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Dino
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UNA TREGUA ALLE SCEMENZE
Editoriale di Marco Travaglio
20 maggio 2025
Mentre continua a non dire una parola e a non far nulla neppure di simbolico su Israele e lo sterminio di palestinesi, la presunta Europa non perde occasione per intralciare il negoziato, già faticosissimo, sull’Ucraina. Il gioco sporco è così scientifico che fa di chi lo nega o un ebete o un mascalzone. Sono tre anni che, a ogni vagito di diplomazia, le maggiori cancellerie Ue & Nato rispondono con una mossa per spegnerlo sul nascere. L’unica novità positiva è che con Trump gli Usa giocano a favore della trattativa e non più contro. Per imbucarsi al tavolo a cui fortunatamente non sono invitati, i mitomani sedicenti Volenterosi con le Ursule e le Kallas s’inventano un bastone fra le ruote al giorno: la “pace giusta”, le truppe per fare non si sa cosa, la nuova Norimberga (stavolta per far processare il vincitore dai vinti), le nuove sanzioni, il riarmo da 800 miliardi contro l’invasione russa dall’Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno. E ier, mentre Trump parlava con Putin, l’ultimatum di Zelensky, Macron e Kallas a Mosca per “30 giorni di tregua incondizionata”, che non risolverebbe nulla senza rimuovere le cause della guerra. Coi russi che avanzano e gli ucraini sull’orlo del tracollo, la tregua non è un obiettivo neutro: è un’esigenza vitale di Kiev che non sa più come contenere i russi da Sumy a Kherson, su una linea di oltre mille km, con generali in rivolta, soldati che disertano e coscritti che fuggono dalla leva. Ha bisogno di rifiatare, riorganizzarsi e ricevere nuove armi dall’Europa. Solo uno sc**o cesserebbe il fuoco senz’almeno la garanzia che si interrompa il flusso di armamenti.
La tregua potrà arrivare solo se e quando le parti avranno raggiunto un compromesso almeno parziale. Non può essere una pre-condizione per trattare. Strillare “tregua o niente” serve a Zelensky e agli euro-sabotatori per gonfiare il petto con ultimatum spuntati, dimostrare che Putin è cattivo (come se qualcuno ne dubitasse) e comprare altro tempo prima della resa dei conti: il giorno in cui dovranno arrendersi alla realtà e ammettere di aver perso la guerra e sbagliato tutto. Alternative a mollare i territori perduti, che già a dicembre Zelensky ammise di non poter riconquistare, non ne esistono. A meno che non gli euro-mitomani, che non hanno i mezzi, ma gli Usa decidano di inviare le truppe: ciò che persino Biden escluse fin da prima dell’invasione russa. Purtroppo Vance avvisa che, se il negoziato fallisce, il suo Paese dirà “questa non è la nostra guerra” e smetterà di armare l’Ucraina. Che così perderà molti più territori di quelli che ora finge di voler riavere. Il piano Zelensky di oggi è il piano Putin di tre anni fa che Kiev rifiutò a Istanbul. Domani il piano Zelensky potrebbe essere il piano Putin di oggi.
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Inserito il - 21/05/2025 : 06:00:26
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NEI PANNI DEGLI ALTRI
Editoriale di Marco Travaglio
21 maggio 2025
L’unico premier europeo che non ci fa quasi mai vergognare di essere europei è lo spagnolo Pedro Sánchez: ieri ha puntato il dito contro lo spudorato doppio standard dell’Occidente sui crimini degli amici (tipo Israele) e dei nemici (tipo la Russia). Purtroppo ha scelto l’esempio sbagliato, chiedendo che Tel Aviv, come tre anni fa Mosca, venga radiata dalle kermesse artistiche e sportive internazionali e ha citato l’Eurovision. Noi pensiamo che cultura, ricerca, arte e sport debbano restare fuori da sanzioni, embarghi e boicottaggi, per non fare pagare a cittadini innocenti le colpe di chi li governa. Se Israele fosse stato escluso dall’Eurovision, a pagare sarebbe stata la cantante Yuval Raphael, 24 anni, sopravvissuta alla mattanza di Hamas del 7 ottobre 2023 fingendosi morta per otto ore sotto una catasta di cadaveri dei suoi amici. Per dire quanto possa somigliare al suo governo, da ragazza ha studiato lingua araba e teatro. Poi, dopo quell’esperienza scioccante, si è data definitivamente alla musica, mentre presta il servizio militare obbligatorio. A Lugano è stata fischiata per le colpe del suo governo, poi si è piazzata seconda. Noi all’Eurofestival avremmo voluto anche la sua omologa russa. E alle Olimpiadi e Paralimpiadi degli ultimi tre anni gli atleti russi e bielorussi. E alla Scala il grande direttore d’orchestra russo Valery Gergiev, escluso per non aver condannato il suo governo da politici regionali e comunali indecenti.
Ciò detto, Sánchez ha il merito di rompere il sudario di omertà della cosiddetta Europa sui crimini d’Israele con parole ben più nette dei pigolii degli altri governi, che cominciano a balbettare qualcosa solo ora che persino Trump li scavalca scaricando Netanyahu. Denunciare i doppi standard è il primo passo per uscire da quel suprematismo strisciante da Impero del Bene (noi) contro Impero del Male (gli altri) che affligge l’Occidente ed è la prima causa del suo tramonto e dell’odio che suscita in chiunque lo circondi. Il primo passo per iniziare a capire gli altri popoli mettendosi nei loro panni e nelle loro teste. Cosa penserà di noi un arabo, dopo averci visti tacere o cavillare o divagare per 19 mesi sui 50 mila palestinesi sterminati da Israele con le nostre armi e poi fremere di sdegno per le guerre dei nostri “nemici” con molte meno vittime civili? Che per noi ogni vita umana non vale uno, ma dieci se è occidentale e un decimo se non lo è. E cosa penserà di noi un russo dopo aver subìto ogni sorta di sanzioni, scomuniche, ostracismi, lezioni di bon ton e diritto internazionale da chi ha fatto lo stesso o peggio contro il suo Paese e i suoi alleati e per giunta è rimasto impunito? Anche se detesta Putin, penserà che Putin abbia ragione. Quando lo capiremo, sarà sempre troppo tardi.
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Inserito il - 22/05/2025 : 05:40:31
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SOLIDARIETÀ A BIBI
Editoriale di Marco Travaglio.
22 maggio 2025
Non so voi, ma ora arrivo a capire Netanyahu. Il noto terrorista e serial killer israeliano ha sterminato per 19 mesi 50 mila civili palestinesi bombardando ’ndo cojo cojo la striscia di Gaza con la scusa di sconfiggere Hamas (ben nascosto nei tunnel e all’estero e ben rifornito di nuove leve dai massacri dell’Idf) e liberare gli ostaggi (contribuendo ad ammazzarli), in realtà per salvarsi le chiappe, senza che nessuno dicesse o facesse niente. Chiunque nel globo terracqueo osi fare un millesimo di ciò che fa lui è subissato di condanne, sanzioni, embarghi, boicottaggi, risoluzioni. Lui no. Al massimo qualche fervorino per gli “errori” o “eccessi di legittima difesa”: ahi ahi, bricconcello, non esagerare. Nessun Paese ha sospeso i rapporti diplomatici e commerciali, né tantomeno le forniture di armi. Neppure quando suoi ministri invocavano l’atomica su Gaza o altri simpatici mezzi per eliminarne i 2,5 milioni di abitanti. Né quando l’Idf bombardava le basi Unifil in Libano che osavano intralciare l’ennesima invasione (come ieri con i 25 ambasciatori). Anzi, l’Occidente puniva severamente chi parlava male di lui: accuse di antisemitismo, retate di Pro-Pal in strade e università, prof anche ebrei fermati alla frontiera tedesca perché minacciavano di denunciare i suoi crimini in convegni accademici, un bimbo di 10 anni braccato, arrestato in piazza a Berlino e assicurato alla giustizia da agenti antisommossa perché sventolava una bandierina della Palestina.
Poi il suo ex amico Trump è volato nella penisola arabica per affari (anche suoi) e ha avuto conferma che i satrapi locali se ne fregano dei palestinesi, ma devono salvare la faccia con l’opinione pubblica araba. Così ha scaricato Bibi e spinto sull’acceleratore dei negoziati con i suoi più acerrimi nemici: Iran, Hamas, Houthi, Siria. A quel punto la cosiddetta Europa, che salvo rare eccezioni non aveva mai detto né fatto nulla, si è sentita scavalcata persino da lui. E, tutto a un botto, ha realizzato che Israele in un anno e mezzo ha maciullato 50 mila persone, soprattutto bambini, mentre le altre rischiano di morire di fame. La scoperta dell’acqua calda, o dell’acqua Kallas, viste le vibranti parole dell’intrepida “alta rappresentante Ue” fra una sanzione e l’altra alla Russia: “Dall’odierna discussione emerge una forte maggioranza a favore della revisione dell’art. 2 del nostro accordo di associazione con Israele. Pertanto avvieremo l’iniziativa, intanto spetta a Israele sbloccare gli aiuti umanitari”. Insomma, gliele ha cantate chiare. Figurarsi lo stupore di Netanyahu, che non si dà pace: “Che avrò fatto di strano e di nuovo?”. Non sa che, tra i famosi “valori dell’Europa”, c’è anche il numero chiuso sui morti ammazzati: 50 mila, non uno di più.
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NESSUN DORMA TRANNE UNO
Editoriale di Marco Travaglio
23 maggio 2025
In due giorni il presidente Mattarella ha dato un’ottima prova di esercizio dei suoi poteri, ma anche una pessima prova di invasione di campo in quelli del Parlamento. La prima è la rimozione della furbata con cui Salvini, nel dl Infrastrutture, attenuava i controlli antimafia al Ponte sullo Stretto: decisione impeccabile, visto che spetta al capo dello Stato emanare i decreti legge e vigilare sui requisiti di necessità e urgenza. La seconda è il suo incredibile discorso alla Commissione europea, salutato dai soliti gridolini di giubilo per la scossa, anzi la sveglia, anzi la strigliata, anzi la sferzata e via turiferando, specie da quando Mattarella ha iniziato a citare romanze e arie dell’opera lirica col Nessun dorma (seguiranno Che gelida manina e Non più andrai farfallone amoroso). Lì ha sposato in toto il piano di riarmo da 800 miliardi per gli Stati nazionali imposto dalla baronessa tedesca Von der Leyen in barba al Parlamento Ue: “La politica di sicurezza e difesa comune non può non essere adeguatamente sviluppata”. E ancora più esplicito è stato nel pranzo con Tajani e la Metsola, presidente del Parlamento Ue appena esautorato da Ursula: “Figuratevi se, con la mia formazione, io che non ho mai preso un fucile in mano posso essere contento se si spendono più soldi in armi. Ma questa cosa del riarmo (sic, ndr) è diventata fondamentale per la sicurezza e la stabilità dell’Europa e del mondo intero”. Addirittura.
Intanto si sottovaluta: nel 1999, con la sua formazione, era vicepremier del governo D’Alema che si unì ai bombardamenti illegali della Nato su Belgrado e la Serbia, all’insaputa dell’Onu, scatenando il primo conflitto del dopoguerra fra Paesi europei. E poi “questa cosa del riarmo” è la tomba della difesa comune: produrrà uno sviluppo militare asimmetrico fra Paesi (come la Germania) che possono permettersi di indebitarsi per le armi e altri che non possono. E non renderà l’Ue più sicura, ma molto più insicura: la infilerà nel mirino della Russia, che finora non l’aveva mai ritenuta una minaccia, ma vedendo laGermania, la Polonia e gli Stati baltici riarmarsi fino ai denti potrebbe cambiare idea. E soprattutto, se siamo ancora una Repubblica parlamentare, spetta alle Camere e non al capo dello Stato dire sì o no al mega-piano di riarmo. E al momento i partiti contrari (Lega, 5Stelle, Avs, mezzo FdI e mezzo Pd) potrebbero persino essere maggioritari. In attesa di quel voto, il Quirinale dovrebbe tacere e lasciare che gli eletti del popolo si esprimano liberamente, senza interferenze né moniti. A meno che, dopo aver esautorato il Parlamento europeo, non si voglia mettere sotto i piedi anche quello italiano. Altro che Nessun dorma: finché il Parlamento non si sarà espresso, il presidente deve restarsene a nanna.
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Inserito il - 24/05/2025 : 05:35:10
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6 SETTIMANE E 1/2
Editoriale di Marco Travaglio
24 maggio 2025
Di questi tempi si ride così poco che, appena qualcuno chiede le dimissioni di un ministro, tutti temono che venga esaudito. Pensate se dovessimo perdere un Lollobrigida o un Nordio o – peggio – entrambi in una botta sola. Lollo è quello convinto che l’acqua faccia più morti del vino e ha aggiunto alla lista dei miracoli di Gesù la moltiplicazione delle bottiglie di prosecco e tavernello. Poi, a proposito di vino, c’è Nordio che, geloso marcio dello score lollesco, s’ingegna come può per tenere il passo. E ci riesce benissimo, per una predisposizione naturale che fa sorgere spontanea una domanda: ma come ha potuto fare per 40 anni il magistrato? Le sue imprese, in 30 mesi da presunto ministro della Giustizia, non si contano già più: citiamo solo, alla rinfusa, il divieto di rave party sopra i 50 partecipanti (c’è il numero chiuso); l’obbligo per il giudice di avvisare l’arrestando 5 giorni prima per l’interrogatorio di garanzia, che è come l’interrogazione programmata a scuola, se non fosse che intanto il candidato alle manette se la svigna; l’abuso d’ufficio depenalizzato mentre si creano 62 nuovi reati (inclusi l’omicidio nautico e le lesioni nautiche, come se prima fosse lecito ammazzare o massacrare in luoghi bagnati o umidi); il pugno di ferro sui migranti e i ponti d’oro a chi li tortura come Almasri; e il limite di 45 giorni per le intercettazioni, così ora i criminali sanno per quanto tempo devono tacere e quando possono finalmente ricominciare a parlare (un mese e mezzo, non di più, poi via alle telefonate!).
Carletto Mezzolitro ripete sempre che i 45 giorni non valgono per i reati di mafia (come se omicidi, stupri, sequestri di persona, mazzette, bancarotte, frodi ecc.) fossero acqua fresca. Invece il Fatto ha scoperto che la norma, tanto per cambiare, è stata scritta coi piedi e vale persino per la ricerca dei latitanti (su cui i limiti alle intercettazioni sono da sempre più laschi, perché non vengono depositate in quanto non servono a raccogliere prove, ma solo a localizzare i fuggiaschi). È un peccato per Cosa Nostra&C. che Nordio sia ministro solo dal 2022, sennò nessun boss sarebbe mai stato preso: Riina lo fu dopo 24 anni, Provenzano dopo 43, Messina Denaro dopo 30. Figurarsi la pacchia se gl’inquirenti avessero staccato tutto dopo un mese e mezzo: 6 settimane e 1/2, remake comico del film erotico. Il fatto che la porcata salti fuori nel 33° anniversario di Capaci aiuta a spiegare perché ieri il minuto di silenzio a Palermo è scattato con 10 minuti d’anticipo, prima che arrivasse il corteo dei manifestanti. Che hanno comunque contestato il governo. Un cartello diceva: “Nordio non sei degno di Falcone”. Parole ingiuste: proprio a lui che dell’amico Giovanni è l’unico erede. Dopo B., si capisce.
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Inserito il - 25/05/2025 : 05:39:53
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CHI MINACCIA CHI
Editoriale di Marco Travaglio
25 maggio 2025
Alla manifestazione anti-riarmo del 5 aprile Alessandro Barbero ha notato le analogie fra la retorica bellicista che precedette la Prima guerra mondiale e quella di oggi. Dopo anni di pace tra potenze europee, i governanti, gli intellettuali, persino i romanzieri presero a evocare la “prossima guerra” contro presunti nemici pronti ad attaccarli. Ogni potenza, nei 5 anni precedenti il casus belli di Sarajevo, avviò la corsa agli armamenti (+50%) e alle alleanze per sentirsi più sicura. Il classico “paradosso della sicurezza”: più un Paese si armava e si alleava, più i suoi vicini si sentivano minacciati e reagivano con riarmi e alleanze. Si credevano più sicuri, ma lo erano sempre meno, risucchiati da un’escalation che poi li costrinse a entrare in un conflitto suicida. Gli scemi di guerra hanno subito attaccato Barbero, perché la sua è la miglior chiave di lettura degli attuali euro-deliri. Pur di negare la responsabilità e la sconfitta della Nato nella guerra russo-ucraina, si continua a mentire. L’ultima balla è che la Russia non può vivere senza guerre, quindi dobbiamo riarmarci prima che Putin ci invada. Il fatto che in 26 anni Putin non abbia preso un centimetro quadrato di Ue e/o Nato, mentre la Nato violava 16 volte gli impegni del 1990 sul non allargamento a Est e sulla neutralità dei vicini della Russia, è solo un dettaglio: la propaganda riscrive i fatti a suo uso e consumo. Ma oggi, diversamente da 120 anni fa, i bellicisti hanno i popoli contro. Infatti inventano prove dell’imminente invasione russa in Finlandia, Stati Baltici e Polonia. Ora la pistola fumante è una foto dei satelliti Usa che immortala 130 tende nella Russia del Nord a 60 km dal confine finlandese che “possono contenere fino a duemila soldati”. È una mini-esercitazione con quattro gatti in territorio russo, come se ne fanno anche nei Paesi più sfigati. Tantopiù che la Finlandia ha appena rinunciato alla neutralità per entrare nella Nato. Ma Rep ha scoperto che due anni fa un generale russo disse, non si sa in che contesto, che “dopo l’Ucraina dovremo parlare dell’Europa orientale”. Quindi l’invasione è sicura. Intanto, dall’altra parte del confine, Polonia, Finlandia e Baltici minano le frontiere con Russia e Bielorussia, ritirandosi dalla Convenzione di Ottawa che vieta le mine antiuomo. Tra maggio e giugno la Nato mostra i muscoli a Mosca con ben quattro mega-esercitazioni sul fronte Est con 46 mila uomini da una ventina di Paesi. Il cancelliere Merz, per la prima volta dal 1945, schiera in Lituania una brigata corazzata tedesca di 600 uomini, che presto saranno duemila. E minaccia di creare “l’esercito più grande d’Europa”, come ai bei tempi, perché “Mosca minaccia tutti noi e dobbiamo difenderci”. Novità da Sarajevo?
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Inserito il - 26/05/2025 : 06:21:14
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MA MI FACCIA IL PIACERE
Editoriale di Marco Travaglio
26 maggio 2025
Faccia da ponte. “Meloni sente il Papa” (Corriere della sera, Repubblica, Giornale, Nazione, 21.5). “Meloni chiama il Papa” (Messaggero, 21.5). “Meloni ottiene il sì del Papa” (Libero, 21.5). Già ponte fra Trump e l’Europa, ora lo è fra il Papa e il Padreterno.
Modestamente lo nacque. “Vincenzo De Luca attacca di nuovo il Pd: ‘Per fare carriera in quel partito bisogna essere imbecilli’” (Corriere, 23.5). Lui, per dire, ci fa carriera da prima che nascesse.
Agenzia Stica**i. “Maria Elena Boschi: ‘Gli errori di Meloni, stare al governo non mi manca e ora sono una brava cuoca’” (Corriere, 22.5). Prima o poi ciascuno trova la sua strada.
Bibi Molinyahu. “Netanyahu sta tentando di ottenere la fine della guerra attraverso la liberazione degli ostaggi” (Maurizio Molinari di Repubblica, L’aria che tira, La7, 20.5). Ah, ecco che sta facendo, mi pareva.
Bibi Merlanyahu. “Lo scopo di Netanyahu non sembra più solo quello di liberare Gaza da Hamas” (Francesco Merlo, Repubblica, 24.5). Ma non mi dire: non più?
Gli gnorri. “Contro la congiura del silenzio sul genocidio del popolo palestinese” (appello su Repubblica, 25.5). Il silenzio di Molinari o quello di Merlo?
Ha stato Putin. “Black out a Cannes: Atto di sabotaggio al Festival del Cinema. La pista anarchica e quella russa: ‘Puntano al caos’” (Repubblica, 25.5). Anarchici e russi insieme, o separatamente?
La pace giusta. “Pace impossibile se Putin non lascia le terre rubate. Usa e Ue continuino a sostenere l’Ucraina e spingere lo zar a ritirarsi e a pagare i danni di guerra” (Timothy Garton Ash, Repubblica, 25.5). Ma solo se la Francia ci ridà indietro Nizza e Savoia.
Hitler comunista. “La Russia di Putin è l’erede viziosa dell’Unione Sovietica” (Beppe Severgnini, Corriere della sera, 25.5). Ma Putin non era il nuovo Hitler?
Un pesce di nome Zanda. “Schlein non può candidarsi come premier” (Luigi Zanda, Pd, 13.3). “È Conte che vuole sbarrare la strada per Palazzo Chigi a Schlein” (Zanda, Stampa, 24.5). Quindi Zanda si crede Conte.
Un Leone vale l’altro. “Ho scelto questo nome perché Leone XIII affrontò la questione sociale” (Leone XIV, 10.5). “Leone XIV si ispira a Leone IV che fermò Attila senza combattere. La pace si difende con l’azione. La modalità è quella del si vis pacem para bellum” (Francesco Gaetano Caltagirone, Messaggero, 23.5). Ma soprattutto para culum.
Sempre più Chiara. “Nonostante non mi siano chiare le ragioni intime, e tantomeno quelle superficiali, del perché leggere L’ultimo dei chiurli (Adelphi) mi abbia commosso, tenterò un ragionamento” (Chiara Valerio, Robinson-Repubblica, 25.5). Ecco, brava. Poi facci sapere.
Sempre più fuori. “Neanche Machiavelli si sbagliò ai tempi della lotta fra Guelfi e Ghibellini” (Bernard-Henry Lévy, Stampa, 25.5). Guelfi e Ghibellini si fronteggiarono fra il XII e il XIV secolo, mentre Machiavelli scrisse e operò nel XVI, ma fa niente.
Senti chi parla. “Giuseppe De Donno, ex numero 2 del Ros: ‘Non cerco vendette, ma sulle stragi del ’92 serve ancora verità. Tanti hanno paura di un’indagine che rischia di riscrivere la storia dell’antimafia’” (Libero, 24.5). Si potrebbe persino scoprire perché il Ros lasciò perquisire il covo di Riina dalla mafia.
Antisemiti. “Dalle gaffe bibliche all’odio per Israele. Conte minimizza il 7 ottobre: ‘Si è consumato in poche ore ormai un po’ di anni fa, mentre ogni giorno continua quello che oggi chiamo genocidio’” (Libero, 21.5). “Il fatto che questa crisi sia iniziata a causa di ciò che ha fatto Hamas il 7 ottobre oggi è irrilevante davanti alla sofferenza di bambini e innocenti” (David Grossman, Repubblica, 22.5). Clamoroso al Cibali: anche gli israeliani odiano Israele.
Il titolo della settimana/1. “L’Italia e Meloni così isolate che Usa e Ue si vedono a Roma” (Verità, 19.5). Erano tutti lì per l’intronizzazione della Papessa Giorgia.
Il titolo della settimana/2. “Questo Papa non è pop. Non ama i selfie. Ha ben poco della soverchiante presenza mediatica di Francesco, che piaceva tanto al mondo. E forse è un bene” (Matteo Matzuzzi, Foglio, 24.5). Infatti ha appena incontrato Sinner.
Il titolo della settimana/3. “Salvini lancia la Grande opera: ‘Cantieri del Ponte già in estate’” (Giornale, 20.5). Stavolta però dicci anche l’anno.
Il titolo della settimana/4. “Nordio sferza le toghe: ‘Più sobrietà’. Sarà vietato tenere comportamenti, ancorché legittimi, che compromettano credibilità personale e prestigio dell’istituzione’” (Unità, 21.5). Tipo quelli che teneva e tiene lui. Il titolo della settimana/5. “Balla il sismografo dei partiti. Il centro guarda al proporzionale. Pino Pisicchio presenta il suo ‘Ossessione al Centro’: sei milioni di elettori lo voterebbero, ma sono bloccati” (Aldo Torchiaro, Riformista, 21.5). Dev’essere la sindrome di Stendhal.
Il titolo della settimana/6. “Francesco Lollobrigida: ‘Faremo ancora più male alle agromafie’” (Verità, 21.5). L’idea è quella di farle morire dal ridere.
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Inserito il - 27/05/2025 : 06:19:33
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MANUALE PER TRATTARE
Editoriale di Marco Travaglio.
27 maggio 2025
In mancanza dell’Europa, che inventò la diplomazia moderna e ora la schifa, è rimasta solo la Chiesa a spiegare come si fa un negoziato. Magari non lo ospiterà, essendo il Vaticano sprovvisto di un aeroporto per far atterrare Putin senza manette (mica è Netanyahu). Ma è l’unica a possedere il manuale d’istruzioni sulla postura necessaria per trattare. Il Papa invoca “coraggio e perseveranza nel dialogo e nella ricerca sincera della pace”: dopo 11 anni di guerra in Ucraina, servono tempo e determinazione senza arrendersi al primo ostacolo. Il cardinale Zuppi va oltre: “Servono atteggiamenti interiori nuovi verso gli altri. Ognuno deve raccogliersi in se stesso e distruggere in se stesso quello che desidera distruggere negli altri”. Se tutti i protagonisti lo facessero, la guerra sarebbe un lontano ricordo. Ma non lo fa nessuno. Putin non vuole (ancora) fermare le sue truppe in lenta ma costante avanzata fino al collasso totale di quelle ucraine, ma sfrutta ogni pretesto per dimostrare che è Kiev a non voler trattare. Zelensky, drogato e fomentato dai velleitari volenterosi, fa la stessa cosa gabellando per intransigenza russa la tragica normalità bellica: chi vince non concede tregue gratis al nemico, aiutandolo a riarmarsi e riorganizzarsi, a meno che non gli vengano forniti seri motivi e garanzie per farlo; e, finché non si decide di cessare il fuoco, gli attacchi russi, come quelli ucraini, non sono prove della contrarietà a trattare (semmai della volontà di farlo da posizioni di forza, comune a entrambe le parti). L’Ue, nei suoi variopinti formati, esulta a ogni chiusura di Mosca, ignorando quelle di Kiev, perché non vede l’ora di chiudere la parentesi negoziale che la costringerebbe prima o poi ad ammettere di avere sbagliato e perso tutto: la guerra e la pace. Eppure i suoi governanti sono pressoché gli stessi del 2022 e conoscono benissimo le cause dell’invasione: l’allargamento Nato, l’ansia di stravincere la guerra fredda accerchiando, provocando e sconfiggendo la Russia, il suprematismo dei neocon americani e dei loro camerieri europei, l’uso dell’Ucraina come testa d’ariete anti-Mosca e il tradimento dei patti di Minsk sull’autonomia per i russofoni del Donbass. “Perseveranza” e “nuovo atteggiamento interiore verso l’altro” è l’opposto della postura tutta riarmo, sanzioni e tribunali di Norimberga. È guardare il mondo anche con gli occhi dei russi per immaginarne uno nuovo di cooperazione senza doppie morali né latrati reciproci. Zuppi ricorda “quanto ha contribuito alla lunga pace in Europa l’accordo sul carbone e l’acciaio che sminò le tensioni fra Germania e Francia”. Affari e commerci intrecciati come antidoti alle guerre. Su questo fronte, ed è tutto dire, persino Trump è più avanti dell’Europa.
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UMORISMO PENALE
Editoriale di Marco Travaglio
29 Maggio 2025
Non fai in tempo a fare una battuta o a raccontare una barzelletta che quella diventa subito legge. Per anni, visti gli alti lai dei politici appena uno di loro finiva al fresco, li abbiamo sfidati scherzosamente: “Avvisatelo prima, così scappa”. Detto, fatto: grazie alla più spiritosa delle schiforme Nordio, il giudice che vuole arrestare un tizio deve avvertirlo cinque giorni prima perché si presenti all’interrogatorio di garanzia: così, a parte gli idioti e i monchi, se la danno tutti a gambe. Del resto il preavviso è già previsto per un altro tipico atto investigativo a sorpresa: le intercettazioni. Per disporle su un parlamentare, bisogna chiedere il permesso al Parlamento, cioè informare l’interessato: così, ove mai arrivi il via libera, è inutile intercettarlo perché lo sa già. Un tempo i favoreggiamenti con fughe di notizie erano reati gravi: ora li fa direttamente lo Stato, per legge.
Siccome al ridicolo non c’è limite, l’altroieri la Camera discuteva il dl Sicurezza e approvava un ordine del giorno del forzista Costa, che è l’ossimoro ideale rispetto alla sicurezza: i giudici non potranno più disporre la custodia cautelare per il pericolo di reiterazione del reato se chi l’ha commesso è incensurato. L’idea di questi squilibrati è che, se uno è incensurato, sia un sant’uomo che non ha mai violato la legge né mai la violerebbe una sola volta, figurarsi due: il sospetto che il mondo sia pieno di incensurati che hanno commesso decine di reati ma l’hanno sempre fatta franca non li sfiora neppure. Confondono l’incensuratezza con l’innocenza e fingono di non sapere che anche Riina, Provenzano, Messina Denaro e i peggiori criminali della storia, la prima volta che furono beccati, erano incensurati, il che non aveva impedito loro di delinquere fin dalla più tenera età. Ovviamente la norma è studiata su misura per i colletti bianchi. Ma vale per tutti i delitti, anche quelli che non sono tipici dei delinquenti abituali, perlopiù pluripregiudicati, ma degli insospettabili che iniziano a delinquere (o vengono scoperti) solo a un certo punto della vita e fin lì hanno la fedina penale immacolata: non solo tangentari, bancarottieri, frodatori, ma anche serial killer, assassini d’impeto, stupratori, stalker, coniugi o fidanzati violenti. Appena li becca, il giudice dovrà controllare i loro precedenti e, se non ne hanno ancora, lasciarli a piede libero (cioè a casa, magari con le loro vittime passate e future). Così potranno seguitare a delinquere indisturbati e pure inquinare le prove per mandare in fumo il processo, farsi assolvere e restare incensurati a vita. I nostri schiformatori devono essersi ispirati alla filastrocca su Monsieur de La Palisse, che cadde nel 1525 nella battaglia di Pavia, ma “un quarto d’ora prima di morire era ancora vivo”.
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UMORISMO PENALE
Editoriale di Marco Travaglio
29 Maggio 2025
Non fai in tempo a fare una battuta o a raccontare una barzelletta che quella diventa subito legge. Per anni, visti gli alti lai dei politici appena uno di loro finiva al fresco, li abbiamo sfidati scherzosamente: “Avvisatelo prima, così scappa”. Detto, fatto: grazie alla più spiritosa delle schiforme Nordio, il giudice che vuole arrestare un tizio deve avvertirlo cinque giorni prima perché si presenti all’interrogatorio di garanzia: così, a parte gli idioti e i monchi, se la danno tutti a gambe. Del resto il preavviso è già previsto per un altro tipico atto investigativo a sorpresa: le intercettazioni. Per disporle su un parlamentare, bisogna chiedere il permesso al Parlamento, cioè informare l’interessato: così, ove mai arrivi il via libera, è inutile intercettarlo perché lo sa già. Un tempo i favoreggiamenti con fughe di notizie erano reati gravi: ora li fa direttamente lo Stato, per legge.
Siccome al ridicolo non c’è limite, l’altroieri la Camera discuteva il dl Sicurezza e approvava un ordine del giorno del forzista Costa, che è l’ossimoro ideale rispetto alla sicurezza: i giudici non potranno più disporre la custodia cautelare per il pericolo di reiterazione del reato se chi l’ha commesso è incensurato. L’idea di questi squilibrati è che, se uno è incensurato, sia un sant’uomo che non ha mai violato la legge né mai la violerebbe una sola volta, figurarsi due: il sospetto che il mondo sia pieno di incensurati che hanno commesso decine di reati ma l’hanno sempre fatta franca non li sfiora neppure. Confondono l’incensuratezza con l’innocenza e fingono di non sapere che anche Riina, Provenzano, Messina Denaro e i peggiori criminali della storia, la prima volta che furono beccati, erano incensurati, il che non aveva impedito loro di delinquere fin dalla più tenera età. Ovviamente la norma è studiata su misura per i colletti bianchi. Ma vale per tutti i delitti, anche quelli che non sono tipici dei delinquenti abituali, perlopiù pluripregiudicati, ma degli insospettabili che iniziano a delinquere (o vengono scoperti) solo a un certo punto della vita e fin lì hanno la fedina penale immacolata: non solo tangentari, bancarottieri, frodatori, ma anche serial killer, assassini d’impeto, stupratori, stalker, coniugi o fidanzati violenti. Appena li becca, il giudice dovrà controllare i loro precedenti e, se non ne hanno ancora, lasciarli a piede libero (cioè a casa, magari con le loro vittime passate e future). Così potranno seguitare a delinquere indisturbati e pure inquinare le prove per mandare in fumo il processo, farsi assolvere e restare incensurati a vita. I nostri schiformatori devono essersi ispirati alla filastrocca su Monsieur de La Palisse, che cadde nel 1525 nella battaglia di Pavia, ma “un quarto d’ora prima di morire era ancora vivo”.
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UN SUICIDIO ASSISTITO
Editoriale di Marco Travaglio
30 maggio 2025
Quanti fiumi di parole inutili, anzi dannose, sulla pace in Ucraina pur di non arrivare mai al nocciolo della questione: e cioè che Nato, Ue e Kiev hanno perso la guerra, la Russia l’ha vinta, il tempo gioca a favore di Mosca e spetta agli sconfitti convincere i vincitori a smetterla con un’offerta che non possano rifiutare. Sennò i vincitori continueranno ad avanzare e gli sconfitti a perdere territori e vite umane. Il 18.12.2024 Zelensky, che cambia idea a seconda dell’ultimo con cui parla, ammise di non poter recuperare le cinque regioni occupate e annesse dai russi: da allora non riesce più a spiegare ai suoi soldati per cosa combattono e muoiono. Ora invece garantisce che non rinuncerà neppure alla Crimea, che il negoziato gliele ridarà come per miracolo e che “avremo una pace giusta solo dopo Putin”. Devono di nuovo avergli fatto credere che: 1) Putin ha i giorni contati, come tre anni fa, quando Zelensky giurò che era morto e quello che vedevamo era un sosia; 2) chi lo sostituirà sarà un sincero democratico, pacifista e amico di Kiev, che si ritirerà dai territori occupati con tante scuse e li restituirà dopo averli ricostruiti a proprie spese; 3) Zelensky potrà finalmente indire le elezioni rinviate un anno fa, rivincerle in carrozza, entrare nella Nato e nell’Ue, riarmarsi fino ai denti con tutta l’Europa e piazzare missili nucleari sotto le finestre del Cremlino fra gli applausi del nuovo inquilino. Come se nulla fosse accaduto.
A furia di drogarlo con promesse false e aspettative utopistiche, l’Ue dei finti amici sta spingendo l’Ucraina nella fossa: un lungo suicidio assistito, come lo definì tre anni fa Fabio Mini sul Fatto. L’unico vero amico di Kiev è quello che passa per suo nemico al soldo di Putin: Trump, che con i suoi modi buzzurri fu il primo alleato a dirgli la verità. Cioè che la guerra è persa, Kiev senza le armi Usa non regge due settimane e al negoziato non ha carte da giocare. Ora Zelensky accusa Putin di non voler negoziare perché non gli anticipa il suo “memorandum” prima del nuovo round del 2 giugno a Istanbul. Come se non conoscesse a memoria la posizione russa, sempre la stessa da oltre dieci anni: neutralità e smilitarizzazione di Kiev, stop all’allargamento della Nato a Est, “denazificazione” (che, al netto della propaganda, significa basta persecuzioni russofobe contro i russofoni), rinuncia ai territori occupati (che non sono tutti quelli annessi), fine delle sanzioni, assetti futuri di sicurezza per tutti. Su questo, cioè sulla sicurezza, l’Ucraina avrà ragione di pretendere garanzie serie contro futuri attacchi. Su tutto il resto c’è poco da trattare: solo da prendere atto della triste realtà. Non si può perdere ciò che si è già irrimediabilmente perduto: si può solo perdere ciò che si ha ancora.
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L’ULTIMO GIAPPONESE
Editoriale di Marco Travaglio
31 maggio 2025
L’altra sera mi mozzicavo i pugni per non poter fermare le rotative mentre Federico Fubini, a Otto e mezzo, sconvolgeva il mondo con uno dei suoi scoop: “I russi non hanno più i mezzi corazzati, fanno gli assalti coi motorini sotto i droni, mandano i muli nelle retrovie” e “sono ridotti a tal punto che in Jacuzia c’è il programma ‘Cambia Vita’ rivolto agli homeless, che sono tutti alcolizzati, per entrare nell’esercito… Non è vero che l’Ucraina sta perdendo”. Ora, Fubini è non solo il vicedirettore del Corriere (che peraltro gli rema contro raccontando che “Kiev è a corto di Patriot e i missili russi bucano le sue difese”, “i russi sono cinque contro uno”, “50 mila russi per sfondare a Sumy: rischio offensiva estiva su tre direttrici”). Ma è anche la punta di lancia della famosa Task Force europea anti-fake news: quindi ogni sua parola è vangelo.
Già sapevamo, grazie al Corriere e alle altre gazzette atlantiste, che da 39 mesi Putin e l’economia russa hanno le ore contate e le truppe di Mosca combattono “senza calzini”, “senza divise”, “senza munizioni”, “senza razzi”, “senza missili”, “con le pale del 1869” e “usano le dita come baionette”, mentre i chip dei carri armati li rubano da “lavatrici, refrigeratori e tiralatte elettrici”. Il che già faceva ben sperare, anche se non si capiva cosa aspettassero ad arrendersi. Ma ora che han finito anche i tank, sostituiti con motorini e muli, e soprattutto i soldati, quasi tutti morti (gli ucraini invece sono invulnerabili e dunque ansiosi di arruolarsi) e rimpiazzati con homeless ubriachi fradici, la speranza diventa certezza: abbiamo vinto. Resta solo da spiegare perché: 1) gli euro-vip vanno e vengono da Kiev progettando di inviarle altre armi senza averle e financo truppe, temendo un tracollo definitivo non per i russi, ma per gli ucraini (pretattica?); 2) l’Ucraina non s’è ancora ripresa le cinque regioni annesse dai russi e ha pure perduto le aree che aveva invaso a Kursk (una finta per disorientare il nemico?); 3) centinaia di migliaia di ucraini scappano dalla leva e dal fronte, mentre Mosca seguita a inviare truppe fresche (tutti clochard jacuzi avvinazzati a dorso di mulo o sul Ciao Piaggio?); 4) a reclamare garanzie contro future invasioni sono Zelensky e i Volenterosi, non Putin. Ma soprattutto: che bisogno c’è di buttare 800 miliardi per riarmarci fino ai denti indebitandoci fino al collo? Se la Russia è già ridotta ai motorini e ai muli con qualche superciuck contro un solo esercito, figurarsi come potrebbe affrontare i 32 della Nato invadendo l’Europa. Quindi sia chiaro: noi stiamo con Fubini, ultimo giapponese nella jungla. Spicciamoci a dichiarare vittoria e a metterla nero su bianco, prima che qualcuno ci ripensi. Così risparmiamo un sacco di soldi pubblici, ché lui fra l’altro ci tiene tanto.
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EHI, C'E' NESSUNO
Editoriale di Marco Travaglio
01 giugno 2025
La doverosa manifestazione delle opposizioni per Gaza ha un grosso pregio: l’assenza di Calenda e Renzi, freschi di reunion; e un grosso difetto: arrivare con 20 mesi di ritardo. Ma, all’atto pratico, cambierà poco: il destino dei palestinesi, diversamente dal passato, non dipende né dall’Italia né dalla cosiddetta Europa. Che su Gaza, come sull’Ucraina e su tutto ciò che conta, non esiste. Macron “minaccia” di riconoscere lo Stato palestinese: lodevole proposito, ma puramente simbolico e anche tardivo rispetto a molti altri Stati. Francia o non Francia, lo Stato palestinese resterà lettera morta. Perché esista servirebbe un’iniziativa europea, come quella che nel 1992-’93 riunì segretamente per mesi a Oslo le delegazioni di Israele e dell’Olp con la mediazione americana (Bush padre e Clinton) e russa (Eltsin), culminata nelle firme di Rabin e Arafat sull’accordo di pace prima nella capitale norvegese e poi alla Casa Bianca. Lì si avviò un percorso a tappe verso i “due popoli in due Stati”, bruscamente interrotto nel 1995 dall’assassinio di Rabin e nel 1996 dal primo governo Netanyahu. Oggi, trent’anni dopo, non si vede in Europa un solo statista in grado di riannodare il filo strappato. La tregua è affidata al vituperato Trump, che ha tutti i difetti del mondo, ma è l’unico che ci prova e ogni tanto ci riesce: ha ottenuto la prima tregua Israele-Hamas, cerca di propiziare la seconda, ha firmato la pace separata con gli Houthi, ricomposto per ora la guerra India-Pakistan, bloccato le fregole israeliane contro l’Iran con cui cerca l’intesa sul nucleare e vedremo come andrà con la Russia e l’Ucraina.
Intanto le cancellerie europee, con quell’arietta di superiorità che non si sa da dove derivi, assistono comodamente sedute in poltrona trinciando giudizi, stilando pagelle, distribuendo patenti senza contare né fare niente. Si danno arie e nomi altisonanti per nascondere la loro nullità: “volenterosi” (cioè velleitari), “garanti di sicurezza” (senza che nessuno voglia farsi garantire da loro), “Prontezza 2030” (un ossimoro: o sei pronto subito o sei impreparato). Mezzi guardoni, che si godono lo spettacolo dal buco della serratura, e mezzi cornuti, sempre ultimi a sapere le cose. Tutti a ridere e a inorridire del presunto piano trumpiano Gaza Resort (un filmato satirico che percula Donald e Bibi): ma quale sarebbe il piano europeo per uno Stato palestinese e per un compromesso decente fra Mosca e Kiev? Ciance, giaculatorie e nemmeno un delegato che se ne occupi o un tavolo su cui discuterne. Tutti a gufare contro i negoziati di Trump per poter dire: “Ecco, gliel’avevamo detto che non doveva escluderci!”. Ma sempre nella speranza di non essere inclusi: sennò non saprebbero cosa dire.
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MA MI FACCIA IL PIACERE
Editoriale di Marco Travaglio
02 giugno 2025
Silviez/1. “Quando vedo Travaglio fare un libro su Berlusconi postumo, mi sembra totalmente inutile se non utile alle tasche di Travaglio e lo trovo veramente spiacevole” (Fedez alla convention di Forza Italia Giovani, 31.5). In effetti lo scrissi per quanti, appena morto B., si erano già dimenticati chi fosse da vivo. Ma a patto che sapessero leggere: quindi sì, nel caso di specie, totalmente inutile.
Silviez/2. “Non ci interessa se si scopa le troie e dopo le candida / L’importante è che Silvio non si prenda la candida / Silvio, per quest’anno ti vogliamo in forma (Dai) / Sai, io sono un fan di ogni tua singola riforma (Uh) / Ti hanno indagato per traffico di droga (Ah-ah) / Falsa testimonianza, tangenti alla Finanza / E poi mafia, P2, strage, Telecinco in Spagna/ c***o, Silvio, sei proprio una vecchia canaglia / Io sto con Cuffaro, Dell’Utri e Licio Gelli / Mica con Santoro, Biagi, Travaglio, Montanelli / Ricrescita del PIL o ricrescita dei capelli… / Io non dico: ‘Silvio, vai a farti processare’ / Perché so che sei impegnato e quindi non ci puoi andare… / E da grande voglio esser come te / Falso in bilancio, soldi a Craxi, caso Mills e caso Sme / E anche se non ho i soldi manco per prendere il caffè / Menomale che Silvio c’è” (Fedez, Meno male che Silvio c’è, 2013). Meno male che Silvio c’era.
Trova le differenze. “Reddito di cittadinanza, mancano chef e bagnini: ‘Gli stagionali non vogliono perdere i soldi’” (Messaggero, 9.6.2019). “Lavoro, mancano gli stagionali” (Messaggero, 29.5.2025). Solo che stavolta manca pure il Reddito di cittadinanza.
Agenzia Stica**i/1. “Nathalie Tocci: ‘L’arte della diplomazia si allena anche in palestra. E il Kung Fu per me è importante quanto la geopolitica’” (Stampa, 1.6). Lì magari ne azzecca qualcuna.
Agenzia Stica**i/2. “Prima di tutto vorrei dirvi che sono felice di essere qui. Perché amo Gerusalemme” (Bernard-Henry Lévy, Stampa, 1.6). Buono a sapersi, mo’ me lo segno.
Meriti. “L’Italia non si merita che ci viva” (Flavio Briatore, Corriere della sera, 1.6). Quindi c’è speranza pure per l’Italia.
Il profumiere. “Fassino: ‘Milano e Roma? La politica estera del campo largo sia una sola’” (Dubbio, 31.5). Dài, ci vediamo al duty free di Fiumicino e ne parliamo.
La minaccia. “Schlein si gioca tutto: ‘O diventerò premier o faccio la regista al cinema’” (Giornale, 25.5). Perché, cosa le ha fatto di male il cinema?
Franchi tiratori. “L’esercito russo sta perdendo sempre più soldati, non ha più i mezzi corazzati, fa gli assalti coi motorini sotto i droni, manda i muli nelle retrovie… Non è vero che l’Ucraina sta perdendo” (Federico Fubini, vicedirettore Corriere della sera, Otto e mezzo, La7, 29.5). “Mosca avanza, Kiev evacua 11 villaggi” (Corriere della sera, 1.6). E niente, continuano a remargli contro pure in casa sua.
Uno vale l’altro. “Sa come diceva Flaiano: in Italia non faremo mai la rivoluzione perché ci conosciamo tutti” (Massimo Giannini, Venerdì-Repubblica, 30.5). Era Longanesi, ma fa niente.
L’altro Guzzanti. “Putin-Trump, la scellerata alleanza tra il Gatto e la Volpe”. “Donald e Vlad si odiano” (Paolo Guzzanti, Riformista, 25.4 e 30.5). Ma quanti Guzzanti ci sono in giro?
Insensitivo. “Mazzette a cena, sindaco arrestato. L’intermediario? Il sensitivo della tv” (Corriere della sera, 22.5). Talmente sensitivo che non aveva previsto l’arresto.
Nostradamus. “Sono gli stessi che avevano tutti – ma proprio tutti – previsto che Kamala Harris alla fine ce l’avrebbe fatta” (Francesco Merlo, Repubblica, 30.5). Poi c’era lui che prevedeva la vittoria di Biden.
Giusto processo. “Ostellari, sottosegretario leghista alla Giustizia: ‘È assurdo condannare chi prima è stato assolto’” (Libero, 27.5). Un po’ come assolvere chi prima è stato condannato.
Centrotavola. “Istituto Cattaneo: nessun effetto Centro nella vittoria del centrosinistra a Genova” (Fatto, 28.5). “Pombeni (il Mulino): ‘Genova insegna: si vince al centro, ma Schlein non l’ha ancora capito’” (Foglio, 27.5). Ma neppure gli elettori.
Il Rifognista. “Da oggi sul Riformista ogni giorno una pagina dedicata, che avremmo potuto semplicemente titolare ‘Israele ha ragione’” (Claudio Velardi, Riformista, 20.5). “’Al referendum vota Hamas’. Pd, M5S e Avs il 7 giugno recitano il copione pro Pal” (ibidem, 29.5). E questi sono i moderati. Poi ci sono gli estremisti.
Intronati. “A margine dell’intronazione di Leone XIV, si è assistito a una curiosa scenetta” (Foglio, 20.5). La scenetta di un giornale che confonde l’intronizzato con l’intronato.
Il titolo della settimana/1. “La ministra Valditara annuncia controlli” (Corriere.it, 31.5). Se il cognome finisce per a, o è una donna o è una trans.
Il titolo della settimana/2. “Musk lascia tra le accuse: ‘Si drogava’” (Repubblica, apertura di prima pagina, 31.5). Ma non mi dire: chi l’avrebbe mai detto.
Il titolo della settimana/3. “Ogni giorno mille attacchi hacker contro il Campidoglio. Ombre russe” (Foglio, 31.5). E niente, Putin s’è fissato con Gualtieri.
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Inserito il - 03/06/2025 : 04:30:05
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LA BRAVATA DANNUNZIANA
Editoriale di Marco Travaglio
03 giugno 2025
Ha torto marcio il Cremlino quando definisce “terrorismo” lo spettacolare attacco di droni ucraini alle sue basi aeree, che ha beffato l’intelligence e distrutto (forse) 41 caccia. È un atto di guerra del Paese invaso contro obiettivi militari del Paese invasore. Atti di terrorismo ucraini furono l’attentato ai gasdotti NorthStream e gli assassini di Darya Dugina e altri politici, attivisti e giornalisti ritenuti “filorussi”, incluso il nostro Andrea Rocchelli nel 2014. Questo invece fa parte della guerra, anche se non ha alcuna influenza sul suo andamento, che continua a vedere i russi avanzare e gli ucraini arretrare. Anzi, l’unica conseguenza sarà un’altra strage di ucraini con la scontata rappresaglia russa, che Putin ha già preannunciato senza escludere alcuna opzione. Se vengono colpite le sue capacità strategiche nucleari, la dottrina militare russa (e non solo quella) prevede anche l’arma atomica tattica. Quella che i falchi del Cremlino, ma non Putin, già invocarono contro l’unica controffensiva ucraina riuscita in 39 mesi: quella dell’autunno 2022 a Kherson. Ma è possibile che Putin si “accontenti” di lanciare qualche nuovo missile ipersonico Oreshnik che viaggia fino a 24.500 km/h con gittata di 6 mila, già sperimentato con effetti devastanti su Dnipro non appena gli Usa fornirono a Kiev gli Atacms (che infatti non lo videro neppure arrivare). È la logica dell’escalation: colpo su colpo, l’ultimo sempre più micidiale del penultimo.
A chi conviene un simile atto di guerra ininfluente sulla guerra proprio alla vigilia del secondo round di negoziati a Istanbul? Zelensky sostiene che rafforzerà la sua posizione al tavolo, ma è vero l’opposto: non solo per la prevedibile reazione russa, ma anche perché per Mosca sarà ancor più cruciale mettere nero su bianco, prima di firmare alcunché, una massiccia smilitarizzazione di Kiev. La bravata dannunziana è dunque studiata a tavolino per allontanare l’intesa e trascinare la Nato in una nuova fase ancor più feroce della guerra. Kiev ha millantato un’intesa preventiva con Trump, che l’ha subito rabbiosamente smentita. Chi ha dunque fornito l’assistenza satellitare e d’intelligence ai raid in Russia? Resta solo Londra. E, siccome la prima gallina che canta è quella che ha fatto l’uovo, ieri Starmer ha esaltato l’attacco come prova che “Kiev non è affatto sconfitta” (arretra su tutto il fronte da oltre due anni, ma fa niente). Poi c’è la seconda: il segretario generale Nato Mark Rutte, che ha ribadito l’“irreversibile percorso per l’ingresso dell’Ucraina nella Nato”, fingendo di non sapere che Usa e altri Stati membri sono contrarissimi e che il solo evocarlo fa saltare il negoziato. Con “amici” come questi, al popolo ucraino non resta che sperare nei nemici.
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