciati dalle Olimpiadi e pure dalle Paralimpiadi). Comica finale: Gennaro Sangiuliano racconta sul Giornale il declino di Macron. Apriti cielo: Avs, Pd e Iv tuonano e fulminano in stereo con Stampa, Rep e Domani. Siccome lavora in Rai, non deve permettersi di dire che Macron è alla frutta, cioè la verità. Chiedo per un amico: ma dove siamo, in Russia?
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EHI, DITE A NOI?
Editoriale di Marco Travaglio
28 agosto 2025
“Draghi è l’idraulico che viene a riparare il sifone del lavandino rotto e sbotta: ‘Ma che c***o di lavoro le hanno fatto?’. E il lavoro lo aveva fatto lui”. Questa battuta sul web descrive alla perfezione il nuovo gioco dell’estate che ha sostituito lo yoyo e l’hula hoop: i principali responsabili del tramonto dell’Europa fanno a gara nel denunciare il tramonto dell’Europa. Draghi, ex capo della Bce e del governo italiano, traccia il solco. E tutti gli altri dietro, dalla premier Meloni agli “ex” Letta e Prodi (già presidente della Commissione Ue) alla Metsola (presidente del Parlamento Ue): sì sì, è vero, l’Europa è inutile, irrilevante, spettatrice, inerte, inetta, serva degli americani, dillo ancora, bene, bravo, bis! La domanda sorge spontanea: ma dite a noi? Sarà mica colpa nostra? E ve ne accorgete adesso? No, perché a sentirli parlare sembra che sia una cosa recente, dovuta al ritorno di Trump (e te pareva): invece prima, fino al 20 gennaio 2025, l’Ue era fortissima e utilissima. Vuoi mettere quando, anziché di Trump, era serva di Biden, Obama, Bush jr. e Clinton perché credeva di essere la Nato? Radeva al suolo Belgrado, invadeva l’Afghanistan e l’Iraq, bombardava la Libia con gli Usa per farli contenti, li lasciava liberi di destabilizzare la Georgia e l’Ucraina per provocare la Russia, sbaragliarla e smembrarla, non muoveva un dito quando sabotavano i negoziati russo-ucraini, si martellava le palle con le auto-sanzioni a Mosca e le decine di miliardi in fondi e armi a Kiev, ma allora sì che era protagonista. Poi purtroppo hanno rieletto Trump e la superpotenza europea, dalla sera alla mattina, s’è squagliata.
Dev’essere colpa di Trump se l’euro nacque senza la leva della svalutazione, diversamente da dollaro, yen e yuan; se l’Ue non ha regole tributarie comuni e i suoi soci si fanno dumping l’uno contro l’altro; se, pur di non uscire da quella gabbia di ghisa, ha stritolato la Grecia (la prossima, se farà l’errore di entrare, sarà l’Ucraina) e impoverito gli altri popoli; se si è allargata spensieratamente all’Est ex-comunista che c’entra poco o nulla con i Paesi fondatori e che ora si tenta di neutralizzare abolendo l’unanimità. E oggi naturalmente è colpa di Trump se lui tenta in ogni modo di chiudere la guerra in Ucraina, cioè in Europa, e l’Ue tenta in tutti i modi di allungarla e allargarla anziché aiutarlo. Perché non è affatto vero che l’Ue, sulla guerra in Ucraina, sia spettatore passivo. Magari lo fosse. È un sabotatore attivissimo: promettendo a Kiev soldi e armi che non ha, sta spingendo Zelensky a rivendicare sine die i territori perduti e a continuare a combattere, cioè a perderne altri. Quando gli ucraini si accorgeranno dei danni che fanno i nostri amorevoli consigli, ci bombarderanno con le nostre armi.
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GAZA, CHE FARE DOPO
Editoriale di Marco Travaglio
29 agosto 2025
Nessuno sa cosa si siano detti Trump, il cognato Kushner, il segretario di Stato Rubio, il redivivo Blair e il ministro israeliano Saar nella riunione dell’altra sera sul futuro di Gaza. Ma gli orrori quotidiani nella Striscia dovrebbero indurre tutti a sperare che un piano esista. Uno qualsiasi. Nulla può essere peggio che lasciar gestire da Israele quel fazzoletto di terra: un decimo della Val d’Aosta, popolato da 2,3 milioni di palestinesi e lastricato di macerie e cadaveri. Qualunque soluzione è meno peggiore: anche un protettorato internazionale temporaneo con Usa, sauditi, emirati e Ue: Paesi che non sterminerebbero né affamerebbero i civili. L’Autorità nazionale palestinese di Abu Mazen non ha né la forza, né la credibilità, né i capitali per farsi carico di una ricostruzione da almeno 100 miliardi di dollari. Hamas si è messa fuori gioco con la mattanza del 7 ottobre. Israele – che con Sharon nel 2005 aveva saggiamente ritirato soldati e coloni da Gaza – con Netanyahu ha superato ogni limite di disumanità e impiegherà decenni per lavarsi le mani insanguinate. Ogni alternativa all’Idf è il male minore, anche se viene da personaggi come Trump e Kushner e da politici falliti e affaristi come Blair. Per attrarre capitali occorre offrire agli investitori privati lauti guadagni. E nessuno Stato ha i mezzi per finanziare una mega-operazione di bonifica, muratura dei tunnel, sminamento e riedificazione da zero. Moralismi e ironie sul Piano Riviera lasciano il tempo che trovano: con quel clima e quella posizione, Gaza può diventare uno splendido polo turistico e un centro agricolo d’avanguardia. Come il Libano prima della guerra civile. Ma a una condizione: che i palestinesi siano parte del piano, lavorando e guadagnando prima nella ricostruzione e poi nelle nuove attività economiche. La prospettiva di una vita finalmente normale potrebbe indurli ad accettare sacrifici, spostamenti e precarietà negli anni dei cantieri, mentre ora ne hanno una sola: se sono anziani fuggire coi bambini (nessuno sa dove), se sono giovani o adulti arruolarsi in Hamas.
Un progetto esiste già: l’ha elaborato un anno fa l’economista Joseph Pelzman della George Washington University. Prima del voto di novembre Trump se lo fece inviare, poi iniziò a farlo proprio, ma con una differenza fondamentale: l’esclusione dei palestinesi, senza peraltro precisare dove dovrebbero andare, visto che nessuno li vuole e i vicini arabi tengono le frontiere sigillate. Parlarne ora, a mattanza in corso, non è prematuro: è doveroso. Infatti persino Trump si pone il problema, mentre la famosa Europa non ne fa parola. Le guerre (anche a senso unico come questa) finiscono solo quando c’è almeno una vaga idea sul dopoguerra.
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SCIOGLIETEVI E SPARITE
Editoriale di Marco Travaglio
31 agosto 2025
Si spera vivamente che il vertice dei ministri degli Esteri fallito ieri a Copenaghen secondo le migliori aspettative sia l’ultimo, prima dello scioglimento di quel carrello di molluschi bolliti che si fa chiamare Unione europea. Proseguire con l’accanimento terapeutico sarebbe non solo inutile, ma anche dannoso. Con quel che succede a Gaza e in Ucraina, qualunque persona normale avrebbe proposto soluzioni concrete e drastiche. E costretto gli altri a restare riuniti sine die, anche per un mese intero, fino a un’intesa degna della drammaticità della situazione. Sull’Ucraina si trattava di prendere atto della sconfitta sul campo e del fallimento della linea per la guerra a oltranza fino all’ultimo ucraino a suon di armi a Kiev e sanzioni a Mosca e di invertire la rotta di 180 gradi, condizionando ulteriori aiuti all’accettazione di un compromesso territoriale con la Russia che metta fine al suicidio assistito del Paese. Su Gaza si trattava di varare le prime sanzioni commerciali e il primo embargo sulle armi a Israele: roba che, se fa il solletico alla nazione più grande del mondo, può seriamente impensierirne una piccolissima ed economicamente fragile.
Invece i 27 invertebrati hanno scelto la via opposta: perseverare nelle politiche fallimentari sulla guerra russo-ucraina e voltarsi dall’altra parte sullo sterminio israeliano a Gaza, riuscendo a dividersi e a fallire persino sulla farsa delle sanzioni ai coloni violenti (non certo allo Stato di Israele). La scusa escogitata dall’imbarazzante Kallas per l’ennesimo nulla di fatto su Gaza è che purtroppo l’Ungheria si oppone alle sanzioni e blocca tutti gli altri: peccato che il cattivone Orbán si opponga anche a quelle anti-Russia, il che non ha impedito all’Ue di varare 18 pacchetti e di annunciare il 19°. Orbán è uno specchietto per le allodole per distrarre l’attenzione dall’ignavia generale e rendere l’Ue ancor più antidemocratica abolendo il voto all’unanimità. Anche la Germania è contraria alle sanzioni (Merz è quello che “Netanyahu fa il lavoro sporco per tutti noi”). E comunque nessuno impedisce agli Stati di adottarle in casa propria, autonomamente, anche se altri non sono d’accordo. Se si muovessero i Paesi maggiori – Germania, Italia, Francia, Spagna, Polonia – farebbero a Netanyahu molto più male di tutti gli altri insieme. Contro la Russia l’hanno fatto inventandosi i Volenterosi. E sullo sterminio di Gaza dove sono i Volenterosi? Perciò conviene che l’Ue si sciolga, o lasci perdere la politica estera e torni alle faccende finanziarie e agli altri passatempi dei tempi d’oro, tipo misurare piselli e cetrioli: per togliere i due classici alibi agli Stati che non fanno nulla se non danni (“Ce lo chiede l’Europa”, “L’Europa è divisa”) e costringerli a fare finalmente qualcosa di utile.
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MA MI FACCIA IL PIACERE
Editoriale di Marco Travaglio
01 settembre 2025
L’ossimoro. “Kallas, usare Fondo della Pace Ue per acquistare armi Usa” (Ansa, 29.8). Per non confonderlo col Fondo della Guerra.
Smorzacalenda. “Lo schifo. Questi sono oramai all’apologia del dittatore assassino. Vergognosi propagandisti di Putin. Spero che almeno li paghino” (Carlo Calenda, leader Azione, a proposito di Alessandro Orsini e del Fatto quotidiano, X, 26.8). Purtroppo per i pagamenti ancora niente. Nell’attesa, continuiamo a mantenere lui per sparare minchiate.
Imbecilli in carriera. “Nel Pd per fare carriera bisogna essere degli imbecilli” (Vincenzo De Luca, presidente Pd della Campania, Facebook, 23.5). “Pd, verso De Luca jr. candidato unico alla segreteria campana” (Ansa, 26.8.25). E adesso chi lo sente suo padre?
Tu sei la luce. “Trichet e Draghi: ridurre gli stipendi. Per l’Italia servono interventi drastici” (Repubblica, 29.9.2011). “Mario Draghi ha indicato l’unica via possibile per l’Europa: tornare ad essere luogo della politica e fonte di speranza… Serve uno slancio nuovo, serve la Politica. Quanta differenza tra lo spessore di Draghi e la mediocrità di chi ci governa oggi” (Matteo Renzi, leader Iv, Facebook, 22.8). Ma infatti.
Addio Monti. “Trump non è un modello. Mi preoccupa che ci stiamo avvicinando a considerare normale, se non auspicabile, il superamento dello stato di diritto” (Mario Monti, Corriere della sera, 28.8). Uno viene eletto e poi governa: dove andremo a finire, signora mia.
Nobel per la Pece. “L’opposizione batta un colpo e vada a Kiev. Schlein&C. possono dare un segno di vita in politica estera candidando Zelensky al Nobel per la Pace”, “Nobel per la Pace a Zelensky, ora” (rag. Claudio Cerasa, Foglio, 26 e 27.8). Mo’ me lo segno.
Bar Sport. “Mia madre era stata completamente plagiata dalla propaganda di Travaglio e Orsini. Oggi al bar la barista polacca l’ha resa edotta di cosa è stato davvero il comunismo e di quanto ovunque nei paesi dell’est, Putin sia odiato e visto per chi è veramente. Uno sporco dittatore” (Barbara Collevecchio, X, 26.8). La barista polacca: tutto è bene quel che finisce bene.
Scoop. “Quanto è ridicolmente spietato il dibattito sulla guerra fra Israele e Palestina” (Mattia Feltri, Stampa, 23.8). Ah, sì, c’è una guerra fra Israele e Palestina?
EuroDisney. “Bonaccini: ‘Emiliano cambi ruolo, nessuno di noi è indispensabile” (Repubblica, 26.8). C’è sempre una sdraio comoda e ben pagata al Parlamento Europeo.
Promemoria. “Da parte europea è in primo luogo necessario garantire la neutralità dell’Ucraina mettendo da parte ogni idea di renderla membro della Nato… l’Unione Europea e la Russia sono complementari come la vodka e il caviale… I danni dell’embargo siano, a causa della crisi, ancora più gravi per entrambe le parti, e che la Russia sia sostanzialmente soddisfatta di avere annesso la Crimea senza che questa annessione venga messa di fatto in discussione” (Romano Prodi, Messaggero, 19.10.2014). “Prodi: ‘Europa umiliata dal patto Usa-Russia. Putin e Trump stanno concludendo un accordo fra autoritarismi” (Repubblica, 27.8.2025). Mi sa che sono finiti sia la vodka sia il caviale.
Nani e ballerine. “Il nuovo saggio di Claudio Martelli: che la sinistra riparta dai ‘poveri cristi’” (Unità, 26.8). La sua villa sull’Appia dei tempi d’oro con i camerieri in livrea dovrebbe essere ancora in piedi.
Lingue stereofoniche. “Dove può iniziare l’europeismo pragmatico di Draghi” (Carlo Sangalli, Sole 24 ore, 26.8). “Sano pragmatismo. I corpi intermedi raccolgano l’appello di Draghi” (Carlo Sangalli, Foglio, 26.8). Come leccare un Draghi solo su due giornali contemporaneamente.
Mensola. “Metzola: ‘Gaza intollerabile’”. “Roberta Matsola definisce intollerabile la situazione a Gaza” (Sole 24 ore, 27.8). Ma come c***o si chiama, ’sta Metsola?
Motoseghino. “Terni, il giallo della motosega. Crescono i sospetti sul figlio” (Messaggero, 27.8). Ma quindi la motosega ha un figlio?
Baby killer. “Libero uno della banda che nel 2006 rapì e uccise Tommy. ‘Oggi avrebbe 21 anni’” (Libero, 31.8). Un assassino precoce: a un anno già ammazzava bambini.
La pulce con la tosse. “Dario Nardella: ‘Su dazi e riarmo il Pd darà battaglia. Il sì a von der Leyen? Non è scontato’” (Messaggero, 27.8). Brr, che paura.
Mica sono ucraine. “Problema tecnico alle montagne russe di Cinecittà World: 15 persone bloccate a 20 metri d’altezza, 4 minori” (Repubblica, 28.8). Essendo russe, ha stato Putin.
Il titolo della settimana/1. “Macron: Putin è un orco” (Repubblica, prima pagina, 30.8). Dopo tre anni e mezzo di guerra, finalmente un’analisi seria e matura della situazione.
Il titolo della settimana/2. “La Russa e lo scatto con Fedez sullo yacht: ‘Lui è molto meglio di quanto pensassi’” (Corriere della sera, 29.8). Figurarsi cosa pensava.
I titoli della settimana/3. “Zelensky non si fida di Xi” (Foglio, 25.8). “L’ultimatum di Kiev a Putin” (Tempo, 30.8). “Kiev, ultimatum a Putin” (QN, 30.8). Ora Xi e Putin dormono nel lettone.
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LA NOTTE DELLA TARANTA
Editoriale di Marco Travaglio
02 settembre 2025
Ci vorrebbe un enigmista, o uno psichiatra, per spiegare il caso Puglia. Un anno fa la destra tentò la spallata elettorale con la minaccia di commissariare per mafia il Comune di Bari, allora guidato da Decaro, senza alcun presupposto: un autogol che favorì Decaro. Poi, fra Comune e Regione, furono indagati vari trasformisti di destra che Decaro e il suo predecessore Emiliano passato in Regione avevano reclutato proprio per i motivi oggetto delle inchieste: i voti di scambio (anche comprati a 50 euro l’uno). Decaro, scaduto il secondo mandato, traslocò in Europa con 495.774 voti, il suo braccio destro Leccese andò al Comune e la destra continuò a non toccare palla. Tant’è che, ora che si vota per la Regione, non trova un candidato a perdere. Ma mai disperare, se c’è di mezzo il Pd dei buoni a nulla capaci di tutto: persino di perdere un’elezione già vinta anche se nessun altro si presentasse. Decaro, dopo un anno a Bruxelles, si candida a succedere a Emiliano. Che, dopo due mandati da presidente, si candida a consigliere regionale. Il fido capogruppo Boccia e la segretaria Schlein sono con lui.
Siccome l’appetito vien mangiando, l’ex presidente Vendola (due mandati fino a dieci anni fa) annuncia che farà lo stesso con Avs. E pazienza se è stato condannato a 3 anni e mezzo per concussione nel processo Ilva “Ambiente svenduto”, poi annullato per ripartire da zero a Potenza e lì riposare in pace per prescrizione. Processo nato dalle denunce del verde Bonelli, che plaudì alle condanne e accusò Vendola di “delegittimare la magistratura come fa la destra sul processo a Salvini”. Vendola tuonò contro i “piccoli avvoltoi che usano cinicamente la Puglia per costruire fortune elettorali” e nel 2018 fece saltare a Bonelli la candidatura alle Politiche perché “semina odio e menzogne con violenza e volgarità e vuol portare Taranto alla guerra civile”. Bonelli tornò in Parlamento nel ’22 in duo con Fratoianni, già assessore e coimputato di Vendola (accuse prescritte). E ora difende Vendola dai “veti del Pd”, che in realtà non può imporne in casa d’altri visto che non ne mette in casa propria. Così Decaro medita di restarsene a Bruxelles perché non gli levano dai piedi Emiliano&Vendola e non vuole altri galli nel pollaio: tre sistemi di potere di centrosinistra in una sola Regione sono troppi anche per un ras delle preferenze come lui. In questo stallo messicano tutto interno alla “sinistra”, sarebbe bello sapere perché la Schlein tace. Non sa cosa dire? Sostiene Emiliano per logorare Decaro nelle sue ambizioni da leader? Ha un formidabile piano B che nessuno conosce? Sia come sia, gli elettori assistono increduli a quest’infinita notte della taranta. E, sanità regionale permettendo, attendono l’arrivo dell’ambulanza.
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CYBERBUFALE IBRIDE
Editoriale di Marco Travaglio
03 settembre 2025
Problema: come convincere i popoli europei impoveriti da recessione, disoccupazione, precariato, inflazione e caro-energia, a impoverirsi vieppiù spostando altre centinaia di miliardi dal welfare al riarmo, dal burro ai cannoni? Piano A: raccontare che la Russia sta per invaderci e la Nato non ci difende più. Problema: purtroppo la gente vede susseguirsi i vertici Nato; ricorda che negli ultimi 30 anni è stata la Nato a espandersi 16 volte a Est e non la Russia a Ovest, almeno finché la Nato non iniziò a papparsi pure Kiev; sa che la Russia non ha bisogno di espandersi, essendo il Paese più vasto del pianeta, e che l’unico Stato extra-Ue ad attaccarne uno dell’Ue è stata Kiev coi gasdotti in Germania. Quindi, piano B: raccontare che con Trump non si sa mai e l’Ue deve riarmarsi almeno quanto la Russia. Problema: prima Cottarelli e ora l’Eda (Agenzia europea per la difesa) certificano che spendiamo in armi molto più della Russia (e pure della Cina). Senza avere nemici. Nel 2024 – cioè prima Rearm Eu da 800 miliardi e dell’aumento della quota Nato al 5% – la spesa militare dei Paesi Ue è stata di 343 miliardi (+19% sul 2023): un terzo in più della Russia, che a parità di potere d’acquisto ne ha spesi 234, dovendo fra l’altro finanziare una guerra e mantenere il più grande esercito e il primo arsenale nucleare del mondo. Ergo, piano C: Putin ci sta già attaccando con la “guerra ibrida”. E, siccome la fanno tutti, bisogna sfornare 2-3 cyber-attacchi russi al giorno per dimostrare che lui ne fa più degli altri.
L’ultimo domina le prime pagine dei quotidiani di ieri: “Ursula, l’aereo in tilt: la pista russa” (Corriere), “Nel mirino dei russi il jet di Von der Leyen” (Rep), “Ombre russe sul volo di VdL” (Sole 24 Ore), “Putin-Europa, il fronte dei cieli” (Stampa), “Sabotato il volo di Ursula. L’Ue: ‘Sono stati i russi’”, “La ‘Guerra fredda’ del Gps che minaccia gli aerei europei” (Messaggero), “Putin minaccia i nostri aerei” (Giornale), “VdL e il giallo dell’aereo. I sospetti dell’Ue: ‘Interferenze russe’” (Domani). Qualcuno ha verificato la notizia? Ci mancherebbe. È bastato che un portavoce della Commissione affermasse che “le autorità bulgare sospettano una palese interferenza da parte della Russia” nota per le sue “minacce e condotte ostili”. Purtroppo il ministro dell’Interno bulgaro Mitov ha subito “escluso categoricamente un attacco informatico”. Il maggior sito di tracciamenti aerei, Flightradar24, ha notato che il volo è atterrato con appena 9 minuti di ritardo e “il transponder segnalava una buona qualità del segnale Gps dal decollo all’atterraggio”. Persino Crosetto ha “qualche dubbio”. Ma la libera stampa no. Ci prendono per fessi e, se continuiamo a bere tutto senza ribellarci, hanno ragione loro.
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L’IRA FUNESTA
Editoriale di Marco Travaglio
04 settembre 2025
Leggo sul sito di Repubblica: “In Libano Israele lancia granate vicino alla missione Unifil. Ira di Crosetto: ‘Scelta, non errore’”. Ira ampiamente giustificata: ma come, noi siamo il terzo Paese fornitore di armi a Israele al mondo e Israele le usa per spararci contro? Cos’è, uno scherzo? Ora però c’è da tremare pensando a cosa porterà l’ira funesta del melìde Guido. Perché lui è buono e caro, ma quando s’incazza sono ca**i per tutti. Oggi potremmo svegliarci e scoprirci in guerra contro Israele. Metti che gli torni in mente quella simpatica filastrocca dell’aggressore e aggredito che andava di moda tre anni fa per Russia e Ucraina: qui l’aggressore dei nostri soldati in Libano è Netanyahu, quindi il Crosetto furioso potrebbe invocare il mitico articolo 5 della Nato per scatenarne i 32 eserciti contro l’Idf. Non solo. Metti che l’ira non gli sbolla e decida di girare ai palestinesi le armi destinate a Kiev (un po’ per uno non fa male a nessuno) per sostenerne l’eroica resistenza contro Netanyahu. Che basterà chiamare “orco” per ottenere l’arruolamento di Macron in un club di Volenterosi 2.0 appositamente dedicato a Gaza, con truppe, garanzie di sicurezza modello Nato, scudi aerei e satellitari anti-cyberattacchi, missili a lunga gittata per poter colpire in profondità in territorio israeliano, ’ndo cojo cojo, come in Russia. Ove mai non volesse arrivare a tanto, è scontato che il nostro fumantino ministro varerà immantinente sanzioni draconiane contro lo Stato di Israele e i suoi governanti, dal ritiro dell’ambasciatore, al blocco delle relazioni commerciali all’embargo sulle armi: 18 pacchetti di sanzioni, a occhio e croce, dovrebbero bastare. Anche per evitare che i palestinesi si facciano l’idea che la loro vita vale meno di un millesimo di quella degli occidentali. E poi, come dice sempre la Meloni, “la deterrenza innanzitutto: si vis pacem para bellum”. Quanno ce vo’, ce vo’.
A proposito di deterrenza. Il 14.10.2024 l’Agi titolò: “Attacco di Israele all’Unifil, l’ira dell’Italia. Crosetto: ‘Crimine di guerra, non è stato un errore né un incidente’”. Poi l’ira dell’Ue: “Attacco inaccettabile”. E l’ira congiunta di Francia, Italia e Spagna: “Basta attacchi all’Unifil”. Siccome a cotanta ira non seguì una cippa, il 15.10 una granata israeliana cadde sulla base italiana a Shama e fu un miracolo se non esplose ammazzando qualcuno. Voi non ci crederete, ma subito scattò l’ira di Crosetto e pure di Tajani. Che chiese “chiarimenti” al governo Netanyahu e lo ringraziò per la squisita “disponibilità”: “Mi ha garantito un’immediata inchiesta”. Nessuno ne seppe più nulla, se non che ieri Israele ha attaccato i caschi blu italiani coi droni, incurante dell’ormai proverbiale ira di Crosetto: questo Netanyahu dev’essere proprio un temerario.
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